Fuori centinaia di persone sotto la pioggia (turisti, giovani e studenti) in fila per un caffè. Dentro la location di Starbucks più bella del mondo. È il primo store italiano, format Roastery, diversissimo da tutti gli altri, il più grande dopo Shanghai. 2.300 metri quadrati, due piani, design mozzafiato.
Un sogno che si realizza per Howard Schultz, l’artefice di tutto questo. La sua è una storia incredibile: figlio di un camionista, cresciuto nelle case popolari di Brooklyn, a 12 anni ha iniziato a lavorare in una caffetteria. Ha fatto la gavetta, ha risparmiato, si è pagato gli studi. Diventando il primo laureato della sua famiglia. È entrato in Starbucks come direttore vendite. Nel 1983 ha visitato Milano ed è rimasto affascinato dall’atmosfera dei bar italiani. Ha replicato la ricetta del cappuccino, triplicato le vendite in un anno, creato 29mila caffetterie nel mondo.
«Se vi portassi nelle case popolari dove sono cresciuto, in un posto che è molto distante da qui, e vi chiedessi: “Che probabilità ci sono di arrivare da lì a qui?” Pochissime, ma può succedere. Io sono la prova vivente che è possibile. E sono qui oggi per dirvi di credere che possa succedere anche a voi. Non è una scalata semplice però, e ci vogliono grandi sacrifici» ha detto qualche giorno fa agli studenti della Bocconi.
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