Un altro lutto nella storia del calcio
È morto Gianluca Vialli a 58 anni. Dopo Sinisa Mihajlovic e Pelé ci lascia un altro grande del mondo del calcio.
La sua morte segue una battaglia contro il cancro al pancreas, con il peggioramento delle sue condizioni nella settimana che ha preceduto il Natale e la famiglia che si è precipitata al suo capezzale in un ospedale di Londra.
Nato a Cremona, Vialli ha iniziato la sua carriera nel club locale Cremonese, aiutandoli a vincere la promozione in Serie B. Poi è stato subito amore con la Sampdoria, seguita da Juventus e Chelsea. Ex attaccante anche della Nazionale tra il 1985 e il 1992, nel 1989 è per la prima volta capitano della Nazionale azzurra.
È proprio quando gioca nella Sampdoria che inizia la grande amicizia con Roberto Mancini. “I gemelli del gol”, così veniva definita la coppia che ha portato i blucerchiati alla conquista del tricolore nel 1991.
Quando appende le scarpe al chiodo, decide di rimanere a Londra, nelle vesti di allenatore proprio del Chelsea, che porta alla sua prima Champions League e successivamente del Watford di Elton John.
Nel 2017, Vialli viene colpito da un tumore al pancreas. Nel 2019 diventa capo delegazione della Nazionale italiana insieme a Mancini come allenatore. Diventa anche ambasciatore italiano per la FIGC in vista degli Europei 2020, poi giocati nel 2021 a causa del coronavirus.
E proprio qui si svolge uno dei momenti più umani della storia del calcio: con il suo grande amico Mancini, allo stadio di Wembley, per il grande abbraccio in lacrime dopo l’ultimo rigore fallito dall’Inghilterra e che ha così portato l’Italia sul tetto d’Europa per la seconda volta nella storia.
Un uomo di sport sì, quello d’altri tempi, dove si amava la propria squadra e non bastava un contratto più allettante per lasciarla, come era successo col Milan e con l’allora Presidente Silvio Berlusconi.
“Al Milan non ci vado”. In realtà proprio Vialli aveva spiegato il gran rifiuto, al termine della sua carriera. “C’era un grande senso di appartenenza alla Sampdoria. Io e i miei compagni avevamo stretto un patto che ci legava al club”.
Gianluca Vialli, un grande campione che aveva parlato con grande umanità della sua malattia durante un’intervista rilasciata ad Alessandro Cattelan.
“Io ho paura di morire, eh. Non so quando si spegnerà la luce che cosa ci sarà dall’altra parte. Ma in un certo senso sono anche eccitato dal poterlo scoprire”. Continua: “Però mi rendo anche conto che il concetto della morte serve per capire e apprezzare la vita. L’ansia di non poter portare a termine tutte le cose che voglio fare, il fatto di essere super eccitato da tutti i progetti che ho, è una cosa per cui mi sento molto fortunato”. Aggiunge infine: “La malattia non è esclusivamente sofferenza: ci sono momenti bellissimi. La vita – e non l’ho detto io ma lo condivido in pieno – è fatta per il 20 per cento da quello che ti succede ma per l’80 per cento dal modo in cui tu reagisci a quello che accade. E la malattia ti può insegnare molto di come sei fatto, essere anche un’opportunità. Non dico al punto di essere grato nei confronti del cancro, eh…”.
L’Italia oggi è come Mancini, stretti in un caldo abbraccio per ricordare la sua grande umanità e passione.