Il progetto spaziale di tre studenti campani sbarcherà sulla Luna

Di
Redazione Millionaire
4 Aprile 2017

Mattia Barbarossa, Altea Nemolato e Dario Pisanti, giovani tra i 16 e i 22 anni, hanno vinto la competizione internazionale Lab2Moon. Il loro scudo antiradiazioni sarà spedito sul satellite.

Studiano lo spazio. Conducono esperimenti scientifici sulle radiazioni. E presto, con un loro progetto, arriveranno sulla Luna. Non sono ingegneri della Nasa, ma tre ragazzi campani giovanissimi, tra i 16 e i 22 anni. Mattia Barbarossa, Altea Nemolato e Dario Pisanti hanno creato il prototipo di uno scudo in grado di resistere ai raggi cosmici, utilizzando i cianobatteri. Il loro progetto ha vinto la selezione internazionale Lab2Moon, scelto dalla compagnia spaziale indiana TeamIndus (che partecipa al Google Lunar XPrize) tra migliaia di candidature da tutto il mondo. Il 28 dicembre lo scudo sarà a bordo di una sonda che approderà sulla Luna.

Il team

L’idea è venuta a Mattia, 16 anni, napoletano, studente al liceo scientifico. «Ha la passione per lo spazio da sempre» ci racconta Altea. Mattia partecipa a contest e iniziative sul tema, come il Nasa Space Apps Challenge di Napoli, dove nel 2016 ha conosciuto Dario, 22 anni. «Anche lui è un appassionato, un mese fa si è laureato in ingegneria aerospaziale all’Università Federico II». Altea si è aggiunta al team come esperta di microbiologia. 18 anni, di Caserta, da grande sogna di lavorare come ricercatrice in un laboratorio di genetica o di astrobiologia.

«Mattia ha trovato il bando per partecipare alla competizione. Dovevamo costruire uno strumento utile per un viaggio interstellare, che potesse contribuire a rendere abitabile la Luna. Uno dei principali problemi nello spazio sono le radiazioni. Al momento si usano scudi in piombo o alluminio. In fase sperimentale, abbiamo visto che i cianobatteri sono in grado di assorbire le radiazioni. La sfida era anche quella di creare uno scudo che fosse leggero». I tre ne hanno realizzato uno grande come una lattina. Il progetto è stato interamente autofinanziato e realizzato con stampante 3D e rilevatori di radiazioni.

La selezione

«In estate lavoravamo anche 19 ore al giorno. Quando c’era la scuola ci sentivamo su Skype e lavoravamo di notte. Non pensavo a vincere, ma è stato incredibile! Siamo stati a Bangalore per l’ultima fase della selezione (15 team di under 25 tra più di 3000 candidati). La sede di TeamIndus era fantastica, tecnologica, futuristica. Quando hanno detto il nome del nostro team Space4Life sono scattata in piedi e ho pianto per l’emozione. Eravamo gli unici italiani. Gli altri team avevano il supporto dei loro Paesi. Per gli inglesi c’era anche la Bbc. A noi invece, ancora oggi, nessun parlamentare, per esempio, ci ha contattati. Sembra quasi che a loro non importi di noi (giovani). Oggi tanti ragazzi sono poco motivati a fare qualcosa che sia davvero interessante». Altea ha trovato la sua motivazione nella passione e nella voglia di otternere grandi risultati. «Creare qualcosa di nuovo, fare di più, oltre che studiare. E spero che questo nostro esperimento possa anche migliorare il modo in cui il mondo vede l’Italia».

Adesso il team dovrà andare avanti per sviluppare lo scudo, rispettando le scadenze della compagnia spaziale. «Stiamo lavorando al laboratorio di radioattività della Federico II. Dobbiamo consegnare il progetto definitivo ad agosto, poi seguire dei test. Il 28 dicembre ci sarà il lancio e a gennaio la sonda arriverà sulla Luna».

Colonizzare lo spazio?

«Non so quando succederà, ma non sarà solo possibile, diventerà necessario, visto che l’uomo sta “consumando” la Terra». Altea ne è convinta e crede anche che i grandi imprenditori che investono nel turismo spaziale facciano bene. «Lavorano per qualcosa in cui credono». Ma i modelli che l’hanno ispirata non sono Elon Musk o Richard Branson. «Devo molto ai professori, all’insegnante di microbiologia e biotecnologie ambientali. Oltre che alla mia famiglia che mi sostiene sempre».

Info: www.facebook.com/TeamSpace4Life/

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