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Startup a rischio: una proposta per salvarle. In Italia sono 11mila le imprese innovative

Di
Tiziana Tripepi
20 Aprile 2020

Startup: il rischio per il 40% è di vedere dimezzato il proprio fatturato. Lo dice un sondaggio sul futuro “post Covid 19” condotto da Talent Garden. I decreti che il Governo ha emanato in queste settimane non prevedono interventi diretti sulle startup. Sono 11mila quelle iscritte al Registro delle imprese innovative, quelle non mappate sono altrettante. Per puntare l’attenzione su questa categoria economica, sono tanti gli attori dell’ecosistema che stanno elaborando delle proposte da presentare al Governo.

Un segnale d’allarme viene lanciato da Angelo Coletta, presidente di Italia Startup, l’associazione che rappresenta l’ecosistema italiano dell’innovazione (fanno parte dell’associazione circa 3000 startup, 100 scaleup, 70 centri di innovazione, 40 corporate). «Occorre un intervento speciale, urgente e veloce per salvare le startup, che soffrono molto più delle imprese già “affermate” dalla situazione di grande crisi economica che stiamo affrontando. La Francia ha già stanziato 4 miliardi». Ora tocca all’Italia.

Perché le startup hanno bisogno di un intervento ad hoc?

«Perché sono una “impresa in divenire”, che sta ancora costruendo il suo mercato e per andare avanti si basa sulle raccolte di capitali che vanno a finanziare i sui diversi step di crescita. Ma è allo stesso tempo un soggetto economico fondamentale, perché rappresenta il futuro per l’innovazione di un Paese. La startup è come un bambino talentuoso: più debole di un adulto, ma che costruirà il futuro».

Senza liquidità, la startup rischia di saltare?

«Per le startup, tutti i problemi che riguardano il mondo delle imprese sono amplificati: per alcune sparisce il mercato, per altre lo scenario di funding. Se nei prossimi 3 o 4 mesi deve cercare 1 milione di euro per finanziarsi, pena la sua sopravvivenza, sarà difficile che li troverà. Le più a rischio sono le startup early stage, che contano su finanziamenti da parte di business angel e club deal».

Qual è la proposta di Italia Startup per aiutare le startup?

«Abbiamo elaborato un documento, condiviso con APSTI (Associazione Parchi Scientifici e Tecnologici Italiani) e con alcune associazioni di business angel che presenteremo a brevissimo al Governo. Gli interventi per noi fondamentali sono tre» spiega Coletta. «Il primo consiste in un anticipo dei crediti Iva che le startup vantano verso lo Stato: per lo Stato sarebbe un rimborso anticipato, per le startup una forma di finanziamento. Il secondo nella costituzione di un fondo di venture debt, per consentire alle startup di emettere obbligazioni convertibili. Inoltre vorremmo portare da 5 a 6 anni il periodo di permanenza di una startup nel registro elle imprese innovative, in modo tale da prolungare le agevolazioni di chi investe in loro. A queste misure possono “anche” aggiungersi misure di politica economica, ma per le startup non è tanto importante la ri-crescita futura ma il salvataggio attuale: qualunque strumento si decida, l’importante è che funzioni in modo automatico e tempestivo».

3 qualità che una startup deve avere in questo momento per sopravvivere?

«Resilienza, ingegno, tempestività: sono queste le abilità che consiglio di utilizzare al massimo in questo periodo difficile».

E dal punto di vista finanziario?

«C’è chi deve capire come massimizzare la propria resistenza dal punto di vista finanziario, per esempio facendo attenzione al cash planning. Chi ha un blocco di mercato e dovrà utilizzare la cassa integrazione per addormentare i costi fino a che le cose non si riprendono. Ci sono startup per le quali è cambiato il mercato di riferimento, e per loro è il momento di fare pivot, per essere già pronti quando ci sarà la ripartenza».

Ci sono settori più favoriti di altri?

«Chi opera in segmenti di mercato che sono favoriti da questa situazione dovrà spingere l’acceleratore al massimo. Per esempio chi fa edutainment o entertainment, contenuti per le scuole o le app con giochi per bambini. Il settore della stampa 3D, che sta dimostrando a tutta l’industria che la stampa 3D è un pezzo del processo industriale del futuro. Anche il software non sta avendo impatti negativi, soprattutto per quelle startup che operano su tanti mercati, non solo su quello italiano. Tante opportunità per chi fa dispositivi legati a possibili soluzioni Covid e utilizzano tecnologie di tracciamento o big data per le analisi farmacologiche). Il biotech avrà una grande spinta. Insomma, la sanità del futuro dovrà prevedere la tecnologia. E poi l’e-commerce, soprattutto quello legato ai beni alimentari, e in generale i servizi di logistica. La modalità degli acquisti del futuro sarà online».

Cosa possono fare le grandi aziende?

«Dovranno sostenere i loro programmi di open innovation e e continuare o a investire in startup o a comprarle, facendole diventare un pezzo del loro vantaggio competitivo».

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