Negli ultimi tempi, e inevitabilmente con il caldo estivo, si sta diffondendo un nuovo fenomeno tra i dipendenti remoti: andare in vacanza senza informare i propri capi, mantenendo l’apparenza di essere al lavoro. Questa pratica, conosciuta come “quiet vacationing”, sta creando non poche difficoltà ai manager che non sanno come gestire la situazione.
Nel 2024, una delle tendenze lavorative più curiose vede i dipendenti remoti fingere di lavorare mentre in realtà sono in vacanza, il tutto per evitare di utilizzare i giorni di ferie pagate.
Il “quiet vacationing” si manifesta quando i lavoratori partecipano a riunioni in videochiamata, ma con la telecamera spenta, potrebbero trovarsi ovunque nel mondo: magari a bordo piscina in una villa affittata o seduti al bar di un hotel.
Per i lavoratori, è una situazione vantaggiosa. Possono andare all’estero (o al mare o in montagna) senza consumare i giorni di ferie e giustificarsi dicendo che, se il lavoro viene svolto, non c’è nulla di male. I manager, tuttavia, sono più scettici riguardo all’impatto sulla produttività e sulle conseguenze a lungo termine per il coinvolgimento dei dipendenti.
Furbizia o necessità?
Le preoccupazioni dei datori di lavoro sull’impatto della produttività del lavoro da remoto sono aumentate. Alcuni capi ipotizzano che i dipendenti utilizzino questo tempo per oziare in casa e rimandare le proprie attività.
A livello globale, molte aziende stanno ora ordinando al personale di tornare in ufficio. In alcuni casi limite (non in Italia) c’è chi ha persino iniziato a contare il numero di email inviate nei giorni di lavoro da casa per dimostrare che i dipendenti lavorano meno in queste giornate.
La paranoia su ciò che il personale fa quando non è in ufficio ha portato alcune aziende a implementare software di monitoraggio per controllare la presenza dei dipendenti.
Il fenomeno del “quiet vacationing” non farà che aumentare queste preoccupazioni. Un dipendente ‘anonimo’ a tempo pieno ha condiviso con la testata americana Business Insider di aver fatto un viaggio di un mese in Italia all’inizio di quest’anno. Ha usato solo una settimana di ferie annuali durante il viaggio, mentre ha fatto “quiet vacationing” per le altre tre. Almeno è venuto a stare nel Bel Paese.
Il diritto a staccare
Non è un caso che la tendenza del “quiet vacationing” riguardi particolarmente i mesi di luglio e agosto. Solitamente, si presume che questi mesi estivi siano meno impegnativi poiché i dipendenti prendono ferie durante le vacanze scolastiche.
Ma questa teoria potrebbe non essere più valida. L’equilibrio tra vita lavorativa e privata ha assunto un nuovo significato per i dipendenti di oggi. Non si tratta più di un equilibrio 50-50 tra doveri personali e professionali; il personale ora vuole fondere le proprie ore di lavoro con gli interessi personali – e quindi il “quiet vacationing”.
La negoziazione della “workation”
Il “quiet vacationing” potrebbe essere una difesa contro un atteggiamento lavorativo sempre attivo. Ma non significa necessariamente che i dipendenti siano pigri.
Come ha dichiarato il dipendente anonimo a Business Insider: “Nessuno in azienda ha mai sospettato che non stia facendo abbastanza lavoro, e solitamente ricevo recensioni entusiastiche nelle valutazioni.”
Questo non significa che la tendenza sia meno urgente da affrontare.
Una soluzione potrebbe essere quella di offrire ai dipendenti la possibilità di fare una “workation”. In questo accordo, i team remoti sono liberi di lavorare da dove meglio ritengono. Fondamentale, però, è che in azienda sappiano che sono in vacanza e che entrambe le parti possano fidarsi l’una dell’altra nel compiere i propri doveri.