In negozio, 7 transazioni digitali su 10 vengono oggi effettuate tramite carta contactless, smartphone o smartwatch.
È notevole la crescita dei pagamenti digitali in Italia, secondo uno studio dell’Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano, solo nei primi 6 mesi del 2022 i pagamenti digitali hanno raggiunto un valore di 182 miliardi di euro, una crescita del 22% rispetto al 2021 registrando circa 7 transazioni su 10 attraverso carte contactless, smartphone o smartwatch. Se la crescita dei consumi, considerando l’effetto inflattivo, non subirà bruschi rallentamenti, i pagamenti digitali a fine anno potrebbero raggiungere un valore tra i 390 e i 405 miliardi e arrivare a rappresentare oltre il 40% del totale speso dagli italiani, avvicinandosi sempre di più al valore dalle transazioni in contanti.
L’effetto post-Cashback
Tra le motivazioni riconosciute per questa notevole crescita si trova il noto Cashback di Stato, il quale ha provveduto ad alimentare la ripresa dei consumi post-Covid e dei pagamenti digitali nel primo semestre del 2021, portando l’Italia a raggiungere uno dei valori di crescita più alti d’Europa, con un +41% rispetto a una media del +18%.
La fine del Cashback, tuttavia, non ha avuto forti ripercussioni sulla crescita dei pagamenti digitali, risultando in linea con la traiettoria post-pandemia. Nel 2022 continua a crescere anche il numero di transazioni, seppur in maniera più contenuta rispetto al valore totale del transato (+19%).
Riguardo invece le carte di pagamento, lo studio ha evidenziato che il transato delle carte prepagate cresce del +19%, quello delle carte di debito del +24%, mentre la categoria delle carte di credito del 21%, dopo un 2021 di crescite molto contenute per via degli effetti a medio termine del Covid, beneficia della ripresa dei consumi ad alto importo per i servizi, il turismo e i viaggi aziendali.
Come pagano gli italiani
Tra i pagamenti “fisici”, la modalità di pagamento in negozio senza contatto viene preferita sempre di più, ma la crescita più significativa è stata registrata dai pagamenti tramite smartphone e dispositivi wearable, come gli smartwatch.
Ma resta la carta contactless la modalità preferita dagli italiani per i pagamenti, che a oggi rappresenta il 64% del totale transazioni digitali, crescendo del 49% nel primo semestre del 2022 rispetto allo stesso periodo del 2021, per un valore totale di 79 miliardi di euro.
Tra i fattori trainanti di questa tendenza c’è sicuramente la possibilità di pagare senza PIN sotto i 50 euro e la diffusione di carte e POS di questo tipo, che continuano a vedere la luce grazie a nuove realtà nascenti del settore fintech.
«Sono però i pagamenti tramite smartphone e wearable a vivere la crescita maggiore: con un +139% negli ultimi 12 mesi, raggiungono un valore di 6 miliardi di euro nel solo primo semestre 2022» segnala Ivano Asaro, direttore dell’Osservatorio Innovative Payments.
«Di questi, quasi il 90% è basato su tecnologia contactless NFC. Il restante è appannaggio di App che si basano su altre tecnologie (come i Qr Code o la geolocalizzazione) e che rappresentano circa il 24% rispetto al numero di transazioni».
I trend per fine 2022
Per concludere, lo studio ci segnala che la crescita a fine 2022 sarà quindi superiore a quella pre-Covid, con un prevedibile ulteriore aumento della penetrazione dei pagamenti digitali nei confronti del contante che potrebbe portare il valore del transato digitale a fine anno tra 390 e 405 miliardi di euro. A guidare la crescita saranno probabilmente proprio i pagamenti tramite smartphone e wearable.
«Per fine 2022 ci aspettiamo un’ulteriore crescita del contactless, tra 40 e 49%» definisce Matteo Risi, ricercatore dell’Osservatorio Innovative Payments. «I pagamenti digitali potranno crescere molto a fine anno, aiutati anche dall’introduzione delle sanzioni legate all’obbligo POS che potrebbero abbattere ulteriormente le barriere psicologiche dei consumatori.
Se la crescita dei consumi, considerando l’effetto inflattivo, sarà simile a quella del primo semestre, i pagamenti elettronici potrebbero superare la quota del 40% sul totale dello speso degli italiani».