Una nuova eroina per il clima: Hilda
Nel cuore della Scozia, precisamente a Dumfries, è nata Hilda, una vitellina che potrebbe diventare la nuova eroina nella lotta al cambiamento climatico. Ma non aspettatevi di vedere una mucca robot o niente di ‘particolare’; il suo superpotere risiede nel ridurre le emissioni di metano, un gas serra ben più potente della CO₂.
Il progetto Cool Cows e la nascita di Hilda
Hilda è il frutto di una fecondazione in vitro (IVF) realizzata dal Cool Cows Project, un’iniziativa dello Scotland’s Rural College (SRUC) volta a selezionare bovini con una minore produzione di metano. La mandria di Langhill, a cui appartiene Hilda, è monitorata da oltre 50 anni ed è al centro di programmi di miglioramento genetico.
Il professor Richard Dewhurst, a capo del progetto, ha spiegato che l’uso della IVF ha permesso di ridurre di otto mesi i tempi per ottenere una nuova generazione di manze con queste caratteristiche “green”. In pratica, Hilda e le sue future compagne potrebbero contribuire significativamente a ridurre l’impronta ecologica degli allevamenti bovini.
Il segreto della riduzione delle emissioni
Ma come fa una mucca a emettere meno metano? Il segreto sta nei batteri presenti nel rumine, la parte più grande dello stomaco dei bovini, responsabili della produzione di metano durante la digestione. Alcuni bovini possiedono una flora batterica meno incline a produrre questo gas. Selezionando geneticamente questi esemplari, è possibile ottenere mandrie più “ecologiche”.
Non un OGM, ma selezione genetica tradizionale
È importante sottolineare che Hilda non è un organismo geneticamente modificato (OGM). La sua nascita è il risultato di tecniche di selezione tradizionali, accelerate grazie alle moderne tecnologie di fecondazione in vitro. Inoltre, la fecondazione artificiale è una pratica consolidata negli allevamenti di tutto il mondo, con l’Italia che vede circa il 90% dei vitelli nascere attraverso questo metodo.
Il problema del metano e il riscaldamento globale
Il metano è un gas serra con un potere riscaldante circa 28 volte superiore alla CO₂, anche se si degrada più rapidamente, in circa 11 anni. Negli ultimi decenni, la sua concentrazione nell’atmosfera è aumentata significativamente, passando da 1.630 parti per miliardo (ppb) nel 1985 a 1.940 ppb nel 2024, con un incremento del 19% in meno di 40 anni. Dato che i bovini sono tra i principali produttori di metano a causa della fermentazione enterica dei vegetali che ruminano, ridurre le loro emissioni rappresenta una strategia efficace per contrastare il riscaldamento globale.
Quanto incidono le mucche sull’inquinamento globale?
Ma quanto incidono realmente le mucche sull’inquinamento globale? Secondo dati della FAO, il settore zootecnico è responsabile di circa il 14,5% delle emissioni totali di gas serra di origine antropica a livello globale. Di questa percentuale, il metano rappresenta circa il 44%, seguito dal protossido di azoto (29%) e dall’anidride carbonica (27%).
L’emissione di metano avviene principalmente attraverso due processi: la fermentazione enterica (ossia il metano prodotto durante la digestione dei ruminanti) e la gestione delle deiezioni animali. Un singolo bovino può emettere fino a 120 kg di metano all’anno. Considerando che il mondo ospita più di 1,5 miliardi di bovini allevati per la produzione di carne e latte, l’impatto complessivo diventa rilevante.
Metano biologico e metano fossile: una distinzione importante
Tuttavia, è fondamentale distinguere tra il metano di origine biologica e quello di origine fossile. Il metano prodotto dai bovini si degrada nell’atmosfera in circa 11-12 anni, rientrando così in un ciclo naturale. Al contrario, il metano di origine fossile, derivante per esempio dall’estrazione e dalla combustione di combustibili fossili, aggiunge nuovo carbonio all’atmosfera, contribuendo in modo più permanente all’effetto serra.
Recenti studi hanno anche evidenziato che l’impatto del metano prodotto dai bovini potrebbe essere stato sovrastimato rispetto ad altre fonti di emissioni. Nonostante ciò, ridurre le emissioni del settore zootecnico rimane una priorità per mitigare il cambiamento climatico, soprattutto considerando che la domanda di prodotti di origine animale continua a crescere a livello globale.
Un futuro sostenibile per gli allevamenti
Inoltre, in alcuni paesi, tra cui l’Italia, il numero di bovini allevati è diminuito significativamente negli ultimi decenni (-40% negli ultimi 30 anni), contribuendo a una riduzione delle emissioni. In altri paesi, invece, la crescita della popolazione e l’aumento del consumo di carne e latticini stanno spingendo verso un incremento del numero di capi allevati.
Insomma, Hilda rappresenta un passo avanti verso un’agricoltura più sostenibile. Se la selezione di bovini a basse emissioni di metano dovesse diffondersi su larga scala, potremmo assistere a una significativa riduzione dell’impatto ambientale degli allevamenti. E chissà, magari un giorno brinderemo a Hilda e alle sue compagne per aver reso il nostro pianeta un posto un po’ più verde.
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