Una piattaforma che mette in contatto, online e via app, i veterinari e i proprietari di animali. Si chiama Veterly. È una di quelle realtà innovative che nascono all’interno di uno startup studio, ovvero un’impresa che genera altre imprese. Creata e validata dallo studio di Milano Startup Bakery, ha appena lanciato una campagna di equity crowdfunding su CrowdFundMe, portale italiano quotato a Piazza Affari. L’obiettivo di raccolta è di 300mila euro (entro il 22 giugno). Ed è quasi raggiunto, con oltre 230mila euro già investiti.
«Siamo felici della fiducia che ci è stata accordata fino a oggi. Significa che il servizio piace, il bisogno è sentito e il lavoro compiuto in questo anno ha portato i suoi frutti» commenta Laura Venturini, Ceo e co-founder di Veterly. Torinese, esperta di Seo e appassionata di animali, nel 2014 ha fondato l’agenzia Quindo e due anni fa ha lanciato l’app Cane in Viaggio.
«Veterly punta a innovare il modo in cui veterinari e proprietari di animali interagiscono. Già nella fase iniziale abbiamo ricevuto oltre 120 preordini da parte di studi e cliniche veterinarie, 70 solo nelle prime due settimane dal lancio della sottoscrizione. E questo a fronte di un investimento pubblicitario minimo (870 euro)».
La telemedicina per gli animali
L’obiettivo della startup è innovare e digitalizzare il settore veterinario. Da una parte, con un’app cloud based, Veterly si rivolge ai 33mila professionisti attivi in Italia, che possono gestire online l’interazione con i clienti, ricevere su un’unica piattaforma i messaggi provenienti da diversi canali, impostare orari e tariffe. Dall’altra, online i clienti possono contattare i veterinari, prenotare gli appuntamenti, pagare le prestazioni e avere sempre accesso ai dati clinici del proprio animale, con un libretto sanitario digitale. Veterinari e pet owner condividono tutto su un unico diario centralizzato.
Con i nuovi investimenti, Venturini punta ad accelerare la crescita e a trovare un partner industriale che porti Veterly alla exit, come prevede il modello dello startup studio, e a scalare a livello internazionale.
«Il tasso di fallimento delle startup nate negli startup studio si abbatte fino al 60% rispetto a quello registrato tra le startup indipendenti poiché, oltre che sul proprio team, queste possono contare anche su quello dello studio e sull’esperienza dei soci senior» spiega Alessandro Arrigo, Ceo e founder di Startup Bakery. Il destino delle startup create? «Essere vendute» aveva spiegato in un’intervista a Millionaire. «Alla fine, la startup si staccherà dalla sua fabbrica e vivrà di vita autonoma».