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Founder di AdEspresso ripartono dopo l’exit. Raccolgono 5,4 milioni con una nuova startup. Capitale italiano: «Le navi non sono costruite per stare in porto»

Di
Redazione Millionaire
12 Maggio 2021

Hanno creato la startup AdEspresso, l’hanno fatta crescere, l’hanno venduta. E sono ripartiti. Nel pieno della pandemia. Hanno appena raccolto 5,4 milioni di dollari. Loro sono Armando Biondi e Massimo Chieruzzi. Imprenditori seriali. La loro ultima avventura si chiama Breadcrumbs. «E ci piacerebbe fosse ancora più grande della prima».

Flashback: nel 2012 i due italiani si conoscono al Web Summit di Dublino. Da zero, un anno dopo, fondano la startup AdEspresso. Raccolgono fondi, la fanno crescere e la portano all’exit. La vendono alla piattaforma multinazionale canadese Hootsuite. Era il 2017 ed è stata la più grande acquisizione dell’anno per l’Italia. Importo non devulgato, ma la cifra era a sette zeri. Restano in azienda 4 anni, come nella migliore delle tradizione delle startup.

«Il nostro focus era far funzionare l’acquisizione e non avevamo idea di cosa avremmo fatto dopo». Poi a novembre 2020 escono e in pieno Covid, in due mesi, ci riprovano e creano un’altra startup, Breadcrumbs (https://breadcrumbs.io). Da zero. Il Ceo Armando Biondi ha spiegato:

«Una nave in porto è sicura ma non è per questo che sono state costruite le navi»

Breadcrumbs («briciole di pane, perché ci piace l’idea di seguire le briciole, gli indizi per trovare i migliori clienti») ha un anno di vita e ha appena raccolto 5,4 milioni di dollari. È una Company americana, la sede è a San Francisco ma la bella notizia è che dentro c’è molta italianità. Non solo nei fondatori. A credere in loro ci sono investitori italiani. Il round è guidato da Blue Canyon, ma dentro ci sono il fondo Primo miglio di Gianluca Dettori, Andrea Rota e Paola Bonomo (due dei nomi più conosciuti dell’angel investing italiano), Massimo Sgrelli e Luigi Bajetti con LombardStreet, Lorenzo Thione con Gaingenls, Matteo Daste, uno dei fondatori di BAIA e molti altri. «Molti sono ormai amici di lunga data che già avevano investito in noi. Molti avevano perso l’occasione di AdEspresso e ora hanno voluto essere con noi dall’inizio» ci racconta Massimo Chieruzzi, CMO e Co-Founder (foto sotto).

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«La nostra storia insegna che non dobbiamo sempre lamentarci dell’Italia. È un paese con molti problemi ma anche tante risorse, soprattutto dal punto di vista umano. Bisogna essere pragmatici. Alcune cose ha senso farle in Italia. Altre no. Per dimensioni del mercato, burocrazia… Bisogna pensare globalmente ma al tempo stesso valorizzare quanto di buono ogni nazione ha da offrire».

Cosa fa esattamente Breadcrumbs?

«Facciamo Lead scoring. In pratica, analizziamo tutte le fonti dati di un’azienda (marketing, CRM, customer support) e cerchiamo di capire quali dei suoi lead (ossia persone interessate al prodotto) hanno un alto potenziale. E quali no. Lo facciamo studiando chi sono, dove lavorano (quale industry? In una società grande? Che ruolo hanno?) e come si comportano (hanno visitato la pagina pricing? Hanno aperto le mail?). Si tratta di un’attività a metà strada tra il marketing e la vendita».

Storia nella storia

Di Terni, Massimo è da sempre un nerd. «A 14 anni sono stato il più giovane denunciato in Italia per crimini informatici». Arriva a Milano 20 anni fa per studiare, poi si mette a lavorare come giornalista a Newton. Siamo in pieno boom dot com. Fonda Creative Web nel 2000, una web agency durata fino al 2013 quando inizia l’avventura di AdEspresso. A quel punto la chiude, sposta tutti i ragazzi sul nuovo progetto e riparte.

Armando, un passato segreto da fisioterapista e speaker radiofonico, da 10 anni vive a San Francisco. Prima di AdEspresso aveva un’altra startup tech: Pick1. Ha investito in più di 160 startup ed è nel board di MailUp (recentemente ribattezzata Growens), società quotata sull’AIM. Con loro c’è anche Gary Amaral, che è a Toronto e che in Hootsuite si occupava proprio di costruire il modello di Lead scoring.

Il modello? È quello di essere un’azienda distribuita.

«Con AdEspresso abbiamo preso quello che nel mondo delle startup si chiama “modello Capobianco” e lo abbiamo perfezionato. Tecnicamente si dice reverse outsourcing/offshoring. Funziona così. Invece di mantenere il mercato locale e spostare risorse all’estero per ridurre i costi e massimizzare i profitti, espandi al mercato globale e assumi risorse locali to elevate the talent + maximize revenue (per elevare il talento e massimizzare i ricavi). C’è gente che ancora in Italia attribuisce l’aumento dei compensi delle risorse tecniche alle hiring policies aggressive che abbiamo usato dietro le quinte. Siamo stati molto aggressivi per far crescere il team. In un mercato dove lo sviluppatore medio prendeva 1.800 netti al mese (circa 34 mila lordi l’anno), abbiamo iniziato a offrire 55mila lordi all’anno alle figure junior e 75mila ai senior. E alla fine il mercato si è adeguato per non farsi fregare da noi tutti gli sviluppatori».

«Con questi fondi assumeremo. Siamo già a 15 dipendenti, di cui 6 sono sviluppatori italiani. Abbiamo richiamato gente dall’estero (Enzo D’Onofrio che si era trasferito a Londra) e ieri abbiamo aperto altre due posizioni».

«La cosa interessante è che con Breadcrumbs ci sembra di contribuire a creare un nucleo che sia “silicon valley style”, ma nostrano».

Ha ancora senso San Francisco?

«Si, c’è da scommetterci che ripartirà a settembre. Magari sarà sempre più late stage che non startup. Per chi fa startup all’inizio i costi sono proibitivi» commenta Armando. «Io preferisco di gran lunga vivere a Milano. Ma sicuramente AdEspresso non sarebbe mai diventata la bella storia che è stata se fossimo rimasti in Italia» conclude Massimo.

 

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