L’autogol del governo italiano sulle tariffe aeree

L’autogol del governo italiano sulle tariffe aeree

Di
Francesco Ragni
20 Agosto 2023

Prendiamo un supermercato e una compagnia aerea. Sebbene siano business molto diversi, hanno almeno una cosa in comune: vendono generi deperibili. Lo yogurt che scade domani, se non venduto, dovrà essere regalato o mandato al macero. Analogamente, un posto nel volo di domani sera da Londra e Roma, se non venduto prima della partenza, sarà perduto per sempre.

Eppure, le due aziende, quando la data di scadenza si avvicina, agiscono in modo diametralmente opposto. Il supermercato applica uno sconto significativo secondo la filosofia che qualunque ricavo è meglio di zero. Sembra sensato. Le compagnie aeree, invece, aumentano il prezzo. Una tattica contro-intuitiva, ma molto efficace, come sanno bene gli operatori del settore.

Questa circostanza da sola dovrebbe fare capire che il pricing del trasporto aereo va considerato con molta cautela, e che provvedimenti legislativi volti a “regolarlo” sono destinati ad avere un impatto a catena con esiti inaspettati.

I governi italiani di qualunque colore hanno sempre dimostrato scarsa comprensione del settore dell’aviazione. Lo stillicidio causato dall’Alitalia, decenni e decenni di perdite colossali a danno dei contribuenti, ne è la testimonianza più evidente. Ma in questi giorni il governo Meloni, probabilmente mal consigliato, ha raggiunto un nuovo picco, emanando un decreto legge che impone limiti agli incrementi tariffari effettuati dalle compagnie aeree sulle rotte verso Sicilia e Sardegna. 

L’intento politico e sociale è più che comprensibile. In periodi di altissima stagione (come il mese di Agosto) un volo da Palermo a Roma può costare più di un volo intercontinentale, mentre le alternative al viaggio aereo sono limitate e lente. Il popolo si lamenta e il Governo risponde. Ma imporre un controllo dei prezzi in questo modo è la soluzione sbagliata. Vediamo perché.

Il primo motivo è legato alle caratteristiche intrinseche del trasporto aereo, un settore con una competitività elevata, grandi incertezze, ed una profittabilità molto bassa. Per sopravvivere e prosperare i vettori hanno sviluppato tecniche di pricing sofisticate che permettono loro di variare dinamicamente le tariffe in linea con l’andamento della domanda. In gergo si chiama “Revenue Management”.

Non è una cosa recente. Il primo di questi sistemi fu sviluppato da American Airlines nel 1985, quasi quarant’anni fa, quando Internet non esisteva e la parola “algoritmo” era nota solo a matematici e informatici. 

Da allora lo sviluppo e l’adozione dei sistemi di Revenue Management è stata esponenziale, e sarebbe impensabile oggi per un vettore non utilizzarli. Questi sistemi, manovrati da analisti esperti e alimentati da terabytes di data, riescono a stimare l’elasticità della domanda (ovvero come cambia la domanda al variare del prezzo) per ogni singolo volo, determinando il pricing ottimale per massimizzare il profitto. A ciascuna categoria di clienti viene mostrata la tariffa più alta che quelle persone, in quel preciso momento, sono disposti a pagare. 

Se si impone un tetto alle tariffe massime, cambiano le economics della rotta. Le compagnie aeree cercheranno di rimodulare i loro sistemi e i processi in modo da mantenere lo stesso ricavo medio nel corso dell’anno. In pratica, se in alta stagione in prezzi saranno calmierati pagheremo di più durante tutti gli altri periodi. 

Ma c’è un rischio peggiore. Se con il tetto alle tariffe la rotta smette di essere profittevole, le compagnie sposteranno i loro aerei su altre destinazioni. Risultato: meno voli per siciliani e sardi.

Se ITA è stata silenziosa, trovandosi in una posizione delicata (è ancora posseduta dal governo), la reazione di Ryanair all’annuncio del Governo è stata furiosa: “Decreto ridicolo”, ha detto Eddie Wilson, il CEO del vettore low-cost, “A Malta, Cipro, le Canarie stanno esultando. Sanno che noi voleremo più verso di loro piuttosto che essere prigionieri in Italia.”

Un decreto “sovietico”, lo ha definito Wilson, facendo peraltro notare che va contro il regolamento 1008 dell’Unione europea che lascia le compagnie libere di fissare i prezzi. Insomma, inefficace e persino illegale. 

L’altra novità del decreto è il divieto di fissare le tariffe in base “alla profilazione web degli utenti o sul dispositivo usato”. Qui entriamo in un campo oscuro, secondo il quale le compagnie, usando cookies e altre diavolerie, mostrerebbero tariffe diverse a un utente con l’iPhone 14 rispetto a un altro che si collega con un vecchio desktop IBM, un po’ come Netflix propone a ciascuno di noi film e serie diverse.

Verità o leggende metropolitane? Da esperto del settore e docente di aviazione posso dire che ad oggi non esistono evidenze chiare sull’utilizzo di pratiche di questo tipo, almeno in Europa, e al momento non si vede la necessità di una norma di questo tipo.

La soluzione proposta dal Governo Italiano è frutto di incompetenza e demagogia. Tutti possiamo concordare sul fatto che è necessario proteggere il diritto di movimento degli isolani, per i quali il trasporto aereo è spesso l’unica soluzione. Ma invece di inserire distorsioni al libero mercato, si possono cercare altre soluzioni, come appalti dedicati (in gergo “Public Service Obligations”), una soluzione prevista dall’UE e utilizzata in molti paesi, dalla Grecia alla Spagna. 

Oppure si potrebbe pensare a migliorare le infrastrutture dell’isola, la cui fragilità è emersa drammaticamente quest’estate con l’incendio di un terminal a Catania. Una considerazione che dovrebbe fare riflettere anche sull’idea malsana di costruire un Ponte sullo Stretto quando la priorità dovrebbe essere quella di investire per migliorare la viabilità interna nell’isola, in certi punti ancora borbonica.

Ci auguriamo che il decreto venga modificato per essere più realistico ed efficace. Rimane il rimpianto di vedere come il nostro paese non sia riuscito ad avere una propria compagnia aerea low-cost, al contrario di paesi con economie meno sviluppate della nostra, come l’Irlanda (Ryanair) e l’Ungheria (Wizzair). Questa, forse, sarebbe stata l’unica vera soluzione contro il caro prezzi.

 

Articolo di Francesco Ragni, docente di Aviation Management all’University of West London

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