TikTok a rischio ban negli USA: è la fine di un’epoca?

Di
Rossella Scalise
6 Aprile 2024

Tutto scorre. Semplificando quel “Panta Rei” di Eraclito: come l’acqua che fluisce, così tutte le cose del mondo sono in continuo cambiamento.

Chissà se la pensa in questo modo anche Shou Zi Chew, singaporiano 41enne CEO di TikTok, che in questi mesi vede la sua poltrona tremare. Ma procediamo per ordine.

 

Nei giorni scorsi, a Washington, la Camera ha approvato il Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act, cioè un disegno di legge che impone alla ByteDance, proprietaria dei diritti di TikTok, di vendere quest’ultimo a una società statunitense entro 165 giorni. In caso contrario il più famoso social del momento sarà bannato dal mercato americano e, molto probabilmente, dovrà fare i conti con ripercussioni negative anche in Europa.

Biden è prontissimo a mettere all’angolo TikTok e, mentre si attende l’esito al Senato, Steve Mnuchin, l’ex Segretario al Tesoro, sta formando una vera e propria task force di investitori per acquistare la piattaforma.

 

In realtà i problemi per TikTok sono iniziati da molto tempo e non solo negli States. In Europa, così come in Canada, in Nuova Zelanda e a Taiwan l’app non può essere utilizzata sui dispositivi dei dipendenti pubblici, a causa dei gravi rischi informatici e a protezione dei dati sensibili.

 

Il dibattito sembra essere appena cominciato e chi guarda all’evoluzione della situazione con maggiore interesse sono le aziende, in particolare quelle legate alla moda, al fitness, al settore beauty e alla fashion Industry su larga scala, che hanno fatto della piattaforma una vera alleata per il proprio business, soprattutto verso i consumatori più giovani.

 

Nonostante aziende e creators fossero a conoscenza del possibile rischio, per anni nessuno si è posto il problema in maniera concreta.

Così come riportato dal The New York Times, anche colossi come Amazon e Sephora hanno beneficiato dell’utilizzo di TikTok. “Se qualcosa diventa virale su TikTok, allora è destinato ad andare sold out.” Sono queste le parole del soprannominato “Guru” Razvan Romanescu, co fondatore di Underlining e 10PM Curfew, società che connette le aziende con i digital creators.

 

Per moltissime piccole e medie imprese la piattaforma di TikTok è diventata parte integrante della propria strategia di marketing e, in taluni casi, la scelta ha portato a guadagni inaspettati a sette zeri. Fino ad ora.

La carta vincente di questo social è stata, non solo la possibilità di arrivare a migliaia di utenti in pochissimi secondi, ma anche di farlo a costi ridotti. Ma cosa comporta affidare il proprio modello di business quasi interamente ai social network? Il rischio di un mutamento repentino dell’algoritmo, di malfunzionamenti temporanei o, appunto, di un ban, sono elevatissimi.

Tutto questo è davvero conveniente? Pensiamo solo per un istante a che cosa potrebbe accadere se, da un giorno all’altro, i social venissero oscurati.

Light off. Curtains down.

Quanti lavoratori del settore dovrebbero reinventarsi, catapultati in un istante nella “vita reale”? A rimetterci sarebbero, soprattutto, le attività di nicchia, quelle che, gioco forza, non avrebbero il budget necessario per affrontare un cambiamento così radicale.

 

La riflessione deve dunque partire dalle radici del problema. Le aziende, piccole o grandi che siano, devono necessariamente puntare su una strategia che passi attraverso i diversi canali media, offline e online, in modo tale da poter affrontare qualunque tipo di sfida si ponga sul loro cammino.

 

Nessuno è immune al cambiamento. Eraclito docet.

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