I primi dati rilevati dal settore hospitality italiano in questa estate 2024 sono certamente positivi. Nonostante i problemi di sovraffollamento di alcune destinazioni, polemiche sulla legge dei balneari e prezzi impazziti, la stagione sembra aver rispettato le più rosee previsioni, anche per quello che è l’impatto sul lavoro. Lavoro che risente di alcune caratteristiche tipicamente italiane che, dati alla mano, sembriamo incapaci di abbandonare: mancanza del personale, personale sottopagato (quando non in nero) e forte stagionalità. Stagionalità in un paese che potrebbe permettersi di essere ‘destinazione’ per 10 se non 12 mesi l’anno.
Di positivo c’è che qualcosa si muove e alcuni lavori diventano sempre più riconosciuti a livello professionale (ed economico) e nascono nuove professioni impensabili pochi anni fa.
La crescita dell’industria turistica italiana, infatti, si evolve anche con l’introduzione di nuove figure legate all’innovazione tecnologica e alla sostenibilità.
Questo mix di luci e ombre delinea un futuro che richiede strategie attente e innovative per affrontare le sfide e sfruttare appieno le opportunità.
Un panorama in evoluzione: innovazione e sostenibilità
La trasformazione del settore dell’hospitality è guidata da due forze principali: la tecnologia e la sostenibilità. Secondo il report di Randstad Research, il turismo del prossimo decennio vedrà l’affermarsi di nuove figure professionali che integrano l’uso di tecnologie avanzate con un approccio sempre più sostenibile. Tra queste, spicca la figura del destination manager, un professionista che potrebbe utilizzare (anche) intelligenza artificiale e realtà aumentata per promuovere destinazioni turistiche in modo innovativo, collaborando strettamente con le comunità locali per adottare pratiche di turismo responsabile. Possibilmente non sempre le stesse già sovraffollate.
Parallelamente, emergono ruoli come il gestore di centri per workation, che crea ecosistemi ideali per il lavoro remoto in contesti ispirazionali (al momento è più una speranza o una velleità, ma ci sono segnali positivi), e l’esperto di turismo sostenibile, che guida i viaggiatori verso pratiche più responsabili, collaborando con le comunità locali per preservare le risorse naturali e culturali delle destinazioni. Questi nuovi profili riflettono una trasformazione del settore che mira a rispondere alle esigenze di un turismo sempre più consapevole e tecnologicamente avanzato.
La sfida della precarietà e della carenza di personale
Nonostante l’evoluzione delle figure professionali, il settore continua a lottare con problemi cronici come la precarietà del lavoro. Nel 2024, oltre il 70% dei lavoratori nel turismo è impiegato con contratti a tempo determinato o stagionale, una situazione che sottolinea la natura ciclica dell’industria e la sua dipendenza dai picchi stagionali. Questa precarietà, combinata con le basse retribuzioni e le condizioni di lavoro spesso non attrattive, rappresenta una delle principali cause della difficoltà nel reperire personale, specialmente tra i giovani.
Il rapporto dell’Osservatorio Assolavoro Datalab evidenzia come il settore hospitality in Italia impieghi circa 380.000 addetti distribuiti tra oltre 76.000 imprese, con una predominanza di microimprese che rappresentano il 51,5% del totale degli occupati. Solo il 6,4% degli addetti lavora in grandi imprese con più di 250 dipendenti, una frammentazione che contribuisce alla difficoltà di stabilizzare la forza lavoro.
Un mercato del lavoro in fermento
Il 2024 ha visto una domanda senza precedenti di lavoratori stagionali, con una stima di 240.000 posizioni aperte nel settore turistico, di cui oltre 400.000 se si include la ristorazione. Le figure più ricercate includono camerieri, cuochi, baristi e animatori, con una particolare richiesta di personale con esperienza pregressa nel settore. Tuttavia, circa il 49,2% delle aziende lamenta ancora difficoltà nel trovare candidati adeguati, un problema che, sebbene leggermente attenuato rispetto al 2023, continua a rappresentare un ostacolo significativo per il settore.
La necessità di formazione e sviluppo delle competenze
La formazione continua è cruciale per affrontare la carenza di competenze nel settore. Secondo un’analisi del Censis, la mancanza di personale qualificato in Italia costa al paese circa 28 miliardi di euro, con 316.000 posti vacanti in vari settori, incluso l’hospitality. Questa carenza è particolarmente evidente nelle professioni emergenti, dove le competenze richieste sono spesso più avanzate rispetto a quelle offerte dal mercato del lavoro.
Le aziende devono quindi investire maggiormente nella formazione del personale, non solo per colmare il gap di competenze, ma anche per rendere il settore più attrattivo per i giovani lavoratori. La possibilità di crescita professionale, la flessibilità lavorativa e la qualità della formazione offerta sono fattori chiave che possono influenzare la decisione dei lavoratori di rimanere o cambiare lavoro.
Un settore in cerca di equilibrio
Il settore dell’hospitality in Italia nel 2024 rappresenta un microcosmo delle sfide e delle opportunità che caratterizzano l’economia del nostro Paese. Da un lato, l’innovazione tecnologica e la sostenibilità offrono nuove strade per lo sviluppo; dall’altro, la precarietà del lavoro e la carenza di personale qualificato minacciano di rallentare questo progresso. Per affrontare queste sfide, le aziende dovrebbero adottare un approccio più integrato, investendo in formazione, migliorando le condizioni di lavoro e sfruttando le nuove tecnologie per rimanere competitive in un mercato globale in rapida evoluzione.
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