Italiani e condivisione dati

In Italia non ci fidiamo della pubblica amministrazione

Di
Melania Guarda Ceccoli
31 Agosto 2022

Da un rapporto VMware emerge che quando si tratta di pubblica amministrazione e dati sensibili gli italiani non sono conviti che la condivisione sia una buona soluzione

Una recente analisi ha affermato che Google traccia molti più dati privati degli utenti rispetto alle altre big tech. Secondo quanto riferito Google traccia 39 diverse tipologie di dati per utente, Apple ne traccia 12, Facebook 14, Amazon ne traccia 23 e Twitter 24. Lasciamo i nostri dati nel mondo online, ma quando si parla di pubblica amministrazione, la paura dei consumatori arriva a gran velocità.

Sì perché il 61% dei consumatori (il 49% in Italia) ha paura o non si sente a proprio agio nel condividere i propri dati personali quotidiani per aiutare il settore pubblico e le aziende a progettare infrastrutture più intelligenti ed ecologiche, anche se questi dati vengono anonimizzati e aggregati. E solo il 13% (il 18% degli italiani) è entusiasta della prospettiva di un’ombra digitale (“digital shadow”) della città in cui vive, che potrebbe migliorare l’efficienza dell’ambiente che lo circonda.

È emerso inoltre che più della metà (55%, stessa percentuale dell’Italia) dei consumatori ritiene che le Istituzioni non siano chiare nell’utilizzo della tecnologia e dei servizi digitali per i cittadini. Tanto che meno di 1 su 5 (19%) si fida delle istituzioni per migliorare il “livello personale di alfabetizzazione digitale“. In Italia la percentuale addirittura diminuisce, toccando solo il 10%.

Peccato che questo crei un grande ritardo nel progresso. Perché se ci si sofferma solo sui titoli negativi che si leggono sui giornali riguardo alla perdita dei dati, non si scopre che con quegli stessi dati si potrebbe migliorare in tante cose: dall’assistenza sanitaria alla creazione di reti energetiche più efficaci, dalla riduzione dei costi dei servizi pubblici allo sviluppo di un ambiente più sostenibile per tutti, i dati utilizzati in modo appropriato possono essere una forza immensamente potente per il cambiamento.

 

Europa: priorità assoluta a interoperabilità e connessione dei dati

Recentemente, la Commissione europea ha aperto la seconda serie di call per la sottomissione delle proposte Europa Digitale. Un programma che prevede un investimento di oltre 249 milioni di euro in diversi settori: data space, infrastruttura blockchain europea, corsi di formazione per competenze digitali avanzate, soluzioni digitali per migliorare i servizi governativi, progetti che sperimentano l’uso dell’intelligenza artificiale per combattere il crimine e strutture per la sperimentazione di questa tecnologia. Tutto questo è tuttavia mitigato dal desiderio dei Governi di mantenere i dati all’interno del Paese, o al massimo in Europa, e di non farli circolare al di fuori dei confini.

Già nel 2020, il Regno Unito aveva pubblicato la sua strategia nazionale sui dati, con l’obiettivo di rendere più efficiente l’utilizzo dei dati da parte del Governo e di migliorare i servizi pubblici sulla base di un’infrastruttura di dati adeguatamente protetta, integrata e interoperabile. In Germania, invece, il Governo federale ha lanciato un programma nazionale per modernizzare il panorama dei dati del settore pubblico.

Se guardiamo allo scenario nazionale, sono arrivati proprio in questi giorni i risultati della consultazione pubblica relativa alle Linee Guida sull’apertura dei dati e il riutilizzo dell’informazione del settore pubblico. L’obiettivo delle Linee Guida è fornire a tutte le amministrazioni chiare e necessarie indicazioni per gestire in modo adeguato, dalla loro entrata in vigore in avanti, la pubblicazione di Open Data.

 

Ma cosa preoccupa il cittadino?

  • Il 69% è preoccupato per il ruolo che la tecnologia svolge nella diffusione della disinformazione.
  • Solo il 12% ritiene che le aziende e le pubbliche amministrazioni siano sufficientemente chiari sulle tecnologie che utilizzano e su come le utilizzano.
  • Il 44% esprime preoccupazione per la sicurezza delle proprie tracce digitali online.

Insomma, le cose devono cambiare, in modo che i cittadini si sentano più sicuri dell’utilizzo dei propri dati, che verranno gestiti in modo sicuro e sensibile, mentre le istituzioni dovranno dimostrare di essere affidabili con i dati dei consumatori e di usarli per scopi positivi.

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