È morto ieri nella sua casa di Milano l’oncologo Umberto Veronesi. Nato nel 1925 a pochi chilometri da Milano, figlio di contadini, si laurea in Medicina alla Statale di Milano all’inizio degli anni 50. Dalla madre Erminia, costretta a fare anche da padre, riceve due valori cardine: la tolleranza e la ricerca delle cause degli eventi. Studia in Francia e in Inghilterra, poi approda all’Istituto dei tumori di Milano, di cui diventerà direttore nel 1975, negli anni in cui, proprio in quell’edificio, nasce la chemioterapia, grazie a Gianni Bonadonna, grande oncologo a cui è riconosciuto il merito di aver sconfitto il linfoma di Hodgkin.
Nel 1965 fonda l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, una charity che finanzia studi di base e clinici e che negli anni è diventata un punto di riferimento per chiunque si occupi di oncologia. Nel 1994 fonda il suo Istituto Europeo di Oncologia, seguendo il modello americano dei Comprehensive Cancer Center, centri ad altissima specializzazione dove ricerca e cura convivono e si integrano.
Ha raccontato più volte di essersi voluto occupare di cancro a tutti i costi, in anni in cui “la bestia nera della medicina” non lasciava speranze, rinunciando a una carriera più comoda e veloce. Approda alla biopsia del linfonodo sentinella per evitare la dissezione ascellare in quei casi in cui i linfonodi siano sani.
È stato il paladino delle donne, inventando per il tumore al seno una tecnica chirurgica che lo ha reso noto in tutto il mondo e che ha salvato la vita a un numero enorme di donne, che prevede l’asportazione della sola parte di seno colpita dalla malattia, “conservando” il resto: la “quadrantectomia”. «Negli anni in cui la mastectomia era un dogma inattaccabile» raccontava «mi sono accorto che il terrore della mutilazione spingeva le donne a nascondere quel nodulo comparso all’improvviso. Fino all’esplosione della malattia».
Ministro della Sanità dal 2000 al 2001 con il secondo Governo Amato, senatore nelle file del Pd durante la sedicesima legislatura, paladino dei diritti delle coppie omosessuali (“Il loro è l’amore puro. L’omosessualità è una scelta consapevole e più evoluta”, ebbe a dire); sostenitore di un approccio laico alla vita, che lo ha portato in alcune occasioni ad affrontare la chiesa ‘a muso duro’, in difesa della libertà di ricerca scientifica o del diritto a sottoscrivere un testamento biologico, strumento che fu il primo a lanciare in Italia.
Nel 2003 ha istituito la Fondazione Umberto Veronesi, con la quale si batte per la ricerca e la diffusione della mentalità scientifica. «Il Professore» ha dichiarato la Fondazione Veronesi «non aveva paura della morte, considerandola un evento naturale della vita. Lavorando al suo fianco abbiamo fatto nostri i suoi principi e i suoi obiettivi: sostenere la ricerca all’avanguardia, diffondere la cultura scientifica, promuovere la prevenzione, migliorare la qualità della vita delle persone e difendere l’etica, anche precorrendo i tempi e contestando convenzioni dominanti. Continueremo le attività nate da una mente eccelsa, con ancora maggiore determinazione».