Pepe Mujica, l’ex presidente dell’Uruguay, in Italia

Di
Lucia Ingrosso
7 Novembre 2016

 

Bagno di folla e tanto entusiasmo per José “Pepe” Mujica, ex presidente dell’Uruguay, ieri a Milano per presentare il libro Una pecora nera al potere. Ecco la sua storia e i suoi insegnamenti.

Il presidente più povero del mondo

A 81 anni, Mujica è un personaggio carismatico, che gira il mondo per raccontare la sua storia romanzesca e condividere i suoi ideali. Empatico, sorridente, chiaro e determinato.

È noto per aver deciso di donare ad associazioni benefiche e famiglie in difficoltà il 90% del suo appannaggio da presidente «Perché la maggior parte dei miei concittadini vive con meno di così». Nei cinque anni del suo mandato, ha continuato a vivere nella sua fattoria, rifiutandosi di trasferirsi nel palazzo presidenziale. E non ha mai voluto cambiare la sua auto, un Maggiolino Volkswagen del 1987. Per questi motivi è stato soprannominato “il presidente più povero del mondo”.

«Sono libero se faccio quello che amo»

Il suo richiamo alla sobrietà è costante. «Consumiamo troppo. Viviamo comprando e buttando. E così sprechiamo denaro e il tempo della vita necessario a guadagnare quel denaro. È fondamentale difendersi dagli attacchi del mercato. E per fare questo serve la sobrietà nel vivere, che consiste nel trovare il tempo di vivere».

Un altro tema caro a Mujica è quello della libertà. «Siamo tutti liberi, ma è necessario che utilizziamo il nostro libero arbitrio. Quando lavoro, perché ne ho bisogno non sono libero. Sono libero, invece, quando faccio qualcosa che mi piace e mi motiva davvero».

Secondo lui, ognuno di noi può fare la differenza. «Se non posso cambiare il mondo posso cambiare la mia condotta personale e la posso cambiare adoperandomi nella ricerca della felicità».

Pepe Mujica

La sua storia
Nasce a Montevideo da una famiglia di agricoltori. La madre è di origine italiana. Il padre ha un rovescio di fortuna e muore quando José ha 5 anni. Fino ai 17 anni, lui si dedica al ciclismo. Poi scende in politica.

Negli anni Sessanta entra in un gruppo armato e combatte per difendere i diritti dei lavoratori. Nella sua lunga militanza di comandante guerrigliero colleziona ferite, arresti, evasioni. Sotto la dittatura militare, è condannato a 12 anni di prigione. Nel 1985, quando in Uruguay viene ristabilita la democrazia, è rilasciato. Da lì, il suo ritorno in politica, culminato con l’elezione a presidente dell’Uruguay: resta in carica dal 2010 al 2015, quando decide di non ricandidarsi.

Fra le sue iniziative: la depenalizzazione dell’aborto, il riconoscimento dei matrimoni gay e la legalizzazione delle droghe leggere. Oggi è scrittore e conferenziere in giro per il mondo.

 

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