Stefan Sagmeister
Stefan Sagmeister - Foto di John Madere

Stefan Sagmeister: «Ogni sette anni di lavoro faccio un anno sabbatico»

Di
Lucia Ingrosso
20 Maggio 2019

«Ho uno studio di design a New York e ogni sette anni lo chiudo per 12 mesi, per portare avanti esperimenti che altrimenti non potrei fare durante l’anno. Per noi è un periodo fantastico e pieno di stimoli». Così, inizia il suo cliccatissimo TED dal titolo Il potere del tempo libero. Stefan Sagmeister, 56 anni, di origine austriaca, è uno dei graphic designer più apprezzati e pagati al mondo (ha lavorato, fra gli altri, per i Rolling Stones e il museo Guggenheim). Si prende sempre un paio di settimane per rispondere alle interviste («Ricevo molte richieste e ho sempre un sacco di arretrati da evadere»). Ma per Millionaire ha fatto un’eccezione. Complici l’intercessione di uno dei designer del suo studio di New York, il sardo Matteo Giuseppe Pani, e un provvidenziale viaggio in treno, lo abbiamo intervistato a tempo di record.

Perché un periodo sabbatico è così importante?

«Quando ho aperto il mio studio di design, ho visto questa attività come una vocazione. Poi la passione è diminuita, via via che il lavoro diventava più di routine. Naturalmente, lavorare alla copertina del 22° album era meno esaltante che lavorare a quella del primo. Durante i miei periodi sabbatici, uno ogni sette di lavoro, ho riscoperto la mia vocazione. In genere, passiamo i primi 25 anni della nostra vita a imparare, poi ci sono circa 40 anni dedicati solo al lavoro e infine 15 circa per la pensione. Io ho pensato che poteva essere utile invece togliere 5 anni alla pensione e inserirli negli anni lavorativi».

Come trovare il coraggio di vivere un periodo sabbatico?

«Sono una persona piuttosto paurosa e mi sono dovuto convincere a farlo. L’impulso originario ha avuto molti padri. Uno di questi è stato un designer che io ammiravo molto, Ed Fella, che portò nel mio studio alcuni suoi fantastici esperimenti tipografici realizzati su un album da disegno con una penna a sfera a quattro colori. Quando lui stesso, in modo beffardo, la definì exit art, io pensai che era un peccato che uno facesse roba del genere solo a 60 anni (Ed Fella ha lavorato esclusivamente nel design commerciale prima di dedicarsi, in età avanzata, all’arte, ndr). Quelle creazioni avrebbero avuto un impatto molto maggiore su una vita lavorativa se fossero state realizzate durante delle pause nella normale carriera, anziché in un secondo momento.

Ha avuto un ruolo importante anche la morte prematura del mio mentore, Tibor Kalman: ogni decesso ci ricorda che il nostro tempo qui ha una fine e che è meglio usarlo nel modo migliore in cui siamo capaci. Mi sono preso il primo anno sabbatico a 38 anni, il secondo a 46 e il terzo a 54. Adesso mi resta un solo anno sabbatico da prendere prima di andare in pensione a 65 anni. Penso che sia molto più utile prendersi questi anni prima, un po’ alla volta piuttosto che tutti insieme alla fine».

Qualche strategia per far rendere al massimo il gap year?

«Il mio primo anno sabbatico all’inizio è stato abbastanza disastroso. Pensavo fosse meglio non avere programmi e che quel vuoto di tempo sarebbe stato fantastico e utile per generare nuove idee. Ma non fu così. Quindi feci l’elenco delle cose che mi interessavano, le classificai in ordine di importanza, le divisi in blocchi di tempo e mi feci un programma. Il risultato? Tutti i progetti sviluppati nei sette anni successivi, li avevo pensati durante l’anno sabbatico» racconta Stefan Sagmeister.

Qual è il momento giusto per fermarsi?

«Ho lavorato davvero un sacco, quindi, fortunatamente, posso fermarmi in qualsiasi momento, senza bisogno di dichiarare ufficialmente un anno sabbatico. Più che l’intervallo di tempo che mi ritaglio, è importante il fatto di impegnarmi a dedicare parte del mio tempo per fare qualcosa che mi interessa veramente e a darmi lo spazio di sperimentare cose nuove. Ogni designer che ammiro, ognuno a suo modo, si ritaglia uno spazio: qualche ora nel tardo pomeriggio, un giorno a settimana, un paio di giorni al mese… Ho visto quasi ogni versione di questa strategia declinata in aziende piccole e grandi.

Adesso ho raggiunto un ottimo equilibrio fra la mia vita personale e quella lavorativa, soprattutto perché lavoro con persone su cui posso contare e che mi sollevano da un sacco di preoccupazioni. E sì, di certo i periodi sabbatici sono di grandissimo aiuto, anche per farmi capire davvero ciò che voglio fare e ciò che invece non voglio fare».

INFO: https://sagmeisterwalsh.com, www.ted.com/talks/stefan_sagmeister_the_ power_of_time_off

Tratto dall’articolo “Viaggiare, imparare, sperimentare (e tornare più forti di prima)” pubblicato su Millionaire di febbraio 2019. Per acquistare l’arretrato scrivi a abbonamenti@ieoinf.it

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