Michele Zanella

Da manager a imprenditore (così ho costruito un impero di plastica)

Di
Lucia Ingrosso
13 Aprile 2018

Coraggioso e innovativo. Michele Zanella, 46 anni, è l’emblema di una nuova imprenditoria. Ingredienti che fanno la differenza? Studi, esperienze, visione e caparbietà.

Oggi è a capo di un’azienda che fattura 100 milioni di euro, conta 400 negozi monomarca e ha 450 dipendenti. L’idea da cui è partito? Un orologio colorato, low cost e, soprattutto, personalizzabile. Il successo è poi arrivato con la borsa customizzabile, ora disponibile in 600mila combinazioni diverse, venduta in tutto il mondo. La sua azienda si chiama O bag. Eppure ha dovuto affrontare mille difficoltà, oltre alle iniziali perplessità degli addetti ai lavori. «Una borsa in plastica in Italia, ma sei matto?» gli dicevano.

Come mai un ingegnere crea un’impresa nella moda?

«Sono un ingegnere atipico. Volevo fare Architettura, ma ho privilegiato Ingegneria per un fatto di comodità e vicinanza a casa. Ero comunque un tipo per cui uno più uno faceva necessariamente e solo due e su questa logica avevo improntato la mia vita. Laurea in Ingegneria, lavoro dipendente, carriera in azienda. Dopo la laurea, sono andato a lavorare in un’azienda di costruzioni. Ma la vera esperienza formativa l’ho fatta nel gruppo Benetton, dove ho lavorato per 11 anni».

Di che cosa si occupava in Benetton?

«Facevo un lavoro bellissimo: seguivo l’espansione nel mondo del gruppo. In pratica, sovraintendevo l’apertura dei nuovi negozi, occupandomi di tutti gli aspetti: prodotto, architettura, visual. In questo modo ho creato un network globale di contatti e maturato un’esperienza a tutto tondo».

E poi?

«Poi ho visto approssimarsi il traguardo dei 40 anni. Ho messo su famiglia, adesso ho due figli. Ho sentito la necessità di smettere di viaggiare. Con mia moglie, architetto, abbiamo pensato di realizzare qualcosa di autonomo, solo nostro».

Come si è accesa la lampadina?

«Nel 2009 si era già in piena crisi. Bisognava avere un’idea di prodotto davvero forte. Osservando il mercato, mi è venuta l’idea di O clock, un orologio low cost (19 euro), ma di
qualità e design italiano, coloratissimo e customizzabile».

Come è partita la sua azienda?

«Siamo partiti dal niente. Abbiamo investito 20mila euro, soprattutto negli stampi. La nostra forza era nell’idea di marketing. Per farci conoscere, abbiamo deciso di puntare
non sulla pubblicità, ma sull’apertura di negozi monomarca in zone molto trafficate. Per questo motivo abbiamo scelto, fra le altre, le location del progetto Grandi Stazioni. Il primo negozio ha aperto nel giugno 2010 a Venezia ed è stata questa la nostra prima vetrina, il modo per mostrare il nostro prodotto».

Quando avete lanciato la borsa?

«Abbiamo capito che per crescere dovevamo allargare la gamma. In questo caso, nel 2012, l’intuizione è stata quella di presentare una borsa realizzata con materiali industriali. La prima risposta da parte degli addetti ai lavori è stata all’insegna dello scetticismo. A loro, nella patria della pelletteria, una borsa in plastica sembrava un’eresia. Ma noi siamo andati avanti per la nostra strada. Abbiamo aggiunto elementi in materiali fashion, come lana, tessuto e pelliccia. Ma soprattutto abbiamo puntato sulla personalizzazione estrema: a oggi, le nostre borse sono disponibili in 27 colori e 600mila combinazioni diverse. E poi puntiamo su un rinnovamento continuo di assortimenti e vetrine. Nel frattempo, abbiamo allargato la gamma anche ad altri prodotti, sempre customizzabili: occhiali da sole, accessori, calzature…».

Che cosa si sente di consigliare agli imprenditori del futuro?

«La parola “gratis” non esiste. Nessuno ti regala niente, mai. Per riuscire, servono grandi dosi di caparbietà, una visione chiara e una grande fiducia nella propria idea. Niente è facile, ma con il lavoro tutto diventa possibile».

Tratto dall’articolo “Da manager a imprenditore (così ho costruito un impero di plastica)” pubblicato su Millionaire di febbraio 2018. Per acquistare l’arretrato scrivi a abbonamenti@ieoinf.it

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