Si scrive IoT, si legge futuro. Questo acronimo sta conoscendo una nuova primavera. Per esteso è Internet of Things, ovvero Internet delle cose. Il termine indica il dialogo intelligente tra applicazioni e oggetti: secondo Accenture da oggi al 2020 varrà circa 14 trilioni di dollari nell’economia globale e si svilupperà soprattutto nei campi di mobilità, salute, domotica, food e sostenibilità ambientale.
Le api Hi-Tech
Case più sicure, città più intelligenti, aziende più efficienti: vere e proprie piattaforme per il cambiamento. Le api hi-tech. Proprio all’ambiente si dedica una startup trentina messa in piedi da cinque ingegneri e che ha letteralmente portato Internet alle api. Si chiama Melixa ed è un sistema di monitoraggio intelligente per l’apicoltura, che permette un controllo dell’apiario: il sistema misura il peso dell’arnia, il numero delle api, le temperature, la quantità di pioggia caduta. «Tutto può essere controllato direttamente online» afferma Andrea Rossini, ingegnere 38enne e uno dei fondatori della startup. Così le api diventano termometri viventi dell’ecosistema nel quale vivono.
Dalle montagne del Nord Italia alla costa adriatica
Tra Ancona e Pescara un gruppo di cinque ex compagni di università ha deciso di fare impresa con l’Internet of Things. Il team si chiama Apio (2) e ha realizzato il primo estintore connesso al mondo: «In ogni istante si autocontrolla e si può sapere se funziona o se viene rubato o danneggiato. Inoltre ha un sensore di temperatura al suo interno: sopra i 60 °C si attiva, generando un suono e un laser, in modo che in caso di incendio si possa comunque avere un riferimento luminoso» racconta Alex Benfaremo, 24enne marchigiano, cofondatore della startup insieme a Matteo Di Sabatino, Alessandro Chelli, Lorenzo Di Berardino. L’idea è nata proprio nella cucina del loro appartamento universitario. «Oggi nessuno può fare a meno di Internet e connettere gli oggetti è la naturale evoluzione per contribuire a migliorare il mondo».
La serra intelligente
Nasce a Roma una rete di imprese che sta scalando l’interesse di mezzo mondo: si tratta di Fonderie Digitali (3) e a metterla in piedi sono stati quattro imprenditori hi-tech tra i 35 e i 40 anni. «Siamo nati dopo la Maker Faire di Roma del 2014. La rete è composta da 16 aziende e altre 24 lavorano già con noi in attesa di entrare. La rete permette alle varie realtà di rimanere autonome, ma di partecipare a commesse più vaste e di scalare su progetti internazionali» racconta Pietro Gabriele, cofondatore insieme a Filippo Moroni, Vittorio Arenella e Francesca Lucà. La creatura di cui vanno orgogliosi è Ortotica, di fatto una serra intelligente. «Si tratta di un sistema di sensoristica che effettua un controllo reale di tutti gli apparati».