Jam Ambrosetti ci rivela l’importanza di confrontarsi con le nuove generazioni nei gruppi di lavoro: non per attrarle a sé, ma per ritrovare sé stessi e migliorare la competitività.
Quando siamo vicini ad un grande passo, siamo in bilico. Tra il tremore delle gambe e il sogno di ciò che sta per accadere, tra la voglia di scoperta e la tentazione fisica di non andare avanti per malinconia e paura. Il cambiamento si rivela sempre così, ci sfida come persone, organizzazioni, sistemi, camuffandosi e portando con sé mille ragioni per non accoglierlo. La ricerca prodotta da Jam di The European House – Ambrosetti che indaga il rapporto delle diverse generazioni con il lavoro vuole offrire ad aziende e lavoratori gli elementi e gli strumenti per accettare questa sfida e governare il cambiamento che porta con sé. Dal nostro punto di vista i giovani fino ad oggi hanno giocato un ruolo da “rockstar a metà” a cui, in troppe occasioni, non è stato dato un palco, né un microfono; ma dei quali però, un po’ retoricamente, si è cercato un autografo da esibire. La nostra missione è proprio questa: accendere luci e volume dentro le organizzazioni.
Un ring per allenare i “muscoli”
Quindi, forte e chiaro: l’atteggiamento suggerito per migliorare – come aziende e gruppi di lavoro – è ascoltare i giovani; non necessariamente per attrarli a sé, ma, cosa più urgente, per ritrovare sé stessi e guadagnare in termini di competitività. Confrontarsi con loro è oggi il ring più credibile per allenare i muscoli.
Perché sì, essere organizzazioni proiettate nel futuro è tutta una questione fisica. Bisogna avere sostanzialmente due capacità: la prima è muoversi rapidamente, la seconda è sapere verso quale direzione. La rapidità è necessaria per sopravvivere, ma anche doverosa moralmente. I giovani credono in ciò che toccano con mano, per cui non c’è altra strada per farsi capire che quella di agire, e subito. Occorre attivare progetti chiari e brevi, spostando l’asticella dalle aspettative di riuscita verso quelle di sperimentazione.
Aziende, raccontate anche i vostri fallimenti
Farlo significherebbe avere tante iniziative da cui poter generare ancor più occasioni di apprendimento. Non si tratta di un fine, troppo spesso associato a un racconto di missione salvifica, ma di semplice consapevolezza. Le organizzazioni hanno la possibilità di raccontare i propri limiti, e non solo i propri ideali; le proprie storie di fallimento e non solo quelle di successo; il proprio orgoglio e non il sogno di qualcun altro. L’agognata strada della memorabilità non è fatta di effetti speciali, ma di una forte identità, di una scelta di campo da sostenere e difendere e di cui accettare anche i detrattori. In tal senso, innovare non è sempre il contrario di conservare. Semmai è un fratello maggiore: progettare il futuro passa necessariamente da una forte presenza identitaria.
Articolo pubblicato su Millionaire aprile 2023