Lunedì 20 gennaio, Donald Trump si insedierà ufficialmente per il suo secondo mandato non consecutivo, un evento che segna un momento cruciale nella politica globale. Al suo fianco, Elon Musk non perde tempo nel far capire che il prossimo obiettivo potrebbe essere l’Europa – come se non ce ne fossimo accorti da tempo con le sue incursioni a 360 gradi. Per quanto, per alcuni, ci possa essere qualcosa di affascinante in questa prospettiva, dobbiamo resistere alla tentazione di pensare che sia necessariamente un bene. L’alleanza tra Trump e Musk sembra andare oltre il semplice connubio tra potere politico ed economico, prefigurando una visione che rischia di sovvertire i principi fondanti delle democrazie occidentali.
Sia ben chiaro, Trump è stato eletto democraticamente e gli Stati Uniti hanno una struttura istituzionale capace di attutire abusi in tal senso… e l’altra parte politica aveva forse tirato la corda in senso opposto. Personalmente ho una profonda simpatia per quello che l’America ‘significa’, per la centralità del rapporto tra USA ed Europa, come pure per le opportunità che spesso negli USA si realizzano proprio perché tarpate qui in Europa, ma sono preoccupato da una visione che obliteri il senso critico e che sta prendendo forma anche nel Vecchio Continente.
La rielezione di Trump viene accompagnata da un’estetica che richiama il machismo più sfacciato. Colonne sonore come Macho Man dei Village People (che poi di ‘macho’ hanno ben poco) troveranno posto tra le celebrazioni ufficiali, in una sfilata che intende celebra forza e virilità. Una sorta di dichiarazione politica che ammicca scherzosa: un manifesto per un nuovo autoritarismo economico mascherato da efficienza e decisionismo.
Questa narrativa sembra fatta su misura per un’era in cui i social media amplificano polarizzazioni e populismi. Non è un caso che piattaforme come X e TikTok, sotto la guida o l’influenza di personaggi come Musk, abbiano finora svolto un ruolo cruciale nel sostenere movimenti anti-istituzionali. In Europa, questa strategia ha trovato terreno fertile tra i partiti che mettono in discussione l’architettura costituzionale esistente. Tuttavia, è proprio l’Europa che sta cercando di resistere, imponendo regolamentazioni più severe su queste piattaforme, cercando di arginare un’influenza che minaccia le fondamenta democratiche del continente. Proprio ieri la Commissione Europea ha chiesto a X di monitorare il suo algoritmo e poche settimane fa ha bloccato le ingerenze di TikTok nelle elezioni presidenziali in Romania.
Elon Musk, con la sua proposta di estendere l’ideologia di MAGA (Make America Great Again) a MEGA (Make Europe Great Again), sta cercando di esportare una visione che stravolge i principi su cui si basano le democrazie europee. Se in America il mito dell’uomo forte ha una lunga tradizione, in Europa il fascino di leader autoritari è qualcosa da cui siamo storicamente usciti con profonde cicatrici. Fascismo e comunismo hanno già mostrato al continente i pericoli del culto della personalità e del decisionismo accentrato. Per questo, l’idea di una plutocrazia illuminata – dove pochi magnati guidano le sorti delle nazioni – è incompatibile con la nostra storia e i nostri valori.
La democrazia europea, per quanto imperfetta e spesso lenta, ha scelto una strada diversa. Non è una strada di perfezione, ma di equilibrio: un sistema che cerca di bilanciare poteri, tutelare minoranze e promuovere un dibattito aperto. Questo è il motivo per cui i governi europei, pur con tutte le loro difficoltà, rappresentano una scelta collettiva e non il frutto di un marketing politico o di un algoritmo.
L’idea di Musk di un “liberi tutti”, dove ogni barriera regolamentare è abbattuta in nome dell’innovazione, è seducente, ma pericolosa. Il rischio non è solo quello di una deriva autoritaria, ma anche di una disuguaglianza crescente: un mondo dove pochi decidono per tutti, in nome di una presunta efficienza. Questa visione si scontra frontalmente con il modello europeo, che cerca di conciliare libertà economica e diritti sociali, competizione e solidarietà.
In questo contesto, il ritorno di Trump e il ruolo di Musk rappresentano un banco di prova non solo per gli Stati Uniti, ma per il mondo intero. L’Europa deve rispondere rafforzando le sue istituzioni, proteggendo le sue democrazie e promuovendo un modello alternativo di sviluppo. Non dobbiamo cadere nella trappola di un’opposizione sterile, che rischia solo di rafforzare i nostri avversari, ma dobbiamo dimostrare che c’è un’altra strada.
“We don’t need another hero” è un monito e una speranza. Non abbiamo bisogno di salvatori, di uomini forti che si ergono al di sopra delle istituzioni. Abbiamo bisogno di far funzionare meglio le nostre democrazie, di liberare le energie imprenditoriali senza abdicare ai principi di equità e giustizia. Abbiamo bisogno di non avere paura dell’innovazione, ma di avere cura dei nostri valori unici. L’Europa, con la sua storia complessa e il suo tessuto democratico imperfetto, ma resiliente, deve essere un baluardo contro l’ascesa di una plutocrazia globale.
La risposta non è un altro eroe, ma una democrazia più forte e inclusiva. Questa è la sfida che ci attende, e questa è la strada che dobbiamo percorrere.
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