Ma la vera notizia è che non fa più una notizia!
Ogni anno, con puntualità quasi rituale, si riaccende il dibattito sulla fuga dei giovani italiani all’estero. Analisi, indignazione, allarmi, qualche studio e poi il nulla. Il fenomeno riparte ciclicamente e con esso la consapevolezza di un Paese che, invece di reagire, sembra rassegnato.
L’ultima ricerca della Fondazione Nord Est conferma quanto già sappiamo: nel biennio 2022-2023, almeno 100mila giovani hanno lasciato l’Italia, quasi tre volte quelli che sono tornati (circa 37mila). In tredici anni, il saldo negativo ha raggiunto quota 377mila.
I numeri
A pesare non è solo la quantità, ma anche la qualità delle risorse umane che il Paese perde. Quasi il 40% di chi parte è laureato, ma anche tecnici e operai qualificati scelgono l’estero per costruire il loro futuro. Il Nord, storicamente più dinamico, non fa eccezione: il saldo negativo è di 180mila giovani, segnale inequivocabile che il problema non è solo legato alle difficoltà del Mezzogiorno.
Nel periodo 2011-2023, le cancellazioni anagrafiche per l’estero hanno superato le 550mila unità, a fronte di soli 172mila rientri. Il deflusso assoluto arriva soprattutto dal Settentrione: 80mila giovani dal Nord Est e 100mila dal Nord Ovest. La Lombardia ha il saldo peggiore: -5.760 giovani nel 2023, per un totale di -63.639 in tredici anni. Seguono il Veneto con -3.759 giovani nel 2023 (-34.896 in totale) e la Sicilia con -14.500 giovani persi.
Ma da italiano che vive all’estero questi numeri continuano a incuriosirmi. Cerco di spiegarmi. Tra questi ci sono anche decine di migliaia di italiani che non si registrano all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) per non perdere taluni benefici quali il Servizio Sanitario Nazionale. Oppure quelli che rientrano per beneficiare delle norme, pur falcidiate, sui rientri e poi fanno la vita di prima. Così ci sono anche decine di migliaia che emigrati lo sono solo per il Fisco, si fanno i video da Dubai o da Praga e magari vivono a Casalpusterlengo o a Roccaraso. Il fenomeno è fluido come quello che ci piace raccontarci e far credere al Fisco italiano.
Italia poco attrattiva
Il vero allarme non dovrebbe essere tanto l’esodo dei nostri ragazzi, quanto la cronica incapacità dell’Italia di attrarre giovani dall’estero. Per ogni 8,5 italiani che emigrano, arriva un solo giovane straniero. Nel periodo 2011-2023, i dieci paesi di destinazione principali sono stati Regno Unito, Germania, Svizzera, Francia, Spagna, Brasile, Stati Uniti, Paesi Bassi, Belgio e Australia.
Nel complesso, il capitale umano perso in tredici anni ammonta a 134 miliardi di euro. Il valore economico medio emigrato nel biennio 2021-2022 è stato di 8,4 miliardi annui a prezzi del 2023.
Ma nessuno pensa anche al valore positivo che per queste persone si crea, valore che, presto o tardi, ritorna, poi riparte, si muove, perché essere cittadini del mondo non è poi così male e serve anche all’Italia (talvolta).
Le cause della fuga
Le motivazioni di queste partenze sono molteplici. Se il 26,2% dei giovani parte per cercare migliori opportunità di lavoro e il 23,2% per una migliore qualità della vita, vi è anche una significativa quota (29,6%) che emigra per motivi di studio o formazione. L’aspetto retributivo conta, ma non è predominante: solo il 10% cita uno stipendio più elevato come ragione principale per espatriare.
Inoltre, quasi la metà di chi ha lasciato l’Italia per necessità svolge all’estero mansioni per cui le imprese italiane denunciano carenza di lavoratori, aggravando il problema del mismatch occupazionale.
Una politica miope
Un Paese che crede in sé stesso non deve temere l’emigrazione, ma lavorare per trasformarla in un valore. Mentre altri Stati favoriscono il rientro dei propri talenti emigrati dopo le esperienze estere, l’Italia rema contro, quasi avesse gettato la spugna. Un esempio? Poco più di un anno fa, una norma che incentivava il ritorno degli expat è stata fortemente peggiorata, riducendo un trend positivo che aveva finalmente portato molti giovani a rientrare. Una scelta miope, che ha vanificato un’occasione preziosa.
L’Italia deve cambiare narrazione
La narrazione che si diffonde sui social e nei media è spesso intrisa di un pessimismo paralizzante. Passa l’idea che l’Italia sia destinata alla mediocrità, che non abbia nulla da offrire se non un presente stagnante e un futuro incerto.
Ma davvero è così?
Esistono realtà che innovano, imprese che crescono, eccellenze che meritano visibilità. Così come ci sono storie di italiani all’estero che continuano a contribuire al nostro Paese, con un impatto maggiore di chi resta per inerzia.
Andare all’estero non deve essere vissuto come una condanna, così come rimanere in Italia non deve essere una scommessa al buio. La vera sfida è creare un Paese in cui il rientro sia una scelta possibile, e in cui restare sia un’opportunità e non un ripiego. Pensiamo davvero che sia impossibile invertire la tendenza? O forse basterebbe una politica lungimirante, capace di ascoltare e valorizzare le aspirazioni di chi vuole costruire il proprio futuro senza dover per forza prendere un aereo?
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