Marco Pavone, nel cuore delle big tech tra business e ricerca

Di
Laura Fois
12 Novembre 2022

Dopo il MIT e la NASA, Stanford e Nvidia con un obiettivo: lo sviluppo dei sistemi di guida autonoma.

 

Nel 1997 Marco Pavone era ancora un adolescente quando uno dei primi robot atterrava sulla superficie di Marte. E forse non si sarebbe neanche lontanamente immaginato che qualche anno più tardi sarebbe riuscito a realizzare il sogno di esplorare lo spazio lavorando al NASA Jet Propulsion Laboratory (JPL), il centro di ricerca della NASA che aveva lanciato quei sistemi complessi che osservava mentre era incollato alla tv. È una storia che dimostra chiaramente che si può arrivare lontano, molto lontano.

 

Pavone parte da un’isola, dalla Sicilia, dove si laurea in Ingegneria informatica presso l’Università di Catania e la Scuola Superiore di Catania, ma il vero obiettivo è proseguire gli studi all’estero. Vince un dottorato al MIT di Boston in Robotica e Automazione. Poi, dopo vari colloqui, viene accolto dal centro NASA JPL di Pasadena, in California. Lì si focalizza sull’esplorazione robotica del sistema solare, lavorando in particolare ai processi decisionali e agli algoritmi di intelligenza artificiale che mettono in moto i robot. In particolare, applica il suo lavoro sia a robot progettati per l’esplorazione su Marte sia a sistemi di mobilità per l’esplorazione di asteroidi e comete. Del JPL dice: «È stata un’ottima scuola, mi ha permesso di approfondire notevolmente la mie conoscenze nel mondo della robotica, oltre a permettermi di perseguire il mio grande sogno dell’esplorazione dello Spazio».

 

Da 16 anni vive in Silicon Valley, che definisce così: «Un ecosistema caratterizzato da un’elevata densità di persone altamente specializzate che condividono idee e visioni molto rapidamente». Dopo quelle della NASA, a Pavone si aprono le porte di Stanford, dove diventa professore universitario nel dipartimento di Aeronautica e Astronautica. La sua nuova carriera professionale viene intrapresa in un campo pioneristico, quello dei sistemi robotici autonomi, come le automobili senza conducente o i sistemi aerospaziali completamente automatizzati.

 

«L’idea dell’automobile senza conducente non è certo nuova, ma è solo negli ultimi 20 anni che la tecnologia vera e propria si è sviluppata, con un impulso decisivo a metà degli anni 2000, come conseguenza delle competizioni sponsorizzate dall’agenzia americana DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency), la stessa che ha dato impulso a molte altre tecnologie di uso quotidiano, tra cui Internet» spiega Pavone. Ora il tempo di Pavone si snoda tra Stanford e Nvidia, l’azienda tech che sta proponendo soluzioni sia software sia hardware per i sistemi di automazione nel campo automobilistico. Una delle sfide chiave è rendere questa tecnologia funzionante su scala globale.

 

«A San Francisco, per esempio, le auto senza conducente funzionano piuttosto bene, ma estendere il loro funzionamento ad altre aree geografiche, con situazioni meteorologiche e modi di guidare potenzialmente molto diversi, richiede ancora sostanziali investimenti in ricerca e sviluppo. Insomma, per operare una analogia con il mondo aeronautico, possiamo dire di essere nella fase dei fratelli Wright, all’alba della possibilità di volare su un aeroplano, ma da questo punto in poi lo sviluppo sarà sicuramente rapido».

 

Marco Pavone a Washington con Charles Bolden, ex amministratore NASA.

 

Ricerca e sviluppo sono, più in generale, nel dna della maggior parte delle aziende della Silicon Valley: «Infatti quasi tutte le big tech si sono dotate negli ultimi anni di centri di ricerca decisamente all’avanguardia, per certi versi simili a quelli universitari».

 

La sua storia ci insegna anche che si può giocare un ruolo attivo a cavallo tra il mondo imprenditoriale e quello della ricerca. E per realizzarsi, soprattutto al giorno d’oggi, è necessario «capire che il mondo del lavoro è cambiato moltissimo. Pensate che una buona parte degli argomenti su cui sto facendo ricerca adesso non esistevano al tempo del mio dottorato a Boston».

 

«Reputo veramente affascinante assistere a un periodo così denso di opportunità: in 10 anni la tecnologia è cambiata tantissimo».

 

«Il mio consiglio è di approfondire settori come il Life science, il Quantum computing, l’AI, la robotica e la Clean energy. Da un punto di vista di crescita professionale, è fondamentale girare, visitare varie università e Paesi».

 

Quando non è occupato a continuare a realizzare i suoi sogni da ragazzo, Pavone collabora con l’Issnaf, l’associazione che riunisce più di 3.000 studenti e ricercatori italiani basati nel Nord America, dove il suo ruolo è quello di mentore per ricercatori italiani alle prime esperienze professionali. Per l’Italia c’è sempre un occhio di riguardo: collabora con il Politecnico di Milano sia a livello didattico sia di ricerca. Ha fornito inoltre spunti e idee per il nuovo distretto innovativo milanese Mind e per varie aziende e startup. «L’Italia ha il vantaggio di avere persone in posizioni di rilievo in ogni parte del mondo. Questo è un capitale da sfruttare il più possibile» conclude Pavone.

 

Articolo da Millionaire ottobre 2022.

 

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