refurbed ricondizionati

Così abbiamo creato il marketplace dei ricondizionati

Di
Tiziana Tripepi
8 Giugno 2020

«Lavoravo in Amazon, in Germania, nel settore dei prodotti elettronici, quando mi hanno chiesto di sviluppare il “Certified Refurbished Program”, programma che si occupa di vendita di prodotti rigenerati, che esisteva già negli Stati Uniti. Ben presto, però, mi sono accorto che Amazon non aveva alcun interesse a investire in questo settore e che questo programma veniva utilizzato solo come “specchietto per le allodole” per attirare clienti sul sito e portarli ad acquistare il nuovo». Kilian Kaminski, 29 anni, è il founder insieme a Peter Windischhofer e Jürgen Riedl, di Refurbed, il marketplace dei dispositivi elettronici ricondizionati. In tre anni dalla sua nascita l’azienda ha superato 100mila clienti in 4 Paesi e un anno fa è arrivato anche in Italia.

Com’è nata l’idea di Refurbed?

«L’occasione si è presentata quando nel 2016 ho rivisto Peter Windischhofer, un austriaco che avevo conosciuto a Shanghai durante un master sulla sostenibilità. Peter, che a quei tempi lavorava in McKinsey, aveva appena comprato da un privato un telefono usato, senza garanzia. Il telefono si era rotto dopo due settimane e lui non ha ricevuto i suoi soldi indietro. Sia io sia Peter abbiamo pensato: dev’esserci un’”opzione migliore”. E l’opzione stava nella vendita di prodotti rigenerati».

Dove acquistate i dispositivi che poi vendete sul marketplace?

«Il canale principale è quello delle grandi aziende e delle banche, che di tanto in tanto sostituiscono gli smartphone dei loro dipendenti e vendono i vecchi. Ne vendono grandi quantità, anche diverse migliaia, e si riesce a spuntare un buon prezzo. Il secondo canale è costituito dalle società di telecomunicazione, che vendono ai loro clienti telefoni nuovi ritirando i vecchi. Infine i privati».

Come funziona il processo?

«Facciamo convogliare tutti questi dispositivi presso i nostri partner, i laboratori di ricondizionamento, tutti di altissima qualità. Questi li fanno tornare come nuovi, poi li vendono sul nostro marketplace. Il ricavato va a loro, noi tratteniamo una commissione del 10%».

Quanto avete investito?

«Ognuno di noi soci ha messo 20mila euro (e tanto lavoro). Abbiamo ricevuto un primo finanziamento di 25mila euro dal governo austriaco, poi altri dello stesso importo, via via che raggiungevamo le milestone, per un totale di quasi 200mila euro. Infi ne, due round di investimento: uno di 250mila euro da parte di business angel e uno di 2 milioni di euro alla fine del 2018».

Che difficoltà avete incontrato?

«Per vedere se il modello che proponevamo funzionava, abbiamo cominciato a vendere subito e chiedevamo ai nostri clienti cosa ne pensassero dell’acquisto. I loro feedback ci sono stati utilissimi a migliorare il servizio e a modificare l’idea iniziale. La parte più difficile è stata proprio questa».

Dopo Austria e Germania, i primi mercati in cui avete aperto sono Polonia e Italia. Perché?

«Abbiamo cominciato con i mercati più grandi in termini di abitanti e in cui gli stipendi medi sono inferiori alla media europea. In Italia, in particolare, c’è la tendenza ad avere il telefono di ultima generazione e cool, dunque la possibilità di acquistare rigenerato, di una o due generazioni precedenti, risparmiando il 40%, è comunque un’occasione ghiotta. A questo si aggiunge l’interesse per il tema della sostenibilità. Prova ne è che l’Italia è il mercato a crescita mensile più rapida».

INFO: www.refurbed.it

Tratto dall’articolo “Non tenere quel vecchio cellulare nel cassetto (fanne un business)” pubblicato su Millionaire di marzo 2020.

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