Fare l’imprenditore significa soprattutto saper comunicare

Fare l’imprenditore significa soprattutto saper comunicare

Di
Antonio Fraticelli
30 Novembre 2023

Nel contesto lavorativo, la competenza linguistica, ovvero la capacità di parlare una o più lingue, rappresenta una caratteristica essenziale delle risorse umane altamente qualificate. Inoltre, le strategie di internazionalizzazione hanno portato molti imprenditori italiani ad apprendere l’inglese con lobiettivo di accrescere le opportunità di business all’estero. Tuttavia, recenti studi rivelano che conoscere bene una seconda lingua può beneficiare la crescita professionale e il giro d’affari anche se non si è attivi a livello internazionale.

Secondo quanto dichiarato dal docente di psicologia della University of Chicago, David Gallo, intervistato da CNBC Make It, pensare in un’altra lingua migliorerebbe due delle cosiddette soft skill: il pensiero critico e la memoria.

Le soft skill sono abilità che vanno oltre le competenze tecniche e specialistiche, spaziando dalla creatività al lavoro di squadra. Queste abilità sono sempre più ricercate nelle nuove professioni, poiché coloro che le possiedono dimostrano maggiore capacità di adattamento, un requisito fondamentale in un mondo sempre più versatile.

Ogni soft skill apporta un suo beneficio in azienda, che sia la capacità di lavorare in team, il problem-solving o la gestione dello stress. Ma come possono contribuire in particolare il pensiero critico e la memoria al successo in azienda?

In sintesi, queste due abilità tornano utili nel processo decisionale, un’attività quotidiana di ogni dirigente da cui dipende il successo o il fallimento di un progetto. Possedere pensiero critico permette di analizzare in profondità le informazioni per giungere a riflessioni più accurate. I dati raccolti da ZipRecruiter evidenziano che il pensiero critico (39%) rappresenta una delle competenze che, manca alla maggior parte dei candidati, piazzandosi al terzo posto dopo la gestione del tempo (47%) e la professionalità (43%).

Tuttavia, è importante notare che queste valutazioni e dialoghi interni avvengono solitamente nella lingua materna. Il pensiero nella propria lingua, per quanto naturale, può comportare dei limiti. Poiché è più familiare, il nostro giudizio potrebbe risultare meno obiettivo. Secondo gli studi condotti da Gallo e il collega Boaz Keysar, il pensiero nella lingua madre è più suscettibile a bias e incline a commettere errori dovuti all’influenza dei nostri pregiudizi inconsci.

D’altra parte, il pensiero nella lingua straniera ha meno vocaboli ed è quindi più immediato. Di conseguenza, è più veloce e concentrato sugli aspetti più razionali; il tutto si traduce in decisioni più logiche e misurate. Inoltre, il pensiero bilingue ha benefici anche sulla memoria. Una buona memoria è segno di un cervello in salute, e l’apprendimento delle lingue può ritardare l’invecchiamento cognitivo. Infatti, le possibilità di rievocare falsi ricordi e di cadere vittima della disinformazione si riducono significativamente.

In base al contesto, è fondamentale quindi saper elaborare le informazioni in modo critico ed obiettivo. Questa abilità non solo migliora la qualità delle decisioni prese, ma riduce il rischio di essere influenzati da informazioni fuorvianti o non veritiere. Nel mondo odierno, in cui l’accesso alle informazioni è abbondante, il pensiero critico diventa un baluardo contro la disinformazione e le decisioni affrettate.

In conclusione, il possesso di una seconda lingua e l’uso del pensiero critico in tale lingua non solo arricchiscono il patrimonio delle soft skill di un individuo, ma offrono anche vantaggi significativi nella crescita professionale e nel processo decisionale. La consapevolezza di queste potenzialità può influenzare il modo in cui consideriamo l’apprendimento di lingue straniere e il pensiero critico, incoraggiandoci a sfruttare appieno il potenziale che entrambi possono offrire.

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