Le aziende faticano a tenere il passo con la direttiva europea sulla trasparenza salariale negli annunci di lavoro. Lo scorso marzo, il Parlamento Europeo ha approvato a larga maggioranza una nuova direttiva sulla parità salariale, che dovrà essere recepita dagli stati membri nei prossimi tre anni. Secondo la direttiva, pubblicata a maggio sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, le aziende in fase di assunzione dovranno chiarire immediatamente – sin dall’annuncio di lavoro – quanto sono disposte a pagare i lavoratori.
Ma una recente indagine di Reverse, azienda specializzata in risorse umane e recruiting in Europa, mostra come in realtà le compagnie europee siano ben lontane dall’adempiere alla normativa. I risultati dell’indagine, condotta su 50 annunci di lavoro in Italia, Spagna, Francia e Germania, non sono incoraggianti. Presentano inoltre un quadro piuttosto uniforme tra il Belpaese e i suoi “vicini” europei.
In Italia, solo il quattro per cento degli annunci analizzati indica la retribuzione, come anche in Spagna. La Francia performa leggermente meglio (sei per cento), mentre la Germania è la più lontana dall’obiettivo: nessun annuncio lavorativo tra quelli analizzati riporta il salario.
«In Italia siamo abituati a pensare che tutto il resto del mondo sia meglio di noi, almeno dal punto di vista economico e lavorativo», ha commentato Daniele Bacchi, ad e co-fondatore di Reverse. «In realtà la nostra percezione è spesso distorta. Abbiamo voluto condurre questa indagine proprio per dimostrare, attraverso i dati, che la trasparenza salariale è purtroppo una questione delicata e importante che interessa tutta Europa e non solo il nostro paese».
La direttiva nel dettaglio
La direttiva nasce da un’urgenza che riguarda i divari retributivi di genere: attualmente la media europea è del 13 per cento. In base alle nuove regole, oltre alla trasparenza negli annunci di lavoro sarebbe vietato anche chiedere ai potenziali dipendenti gli stipendi guadagnati in lavori precedenti.
Le compagnie con più di 100 dipendenti potranno quindi andare incontro a sanzioni se non comunicano o correggono le disparità salariali ogni volta che queste superano il cinque per cento senza giustificazioni. Inoltre, i criteri usati per definire stipendi e aumenti dovranno essere neutrali rispetto al genere e comunicati a lavoratori e lavoratrici, che potranno accedere ai dati aggregati per genere sulle retribuzioni.