failosophy elizabeth day
Elizabeth Day

Tutti falliscono, ma pochi riescono a farne tesoro

Di
Lucia Ingrosso
6 Dicembre 2021

Si chiama failosophy: da fail (fallimento) e sophy (conoscenza). È l’arte di fallire con successo. Una scrittrice inglese, autrice di un libro e di un podcast, ce la insegna.

Il 13 luglio 2018 Elizabeth Day, scrittrice e giornalista inglese oggi 42enne, lancia il suo podcast sul fallimento. Il logo se lo disegna da sola, in modo approssimativo. Il nome è il primo fallimento («Non avevo condotto abbastanza ricerche per scoprire che un podcast dal titolo quasi identico c’era già»). Per finanziarsi, mette in vendita su eBay l’abito da sposa del suo matrimonio fallito, ma l’asta va deserta e deve abbassare il prezzo. «Non potevo immaginare che, con queste premesse fallimentari, il podcast How to fail with Elizabeth Day e il libro che ne è derivato potessero mai rivelarsi le cose di maggior successo che avessi mai realizzato!».

Il podcast è stato scaricato milioni di volte. Con la presentazione del libro L’arte di saper fallire (Beat Edizioni), Elizabeth (che in passato, come romanziera, era abituata a eventi deprimenti con pochi spettatori e copie vendute) ha riempito i teatri (anche il National Theatre di Londra) di spettatori paganti. Merito di una formula semplice («Ogni volta ho un ospite cui chiedo di raccontarmi 3 fallimenti »). E di un tema che tocca ognuno di noi. Tutti falliscono, prima o poi, ma pochi riescono a farne tesoro.

«Imparare a fallire significa imparare ad avere successo più facilmente. Se ci mettiamo in ascolto, la maggior parte degli insuccessi ci insegna qualcosa su di noi. Inoltre, il successo è molto più dolce, se ottenuto a caro prezzo» spiega lei.

Ma cos’è il fallimento? «È ciò che accade quando qualcosa non va secondo i piani prestabiliti. Ma i fallimenti non sono tutti uguali. Gli olandesi hanno due parole per indicarlo. La prima è fale, che si riferisce al fallimento comune, ordinario. La seconda è pech, che si riferisce a una sfortuna esistenziale che sfugge al nostro controllo».

In base alle interviste per il podcast e alle sue esperienze personali, ecco i 7 principi della failosophy di Elizabeth Day.

Prendine atto

«Il fallimento è un fatto. L’emozione che vi colleghiamo è una cosa a sé e, almeno in parte, è sotto il nostro controllo. Il primo passo è osservarlo in modo oggettivo, senza pensare al giudizio degli altri».

Controlla i tuoi pensieri

Mo Gawdat, ex Ceo di Google X e autore del libro L’equazione della felicità (Bur), afferma che la felicità è maggiore della (o uguale alla) nostra percezione degli eventi della vita, meno le aspettative di come la vita dovrebbe essere. Insomma, se non ci aspettiamo nulla non possiamo rimanere delusi. Questo non significa non avere ambizioni, anzi. «I nostri pensieri peggiori molto spesso non ci dicono la verità. I nostri pensieri possono essere molte cose. Diamo loro lo spazio per essere meravigliosi».

Attenzione al decennio tra i 20 e i 30

«È fra i 20 e i 30 anni che molti avvertono la sensazione di avere fallito. In questo periodo più che in altri aspettative ed esperienze divergono». È il momento in cui si forgia la nostra identità e capiamo chi siamo. Dovremmo farlo in privato e invece subiamo molti condizionamenti: le aspettative dei genitori, le pressioni dei social, l’esigenza di avere uno stipendio… «Una delle frasi ispiratrici? “Ballate come se nessuno vi stesse guardando”».

Analizza le separazioni

«Orribili, certo. Ma alla domanda “Sarebbe meraviglioso stare ancora con quella persona?” nella maggior parte dei casi e per la maggior parte delle persone, la risposta è “no”. Una relazione non è un insuccesso perché finisce. Il segreto di una relazione duratura sta nel continuare a insegnarsi cose a vicenda e nel concedersi spazi per evolversi».

Fallire serve per acquisire dati

Un rifiuto non deve abbatterci, ma fornirci informazioni per capire in che cosa siamo migliorabili. Un’attrice confida a Elizabeth che i primi provini non li faceva per ottenere la parte ma… per imparare ad affrontare i provini! «Se quando ci troviamo di fronte a una crisi riusciamo a rimuovere la paura e l’ego, vedremo il fallimento per quello che è: non come qualcosa che ci definisce, ma come un’informazione mancante che ci aiuta a completare il puzzle di chi siamo veramente».

Piani quinquennali addio

«Meglio concentrarsi sul presente che su desideri a lungo termine. A meno di non poter contribuire alla propria crescita con qualcosa di pratico, ora non c’è motivo di preoccuparsi di cose che non si possono controllare. Ci occuperemo della versione futura di noi stessi… quando la incontreremo!».

Sincerità

«La cosa più preziosa che ho imparato sul fallimento è che quando siamo onesti sui nostri punti deboli, creiamo un legame profondo con gli altri e forza in noi stessi. Dimostrarsi vulnerabili è il più grande atto di forza». Non dobbiamo vergognarci: non c’è esperienza più condivisa di questa. «Più ti mostri vulnerabile di fronte al fallimento, più tempo farai risparmiare agli altri. È un gesto di generosità unico» Alain de Botton.

Tratto da Millionaire di ottobre 2021.

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L’apertura dell’articolo pubblicato su Millionaire di ottobre 2021
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