Quello che stupisce del caso Equalize, l’inchiesta sul dossieraggio scoppiata questa settimana in Italia, non è la sua dimensione, ma piuttosto il profilo dei committenti, delle vittime, degli esecutori e dei canali pronti ad essere utilizzati. Sembra non salvarsi nessuno e non stupisce nemmeno che sia già passata in secondo piano, visto che i media probabilmente non hanno la coscienza proprio pulita.
Quello che è emerso rivela una fitta rete di accessi illeciti alle banche dati riservate, attività di spionaggio e presunti ricatti. Coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Milano e dalla Direzione Nazionale Antimafia (DNA), l’inchiesta, per ora, ha portato all’arresto di ex membri delle forze dell’ordine, informatici e hacker. Le informazioni rubate riguardavano dati personali e sensibili, usati per fini di lucro, estorsione e, in alcuni casi, anche per influenzare la politica e l’economia.
I committenti
Decine di grandi aziende e istituzioni, tra cui Eni, Barilla, Heineken, Erg, il Vaticano e persino il Mossad, avrebbero pagato Equalize per ottenere dossier riservati su dipendenti, rivali o figure di interesse. Le indagini hanno rilevato che alcuni dossier includevano dati ottenuti illegalmente tramite accessi abusivi a database.
Molti clienti non sono indagati, poiché avevano richiesto informazioni reputazionali legali, ma in alcuni casi i dati forniti da Equalize includevano informazioni ottenute con metodi illeciti senza che i committenti ne fossero a conoscenza. Tra i più rilevanti clienti, Erg ha pagato Equalize per monitorare dipendenti sospettati di utilizzare informazioni riservate per trading online, mentre Eni, che ha versato 377mila euro, risulta coinvolta in operazioni d’intelligence contro l’imprenditore Francesco Mazzagatti.
Nel settore industriale, il responsabile della sicurezza di Barilla è indagato per aver richiesto un’indagine su un manager che passava notizie alla stampa, mentre Leonardo Maria Del Vecchio, figlio del fondatore di Luxottica, è sotto accusa per presunto spionaggio su un familiare e su una ex fidanzata. Fenice srl, una società di costruzioni romana, figura come uno dei maggiori clienti di Equalize con pagamenti di circa 1,1 milioni di euro per acquisire informazioni su rivali.
Le modalità dell’accesso
Le informazioni riservate erano sottratte da sistemi come lo SDI, utilizzato dalle forze dell’ordine, e il Serpico, che monitora transazioni sospette. Questo sistema di “mercato” di informazioni ha permesso alla rete di hacker di ottenere profitti stimati oltre i tre milioni di euro.
Le intercettazioni hanno evidenziato come il gruppo si vantasse di “tenere in mano” l’intera nazione, utilizzando i dati per esercitare pressione su persone influenti, dalla politica all’imprenditoria. Secondo il gip, i dossier non erano solo raccolti per motivi di lucro, ma anche per scopi estorsivi. Alcuni dei documenti sequestrati contenevano informazioni altamente sensibili, inclusi dati classificati legati alla sicurezza nazionale, come rapporti dell’Agenzia di Informazioni e Sicurezza Esterna (AISE).
L’inchiesta ha anche messo in luce possibili legami con organizzazioni mafiose e servizi segreti, inclusi contatti internazionali. Gli indagati affermavano di poter influenzare indagini e processi, promettendo interventi in favore dei loro clienti.
L’inchiesta ha portato alla luce uno schema complesso, dove i committenti – dai grandi manager agli studi legali e figure dell’imprenditoria – richiedevano e pagavano per informazioni sensibili, destinate a influenzare situazioni personali e professionali. Questi dati venivano poi usati per diverse finalità, tra cui la gestione delle controversie interne, il controllo sui dipendenti o, in casi più delicati, per intervenire in contesti giudiziari e di business, attraverso un vero e proprio sistema di influenza e ricatto.
Una parte dei report veniva camuffata come “notizie giornalistiche” per risultare più credibile, mentre altre informazioni erano costruite ad hoc per risultare compromettenti.
Il ruolo della stampa e i meccanismi di copertura
In questo contesto, il ruolo della stampa risulta duplice. Da una parte, i media svolgono una funzione fondamentale nel portare alla luce le implicazioni e gli sviluppi dell’inchiesta, spesso sotto la pressione dell’opinione pubblica. Dall’altra, però, emerge il sospetto che alcuni giornalisti o testate possano aver agito come veicoli o complici per la divulgazione di informazioni che dovevano apparire autentiche, contribuendo indirettamente a rafforzare il sistema di dossieraggio.
Alcuni giornalisti potrebbero anche aver rappresentato un canale attraverso cui determinate informazioni sono state messe in circolazione per vantaggi o pressioni personali. Si tratterebbe di una partecipazione implicita, difficilmente dimostrabile, ma che contribuisce a un clima di sfiducia nei confronti di certi settori della stampa.
Come difendersi
Proteggersi da intrusioni e monitoraggi illeciti, soprattutto per aziende e figure esposte, richiede una combinazione di tecnologie di sicurezza avanzate, buone pratiche e consapevolezza dei rischi. Strumenti come firewall robusti, crittografia per la protezione delle comunicazioni e software anti-intrusione possono aiutare a difendere i dati sensibili, ma non sono sufficienti da soli. È fondamentale anche stabilire protocolli di sicurezza interni, sensibilizzare i dipendenti sulla gestione dei dati e monitorare regolarmente per individuare attività sospette.
Una protezione assoluta, tuttavia, è difficile da ottenere: anche le misure più sofisticate possono essere vulnerabili alle minacce interne, come collaboratori corrotti, e a tecniche d’intrusione avanzate. In alcuni casi, è utile affidarsi a professionisti della cybersicurezza e a sistemi di monitoraggio che rilevano violazioni in tempo reale. La trasparenza sui rischi e un approccio multidisciplinare sono quindi necessari per mitigare le vulnerabilità, anche se la sicurezza totale, soprattutto contro attacchi sofisticati e su misura, resta una sfida.
L’inchiesta è tuttora in corso, e tra le priorità degli inquirenti vi è la mappatura completa dei committenti, dei loro interessi e del flusso dei profitti, per definire con precisione i destinatari finali di queste informazioni. Il governo, insieme alle autorità giudiziarie, sta valutando misure di controllo più severe sui database nazionali e una riforma normativa che regoli la raccolta, la conservazione e l’uso dei dati, mirando a proteggere maggiormente la privacy e la sicurezza dei cittadini.
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