L’annuncio del sindaco socialista di Barcellona, Jaume Collboni, sull’eliminazione degli alloggi turistici entro il 2028, ha scatenato un acceso dibattito. Mentre la misura mira a contrastare l’aumento insostenibile dei prezzi immobiliari, le implicazioni pratiche e le potenziali conseguenze sollevano numerosi dubbi e confronti con altre città che hanno intrapreso azioni simili.
L’iniziativa di Barcellona: obiettivi e motivazioni
Collboni ha dichiarato che ai prezzi degli affitti a Barcellona sono aumentati del 70% negli ultimi dieci anni, e quelli degli immobili in vendita del 40%, attribuendo gran parte di questa crescita agli affitti brevi turistici. Il piano prevede di non rinnovare le licenze per gli alloggi turistici esistenti dopo la loro scadenza nel novembre 2028, riportando circa 10.000 unità sul mercato residenziale.
Questa decisione è stata presentata come una soluzione per rendere la città più accessibile ai residenti, in particolare ai giovani che faticano a trovare alloggi a prezzi ragionevoli. Tuttavia, ci sono diversi aspetti che meritano un’analisi più approfondita.
I dubbi sull’efficacia della misura
Sebbene l’obiettivo di rendere gli alloggi più accessibili sia lodevole, ci sono dubbi sulla reale efficacia di questa misura. In primo luogo, la domanda di alloggi turistici potrebbe semplicemente spostarsi verso altre forme di alloggio temporaneo, come gli hotel, che potrebbero non offrire soluzioni economiche ai visitatori e continuare a esercitare pressione sul mercato immobiliare.
Inoltre, l’eliminazione degli affitti brevi potrebbe avere un impatto significativo sull’economia locale, che beneficia notevolmente del turismo. Barcellona è una delle principali destinazioni turistiche in Europa, e il turismo rappresenta una parte importante del PIL cittadino.
Confronti con altre città
La mossa di Barcellona ricorda azioni simili intraprese da altre città europee. Ad esempio, Amsterdam ha implementato restrizioni sugli affitti brevi, limitandoli a un massimo di 30 giorni all’anno per proprietario, con l’obiettivo di contenere il fenomeno e ridurre l’impatto sul mercato immobiliare. Tuttavia, nonostante queste restrizioni, la città continua a sperimentare prezzi immobiliari elevati e problemi di accessibilità abitativa.
Anche Berlino ha introdotto regolamentazioni severe sugli affitti brevi, richiedendo licenze specifiche e imponendo multe pesanti per chi viola le norme. Nonostante ciò, la capitale tedesca sta ancora lottando con un mercato immobiliare teso e prezzi degli affitti in continua crescita.
E in Italia la crociata di città come Firenze e Venezia, ma in generale tutte le città d’arte, contro Airbnb e compagni è all’ordine del giorno, nonostante una decisa regolamentazione è appena entrata in vigore per monitorare, limitare, ma soprattutto tassare chi mette immobili sul mercato a breve.
Le alternative e i rischi
La riduzione del numero di navi da crociera, un’altra iniziativa annunciata da Collboni, rappresenta un ulteriore tentativo di gestire il flusso turistico. Tuttavia, anche in questo caso, esistono rischi di impatti economici negativi per settori collegati al turismo.
L’intenzione di Barcellona di migliorare l’accessibilità abitativa e la qualità della vita dei residenti è chiara e giustificabile, l’efficacia delle misure proposte rimane incerta. La città potrebbe trarre insegnamenti dalle esperienze di altre metropoli europee e considerare un approccio più bilanciato che includa incentivi per l’edilizia residenziale e politiche di sviluppo urbano sostenibile. La strada verso un equilibrio tra attrattività turistica e benessere dei residenti è complessa e richiede soluzioni innovative e collaborative.