Semestre nero per l’export di vini italiani
Da anni, l’Italia è il primo paese produttore di vino al mondo e da sempre, Stati Uniti, Germania e Regno Unito sono i più importanti mercati per l’export dei vini italiani. Per queste ragioni la buttata d’arresto che registrato in termini di export l’intero comporto nell’ultimo semestre fa ancora più male.
Complessivamente, infatti, il calo dei volumi è a cifra doppia (-10,6%) rispetto all’anno passato, per un controvalore di 2,26 miliardi di euro (-8,1%). A stimare le cifre di questo semestre nero per i vini nostrani è l’Osservatorio UIV-Vinitaly che, appoggiandosi anche a dati Nielsen, riporta come il calo dell’export sia legato a tutte le denominazioni italiane.
La situazione negli Stati Uniti
Si prendano ad esempio gli Stati Uniti: in America, tra i vini fermi Made in Italy, il Pinot grigio rappresenta circa la metà dei volumi. Dunque, un calo del 3% si fa sentire parecchio, a maggior ragione quando la perdita è aggravata dal superamento dei Sauvignon Blanc originari della Nuova Zelanda.
Come se ciò non bastasse, si aggiunge la descritta vertiginosa di due etichette sempreverdi, il Lambrusco (-16%) e il Chianti (-11%). Unica nota positiva, il Prosecco, che non solo resta stabile ma si appresta pure a raggiungere i volumi di vendita degli spumanti della California.
La situazione in Inghilterra e Germania
Tutt’altra storia invece Regno Unito e Germania. Nel paese di sua maestà, il Prosecco incassa perdite (quasi) senza precedenti, portando a casa un -18% di volumi sugli scaffali. Non solo, crollano anche tutte le altre principali denominazioni: dal Pinot grigio (-9%) al Montepulciano (-15%), passando per il Primitivo (-18%) e il Sangiovese (-22%). Un disastro su più livelli, che non risparmia il Belpaese nemmeno in terre teutoniche.
In Germania, dove il Primitivo Made in Italy è sempre stato il re delle vendite, si registra un calo del 9%. E le altre etichette non fanno meglio, anzi: il Pinot grigio cede un 18%, il Chianti un 19% e Nero d’Avola si aggiudica il podio come worst performer del semestre con un -24%. Unica nota positiva dai due paesi europei, la crescita nell’export dei rosati, con un +12% nel Regno Unito e un +9% in Germania.
Timori e speranze dell’Unione Italiana Vini
Paolo Castelletti, segretario generale di Unione Italiana Vini (la medesima dell’Osservatorio che ha elaborato i dati), commenta in questo modo la situazione spiacevole: “C’è un delta rilevante tra i dati export registrati in questo avvio di anno e gli effettivi consumi riscontrati nella distribuzione organizzata nei top 3 mercati che incide in media per circa il 70% delle vendite complessive di vino importato”.
E aggiunge: “Il timore è che la contrazione dei consumi determini un rallentamento degli ordini nei prossimi mesi, ancor più quando il peso dell’inflazione si farà sentire anche sugli scaffali esteri; si spera invece che il canale della ristorazione, in netta risalita, possa attenuare il più possibile l’effetto di una congiuntura che non aiuta”.