L’ecosistema delle startup italiane è in fermento dopo l’approvazione del DDL Concorrenza. Le nuove norme, che avrebbero dovuto rappresentare un aggiornamento significativo dello Startup Act, hanno invece suscitato preoccupazione e delusione tra gli operatori del settore.
Un’occasione persa?
Il punto più controverso, secondo alcuni, riguarda l’obbligo per le startup di raggiungere un capitale sociale di 20.000 euro entro due anni dalla costituzione. Questa misura, secondo molti esperti, penalizza le realtà più giovani e innovative, che spesso necessitano di tempo per dimostrare la propria validità sul mercato. Inoltre, l’introduzione del requisito del dipendente potrebbe scoraggiare la nascita di startup lean e agile, che puntano a crescere in modo organico e sostenibile. A dire il vero questo potrebbe essere un problema secondario, non quanto almeno, la caratteristica stessa di ‘innovativa’ che rimane piuttosto poco attinente al vero fabbisogno del settore e lascia spazio ad imprese che di innovativo hanno ben poco.
Peggio ancora, lascerebbe troppo spazio a quelle imprese che vengono costituite con la sola finalità di aggiudicarsi bandi e finanziamenti pubblici, pur in mancanza di veri e propri progetti innovativi e disruptive. Per loro infatti, i 20 mila euro, sono spesso l’ultimo dei problemi.
“Si è persa un’occasione unica per creare un ambiente normativo più favorevole all’innovazione”, afferma Cristina Angelillo, presidente di InnovUp. “Le startup italiane hanno bisogno di certezze e di un quadro normativo stabile per poter competere a livello internazionale”.
Settori strategici e benefici fiscali
Il DDL ha introdotto anche alcune misure positive, come la revisione della tassonomia degli incubatori e la promozione degli investimenti in venture capital. Tuttavia, la decisione di includere settori come le costruzioni e l’estrazione mineraria tra quelli strategici per le startup ha lasciato perplessi molti osservatori.
“Apprendiamo con dispiacere la limitata ambizione mostrata dal Governo relativamente all’ecosistema
dell’innovazione. Abbiamo lavorato assieme a tanti altri soggetti per proporre non un libro dei sogni, ma un
set di proposte che siamo convinti possano permettere all’Italia il salto di qualità che merita in questo
ambito. Leggiamo invece alcuni articoli che alternano interventi con ricadute potenzialmente positive ad
altri meno coerenti con ciò che è stato lungamente discusso negli scorsi mesi, ma soprattutto che sono
caratterizzati da una assenza di investimento politico in questo ambito“, commenta Francesco Cerruti, direttore generale di Italian Tech Alliance.
Le reazioni del settore e le prospettive future
Le associazioni di categoria hanno espresso unanimemente il loro disappunto per le scelte operate dal Governo. Tuttavia, non si arrendono e intendono continuare a lottare per migliorare il quadro normativo.
Continua Cerruti: “Convinti che i margini per supportare l’innovazione siano ancora ampi, ci adopereremo affinché nei prossimi mesi possano esserci ulteriori interventi per rendere l’ecosistema normativo che regola la materia effettivamente incisivo come è nelle dichiarate intenzioni del Governo e nelle nostre aspettative”.
Il DDL Concorrenza, alla fine, infastidisce perché è un’occasione mancata. Le startup italiane hanno bisogno di un supporto più deciso e concreto da parte delle istituzioni. È necessario creare un ecosistema favorevole all’innovazione, che consenta alle nuove imprese di crescere e svilupparsi. Alle startup e in generale a tutte le nuove imprese.