Dove ti parcheggio il pupo

Di
Redazione Millionaire
18 Ottobre 2013

Chi mi tiene il pupo a ore, mentre faccio la spesa, vado a cena o al cinema? Dove lo faccio giocare la domenica e nel tempo libero? Si diffondono sempre più i “parcheggi” per bimbi piccoli e piccolissimi. Le prime strutture, nate negli Usa molti anni fa, stanno facendo affari d’oro. In Italia funzionano bene soprattutto nelle città, nelle località di villeggiatura, nei pressi dei centri commerciali, vicino a scuole, palestre e piscine. Ottime le occasioni che si trovano al Sud. Nel Nord, invece, nonostante la concorrenza in alcune zone cominci a farsi sentire, le maggiori disponibilità economiche permettono di far girare meglio i conti. Ma vediamo insieme le varie formule di business.
Baby parking: il parcheggio a ore
Mentre la mamma fa la spesa o va in palestra, il bambino gioca al baby parking, sotto il controllo e la responsabilità degli educatori. Più facile da aprire di un asilo nido, non richiede investimenti elevati e non è necessario allestire una mensa. Attenzione, però: per lavorare con i più piccoli è necessario essere in possesso dei titoli di studio stabiliti per gli educatori.
Cosa si offre. Servizio di baby parking, ma non solo. «Tenere i bambini per un’ora è il servizio che fa da traino, ma poi capita che i genitori richiedano una serie di altre attività: dal doposcuola ai laboratori di pittura, musica, lingue. Dagli incontri con il nutrizionista o il pediatra ai corsi per le mamme» spiega Cristiana Pagni del Kinder Parking, aperto un anno fa nel centro commerciale La fabbrica a Santo Stefano di Magra (Sp) presto anche in franchising (www.kinderparking.it). Offrire il servizio serale funziona. «Per due volte al mese portiamo i bimbi in pizzeria, vediamo un film e li facciamo divertire fino all’ora della nanna. Su richiesta mandiamo baby sitter a domicilio mentre d’estate organizziamo un campus nella vicina campagna».
Investimenti. Per una piccola struttura, bastano 20mila euro, se si esclude il punto di ristoro o il bar. Costo zero invece se si decide di vendere bibite, snack e popcorn attraverso i distributori automatici: le macchine vengono in genere date in comodato d’uso salvo poi dividersi gli incassi a metà con la ditta. Le principali spese riguardano affitto e personale, i cui costi dipendono principalmente dalla dimensione del centro.
Prezzi. I baby parking applicano tariffe non troppo economiche, perché c’è bisogno di più personale per accudire bambini piccolissimi. Un esempio: una struttura in grado di ospitare 40-50 bambini, aperta tutto il giorno, anche la domenica mattina, ha bisogno di cinque educatori. I prezzi? Sei-sette euro l’ora per gli ospiti sopra i tre anni; otto-nove euro per i più piccini.
Playground, gonfiabili che passione! Si tratta di parchi giochi attrezzati con i più moderni gonfiabili (salta-salta, castelli…), playground (strutture modulari variopinte fatte da tubi, scivoli, passaggi e ostacoli), piscine con palline, tappeti elastici, area soft play per i bimbi sotto i tre-quattro anni, in alcuni casi anche le giostrine elettriche o le minibaby cars. I più grandi possono ospitare fino a 400 bambini. Ottima anche l’idea di realizzare un parco a tema dove tutti i giochi sono incentrati sul far west, l’antico Egitto, il circo… «Rispetto al baby parking serve meno personale: qui i bimbi saltano, corrono ecc., sotto la responsabilità dei loro accompagnatori. Così i
costi di gestione sono più bassi»
spiega Salvo Vaccarello, responsabile vendite di Giokolandia (Società che realizza parchi giochi in tutta Italia, tel. 0922 38729, www.giokolandia.it,) e titolare di un parco all’aperto di 1.500 mq realizzato ad Aragona, nell’Agrigentino.
Investimenti. Per l’acquisto di giochi oc- corre investire almeno 25mila euro e mettere in conto una spesa non indifferente per la corrente, dato che questi giochi funzionano grazie a un motore elettrico che soffia aria. I guadagni al lordo delle imposte sono pari al 50-60% del fatturato dichiarato. «Pochi business riescono a fare meglio – afferma Argentina Del Papa, titolare della Atlas che realizza playground e parchi giochi anche all’estero (www.parcogiochi.net). C’è chi in sei mesi rientra dall’investimento. Per farsi la clientela funzionano le convenzioni con negozi, aziende e centri commerciali della zona, mentre per incentivare il lavoro infrasettimanale l’ideale sono gli sconti sui compleanni e l’organizzazione di spettacoli in collaborazione con un’agenzia di animazione».
Centro giochi al coperto
Per un piccolo centro giochi al coperto, ideale per lavorare anche d’inverno e quando piove, bastano 200-250 mq complessivi. Per condurre un parco giochi di media dimensione sono necessari invece 600-700 mq e tre persone: una per vigilare sui bim- bi, una alla cassa e l’altra al bar. La ristorazione è sempre fonte di guadagni in queste attività e cosi c’è chi ci offre anche panineria, gelateria e/o pizzeria, anche con servizio ai tavoli. Alcuni ricorrono al catering ma tanti propongono le pizze, panini, popcorn, patatine ecc. se li fanno da soli perché si guadagna di più con ricarichi oltre il 300%. «Per la maggior parte dei centri in settimana l’apertura è solo pomeridiana mentre il sabato e la domenica sono giornate in cui si resta aperti dalle 10 fino anche a mezzanotte» spiega Ferruccio Benini, responsabile del franchising PlayPlanet del gruppo The Play Co che, per chi vuole fare tutto da sé, fornisce anche solo i giochi (www.playplanet.it). Investimenti. A partire da 25mila euro per la fornitura dei giochi, più le spese per predisposizione locale e impianti. Prezzi. L’ingresso è a ore o a giornata: per un’ora si pagano cinque-sei euro (per mezz’ora circa tre euro). L’entrata senza limiti di tempo costa sette-otto euro in settimana mentre nel weekend sale a dieci e più. Il vero affare in questo business sono le feste di compleanno dei bambini. Tra i servizi offerti, i biglietti d’invito, l’allestimento sala, il rinfresco, l’animazione, fino alla foto o il video del festeggiato con la torta. «Questo è un settore in pieno boom» dichiara Vaccarello di Giokolandia. «Noi facciamo anche tre-quattro compleanni al giorno, il doppio rispetto allo scorso anno». I ritorni sono ottimi. Un bambino paga da 7 a 12-13 euro in base al menu. In media in una festa ci sono 15- 20 invitati.
Ma a fine anno quanti soldi entrano? «Alcuni nostri affiliati fatturano più di 500mila euro» conclude Benini.

la burocrazia
La burocrazia per l’apertura di una playhouse non è complessa, ma non sempre è veloce dato che c’è bisogno dell’autorizzazione del Comune che è vincolata all’agibilità e ai requisiti igienico-sanitari del locale, per la sicurezza e prevenzione incendi e l’accessibilità anche per i portatori di handicap.Tutti gli impianti devono essere a norma e i giochi certificati. Obbligatoria l’assicurazione contro gli infortuni e per responsabilità civile dei bambini e del personale. Come per qualsiasi impresa bisogna fare:
› Partita Iva › Iscrizione registro imprese in Camera di commercio › Iscrizione Inps e Inail › Autocertificazione valutazione rischio d’impresa (D.Lgs. 81/2008).
PLAYHOUSE E BAR
In questo caso serve l’autorizzazione per i pubblici esercizi. La rilascia il Comune, senza limiti di numero, dato che la somministrazione qui è attività secondaria. Bisogna avere inoltre i requisiti morali e professionali (ex iscrizione – Rec) e fare l’Haccp, mentre molte regioni hanno reintrodotto la tessera sanitaria per chi ci lavora. Se invece si sceglie di affiancare ai giochi una gelateria di produzione propria, la friggitoria o una panineria, in quanto attività artigiane, è necessaria la dichiarazione di inizio attività nel settore alimentare (Dia), da presentare comunque sempre in Comune. Idem per installare distributori automatici di snack e bevande. Attenzione però: gli adempimenti possono variare da Regione a Regione e per Comune. È pertanto opportuno verificarli presso gli uffici locali competenti.

Chi ti finanzia?
Prima di tutto è bene valutare se costituire una ditta individuale o una società, oppure una cooperativa e un circolo ricreativo riservato ai soli soci. In quest’ultimo caso, sono previste agevolazioni fiscali e contabili. Sono molti i finanziamenti pubblici per le nuove aperture.Tra i principali, gli aiuti per lo sviluppo di microimpresa, lavoro autonomo e franchising patrocinati da Invitalia (www.invitalia.it). Anche Regioni e Comuni bandiscono contributi a fondo perso e prestiti a tasso agevolato (INFO: Assessorato alle Attività produttive della propria Regione e del Comune).

di Monica Gadda, redazione@nuovo.millionaire.it. L’articolo è pubblicato su Millionaire di settembre 2009.

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