L'articolo pubblicato su Millionaire di marzo 2018

Blockchain: che cos’è e perché cambierà il nostro futuro

Di
Tiziana Tripepi
14 Maggio 2018

La tecnologia che c’è dietro ai bitcoin è una grande rivoluzione che cambierà il nostro futuro. Ecco le cose da sapere.

Si colloca all’incrocio tra quattro discipline già di per sé complesse: teoria dei giochi, crittografia, computer networking, teoria economica e monetaria. Capirne il funzionamento è difficile. Blockchain, la tecnologia che sta dietro ai bitcoin e la cui caratteristica dirompente è riuscire a far funzionare un sistema di transazioni senza bisogno di un’autorità centrale, è destinata ad avere un grande impatto sul futuro dell’economia mondiale, paragonabile a quello di Internet negli anni 90 e 2000. Per saperne di più ci siamo rivolti al professor Ferdinando Ametrano, esperto di fintech, professore a contratto di Bitcoin and Blockchain Technology all’Università Bicocca e al Politecnico di Milano.

Che cos’è la blockchain?

«È il registro pubblico dove vengono registrate le transazioni di un bene digitale, il bitcoin. Il bitcoin, infatti, non si trova da nessuna parte in forma fisica, ma esiste solo come transazione registrata su questo “libro mastro digitale”, che è condiviso in modalità peer-to-peer tra i nodi di una rete. Blockchain traccia tutti i trasferimenti di possesso di questi “gettoni digitali”, certificando chi ne sia il proprietario. I bitcoin non sono intestati a un nome o una persona, ma a un indirizzo alfanumerico (una specie di Iban). Per questo si parla di “pseudonimato”: anche se le transazioni sono pubbliche e visibili a tutti, le controparti di ogni transazione non sono attori identificati».

Come avvengono le transazioni?

«Qui entra in gioco la crittografia (la tecnica che permette di cifrare un messaggio rendendolo incomprensibile a tutti se non al suo destinatario, ndr). Per trasferire bitcoin a un altro indirizzo è necessario possedere la cosiddetta “chiave privata” corrispondente all’indirizzo a cui sono attualmente attribuiti e con questa autorizzare, tramite firma digitale, una transazione. Ciò garantisce la sicurezza delle transazioni, l’autenticità del messaggio e la sua non manipolazione da parte di agenti malevoli».

Perché si chiama blockchain?

«Perché le pagine di questo registro sono “blocchi” di transazioni, legati l’un l’altro in una catena (chain). Le transazioni, infatti, non vengono registrate singolarmente ma in blocchi, un blocco ogni 10 minuti. Questo registro, la blockchain, è duplicato presso tutti i nodi della rete».

Perché è importante?

«La blockchain in sé è solo una struttura dati sequenziale, che serve a ordinare una dietro l’altra le transazioni e a rendere complicato manipolare dati registrati nel passato. Ma lo stesso termine viene usato per indicare l’insieme della tecnologia del “protocollo bitcoin”. Questo protocollo, ed è questa la cosa importante, è in grado di rimpiazzare una qualunque autorità centrale che presidia gli aggiornamenti di un registro di riferimento».

In assenza di un’autorità centrale, come si può essere certi che questo registro pubblico non sia manipolato?

«Era proprio questo il problema: in informatica è stato dimostrato che è impossibile raggiungere il consenso tra i nodi di una rete dove non c’è un punto centralizzato di riferimento. Ma con i bitcoin questo problema è stato risolto attraverso una specie di gara: il nodo che per primo riesce a validare le transazioni creando un nuovo blocco (detto nodo di mining, o miner) è ricompensato con l’emissione di nuovi bitcoin. Questa remunerazione è cruciale per incentivare il comportamento onesto del miner: se un blocco contenesse transazioni invalide sarebbe rigettato dagli altri nodi, con l’effetto di annullare anche la ricompensa del miner contenuta nel blocco stesso».

Quindi i nodi creano bitcoin?

«Sì. Questo meccanismo è analogo a quello della creazione di moneta da parte delle banche centrali, che produce l’utile che si chiama “rendita di signoraggio”. Nel caso dei bitcoin si dice che la rendita viene “socializzata”, a beneficio di tutti nella rete».

Chi c’è dietro i nodi che svolgono questa attività computazionale?

«In passato poteva farlo chiunque col proprio Pc, oggi è diventata un’attività specializzata svolta da centri di calcolo. Si è innescato infatti un circolo virtuoso: l’emissione di nuovi bitcoin remunera i miner, i miner competono per questa ricompensa economica e investono quindi in sempre maggiore potenza computazionale, maggiore potenza computazionale rende il network più sicuro, maggiore sicurezza fa crescere il valore dei bitcoin, la remunerazione è ancora più appetibile per i miner».

Esistono già applicazioni che non hanno come oggetto i bitcoin…

«Esistono applicazioni che vanno oltre i bitcoin, cioè possono essere usate per attività di rafforzamento di processi di business. Ma non che possono fare senza bitcoin. Una di queste è la notarizzazione: l’impronta digitale univoca di una base dati viene associata a una transazione bitcoin, come se venisse scritta nel campo “causale” della transazione. Lo stesso sistema di sicurezza che impedisce la manipolazione della transazione bitcoin garantisce l’immutabilità e la datazione di quell’impronta digitale. È come depositare un atto presso un “notaio blockchain”, mettere un “timbro data certa” su un file digitale. Ma per essere affidabile deve basarsi sull’unica blockchain per ora davvero sicura: quella dei bitcoin».

Quindi si utilizza il sistema di sicurezza dei bitcoin per altri scopi?

«Sì. È una tecnica molto potente poiché nel futuro il mondo potrebbe “prendere a prestito” la sicurezza dei bitcoin per mettere in sicurezza tutte le basi dati e altri sistemi transazionali: ha quindi un’applicazione industriale. Se bitcoin è oro digitale, la notarizzazione è l’equivalente della gioielleria: inessenziale per l’oro, ma effi cacissima nel mostrarne la bellezza».

La tecnologia potrà essere utilizzata per la tracciabilità del cibo, le votazioni, le rimesse degli immigrati. La blockchain può essere la base per nuove attività imprenditoriali?

«È come all’inizio di Internet: nessuno poteva immaginare. Google, Facebook, Amazon sembravano idee troppo estreme, eppure si sono realizzate. Oggi bisogna immaginare quali applicazioni l’Internet del valore dei bitcoin rende possibili. Non sono d’accordo con l’idea che la blockchain risolva qualsiasi problema, o che l’idea di un registro pubblico condiviso sia la panacea. L’affidabilità di questo registro pubblico è un problema ancora aperto, risolto fondamentalmente solo per i bitcoin».

Tratto dall’articolo “Vi spiego la blockchain” pubblicato su Millionaire di marzo 2018. Per acquistare l’arretrato scrivi a abbonamenti@ieoinf.it

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