Web tax e tassazione sulle criptovalute, marcia indietro del Governo.

Di
Redazione Millionaire.it
12 Dicembre 2024

La Legge di Bilancio 2025 si configura come uno dei provvedimenti più complessi degli ultimi anni, soprattutto per l’impatto delle sue novità sui settori tecnologici e finanziari. Tra i temi caldi, spiccano la revisione della web tax e l’aumento della tassazione sulle criptovalute. Entrambe le proposte hanno suscitato ampi dibattiti tra operatori del settore, forze politiche e opinione pubblica.

 

Web tax: una revisione controversa

La web tax, ufficialmente nota come Imposta sui Servizi Digitali (ISD), prevede un’aliquota del 3% sui ricavi derivanti da specifici servizi digitali, come pubblicità online, intermediazione tra utenti e trasmissione di dati raccolti attraverso piattaforme digitali. Fino ad oggi, l’applicazione dell’imposta era limitata alle imprese che superavano due soglie di ricavi:

– 750 milioni di euro di ricavi globali;

– 5,5 milioni di euro di ricavi derivanti da attività digitali in Italia.

 

La proposta iniziale del Governo per il 2025 eliminava completamente queste soglie, ampliando significativamente la platea dei contribuenti. Questo avrebbe comportato l’inclusione di molte piccole e medie imprese (PMI) italiane, generando forti proteste da parte degli operatori del settore.

Gli emendamenti più recenti propongono un compromesso: reintrodurre limiti di ricavi, ma con valori significativamente ridotti.

Tra le proposte considerate ammissibili troviamo:

– Un limite unico di 40 milioni di euro di ricavi derivanti da servizi digitali in Italia. Questa soluzione sembra raccogliere consenso, essendo finanziariamente sostenibile e bilanciando le esigenze fiscali con la tutela delle PMI.

– Parallelamente, si discute sull’esclusione del settore editoria dall’applicazione della web tax. Secondo alcune fonti, questa misura sarebbe volta a proteggere realtà editoriali italiane, limitando l’imposta alle grandi aziende tecnologiche e pubblicitarie, come le OTT e i grandi operatori del settore digitale.

 

Tassazione sulle criptovalute: tra maxi-aumenti e compromessi

Sul fronte delle criptovalute, la Legge di Bilancio 2025 ha inizialmente proposto un aumento drastico dell’aliquota sulle plusvalenze, passando dal 26% al 42%. Questa misura, pensata per generare ulteriori entrate fiscali, ha incontrato una forte opposizione da parte della Lega e di altri esponenti della maggioranza.

Gli emendamenti successivi hanno portato a una revisione al ribasso dell’aumento: l’aliquota dovrebbe ora salire al 28%, invece del 42% originariamente proposto. Questo compromesso mira a garantire entrate fiscali aggiuntive senza penalizzare eccessivamente gli investitori e il settore delle criptovalute, che rappresenta una parte sempre più significativa dell’economia digitale.

 

Un dibattito ancora aperto

Le proposte relative alla web tax e alla tassa sulle criptovalute riflettono la complessità di regolare settori innovativi in rapida evoluzione. Il Parlamento continua a valutare numerosi emendamenti per bilanciare le esigenze di bilancio con la necessità di sostenere l’innovazione e la competitività delle imprese italiane.

Nel complesso, l’evoluzione della manovra 2025 rappresenta un test cruciale per il governo, chiamato a conciliare obiettivi fiscali ambiziosi con le sfide economiche e sociali poste dalla transizione digitale.

 

… e Meta viene accusata di un’evasione IVA in Italia per 887 milioni

Meta, il colosso tecnologico noto per Facebook, Instagram e WhatsApp, si trova al centro di una nuova controversia legale in Italia. Secondo le autorità italiane, l’azienda avrebbe evaso l’IVA per un ammontare di 887 milioni di euro. Questa accusa rappresenta l’ultimo capitolo di una lunga serie di scontri tra i Paesi europei e i giganti tecnologici americani, accusati di sfruttare complesse strategie fiscali per minimizzare i loro obblighi tributari.

Il caso di Meta si inserisce in un contesto più ampio di tensioni fiscali e normative, che ha visto protagonisti anche altri colossi come Apple e Google. L’Unione Europea, negli ultimi anni, ha intensificato le sue azioni contro le big tech, imponendo multe miliardarie per pratiche anticoncorrenziali e per il mancato rispetto delle normative fiscali. Se confermata, l’accusa contro Meta potrebbe avere ripercussioni significative, rafforzando la determinazione dei governi europei a regolamentare più severamente le attività delle aziende tecnologiche globali.

 

 

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