Settimana scorsa, al porto di Livorno, la Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli hanno sequestrato 134 automobili Fiat Topolino, la “minicar” elettrica omologata per essere guidata con il solo patentino e presentata di recente dal gruppo automobilistico Stellantis.
Secondo quanto riportato dal quotidiano livornese Il Tirreno, il motivo del sequestro è un adesivo con un sottile tricolore italiano sul fianco delle vetture, che potrebbe indurre a pensare che l’auto sia prodotta in Italia. In realtà, la Fiat Topolino è prodotta in Marocco e il carico era arrivato a Livorno dal paese nordafricano su una nave merci per essere poi distribuito in varie concessionarie.
Un omaggio al passato o una costosa Citroën Ami?
La denominazione Topolino è stata ripescata per la Fiat più piccola di sempre, derivata dalla Citroën Ami, il quadriciclo leggero più venduto in Italia, guidabile anche dai quattordicenni con il patentino per i motorini. La Topolino, che sui social media era stata lodata come un omaggio al passato, alla Dolce Vita e all’eleganza italiana, si è rivelata una costosa versione della Citroën Ami.
La Legge del 2003 e l’indagine della Procura
Il sequestro è stato giustificato con la legge finanziaria del dicembre del 2003. Il comma 49 dell’articolo 4 di quella legge stabilisce che è un reato mettere in commercio «prodotti e merci non originari dall’Italia» con la stampigliatura del made in Italy o con simboli che possano «indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana».
La procura di Livorno ha aperto un’indagine per il reato di vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517 del codice penale), coinvolgendo anche un dirigente di Stellantis. L’ipotesi è che il tricolore sul fianco delle Fiat Topolino sia ingannevole e che Stellantis stia cercando di sfruttare un marchio di “italianità” senza averne diritto, suggerendo ai consumatori che la macchina sia prodotta in Italia.
Stellantis: legami con l’Italia e produzione all’estero
Stellantis è una grande multinazionale con sede nei Paesi Bassi, nata nel 2021 dalla fusione dei gruppi FCA (Fiat, Chrysler e Jeep) e PSA (che comprende Peugeot, Citroën e Opel). In Italia, Stellantis è considerata l’erede della storica Fiat, fondata a Torino. Nonostante i legami con l’Italia, Stellantis sta gradualmente spostando gran parte della sua produzione all’estero.
In una nota, Stellantis ha dichiarato che toglierà gli adesivi con il tricolore italiano, spiegando di averli usati per «indicare l’origine imprenditoriale del prodotto», dato che le Topolino sono un modello storico di Fiat, ideato a Torino. La società ha affermato di non ritenere di aver violato alcuna legge e di aver sempre comunicato in modo trasparente che la Fiat Topolino è prodotta in Marocco.
Le controversie tra Governo e Stellantis
Il sequestro delle 134 Fiat Topolino è avvenuto dopo mesi di tensioni tra il governo italiano e Stellantis riguardo alla scelta dell’azienda di spostare la produzione fuori dall’Italia. Il governo critica questa decisione, poiché comporta una riduzione delle entrate fiscali per lo Stato e una perdita di posti di lavoro. Stellantis, invece, sostiene che la scelta è obbligata dalla mancanza di sufficienti sussidi per incentivare l’acquisto di auto elettriche in Italia.
Il governo ha anche criticato il modo in cui vengono promosse automobili di marchi storicamente italiani come Fiat e Alfa Romeo, sostenendo che Stellantis dovrebbe smettere di associarle all’Italia se non vengono prodotte nel Paese. Ad esempio, ad aprile, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha contestato l’uso del nome “Milano” per un modello Alfa Romeo prodotto in Polonia, portando l’azienda a rinominare l’auto come Alfa Romeo “Junior”.
Il sequestro delle Fiat Topolino sembra rientrare in un quadro di controversie più ampio tra Stellantis e il governo italiano. Tuttavia, l’Agenzia delle Dogane è controllata dal ministero dell’Economia e, in questo caso, nessun esponente del governo si è mosso pubblicamente. Le motivazioni del sequestro sono comunque simili a quelle sollevate dal ministro Urso sull’Alfa Romeo Milano (poi ribattezzata “Junior”) richiamando la stessa legge del 2003, che però in quel caso non si applicava.