floriana ferrara inventor

«Per diventare inventori? Bisogna saper riconoscere quando un’idea è disruptive e risolve un problema reale»

Di
Silvia Messa
20 Aprile 2022

«Ognuno potrebbe diventare inventore, se si concentra su bisogni e necessità e prova a sviluppare un’idea» spiega Floriana Ferrara. Lei è una Master Inventor Ibm, è stata la prima donna in Italia a conseguire questo titolo, nel 2008. L’ha meritato non solo per la sua creatività e abilità nell’inventare soluzioni informatiche utili a tutti e per il numero di brevetti che ha registrato (21, a oggi), ma anche per la sua capacità di diffondere l’innovazione e far emergere nuovi inventori. Floriana è Corporate Social Responsibility Country Manager in Ibm Italy, azienda per cui lavora da una vita, che ha creduto in lei e appoggia il suo impegno, per accelerare la trasformazione digitale creando progetti innovativi, soprattutto basati sull’intelligenza artificiale.

La tua storia?

«In seconda elementare mi bocciarono. Pensavano non fossi intelligente, invece ero dislessica. Il nuovo maestro intuì invece il mio talento per la matematica e mi aiutò a tirar fuori le mie doti. Mi sono laureata in Informatica, ma ho sempre avuto la tendenza a essere creativa, per risolvere problemi. Sopra il letto, nella mia camera, avevo i poster di Einstein e di Leonardo, al posto delle rockstar».

Poi sei entrata in Ibm?

«Sono stati loro ad apprezzare per primi le mie idee. Il mio primo brevetto permetteva di caricare molto più velocemente le immagini sul pc. Una grande innovazione, 20 anni fa. Da lì, ho capito che potevo osare. Brevetto dopo brevetto, sono arrivata a 21».

A cosa ti dedichi, oggi?

«Dopo anni dedicati a progetti innovativi, sviluppo con il mio team progetti pro-bono di responsabilità sociale: all’ospedale Meyer, per supportare i bambini malati, a Intersos, alla comunità di Sant’Egidio. Sono anche co-creatice del “Progetto Nerd? (Non è roba per donne?)”, in collaborazione tra Ibm e il dipartimento di Informatica della Sapienza di Roma. Stimoliamo le ragazze ad avvicinarsi alle materie Stem (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), coinvolgendo 30 università Italiane.

Finora hanno partecipato più di 12.000 ragazze e 1.200 scuole superiori. Nel 2020, 5.127 studentesse che hanno scoperto cosa significa essere informatiche. Tra i progetti che hanno elaborato, ha vinto un chatbot per supportare le ragazze vittime di violenza domestica. Il team si è aggiudicato uno stage di 3 giorni in Ibm, una full immersion nel mondo della tecnologia. Il progetto fa capire che è possibile laurearsi in materie Stem, anche nelle piccole università, e sviluppare progetti concreti».

Come nascono le idee che portano a invenzioni?

«Sempre da un problema reale, per risolverlo. Alcune soluzioni hanno le caratteristiche per diventare brevetti. Quasi tutti i miei brevetti sono nati in auto. Quando guido, senza figli, la mia mente si concentra e arrivano le intuizioni. Dopo due ore di attesa per comprare dei panzerotti, mi è venuta l’idea di un’app che elimina la coda, brevettata in America con successo. L’ultimo brevetto, lo scorso agosto, è Naso, un sensore che applicato al cellulare è in grado di captare pollini. Le informazioni servono all’utente per valutare le condizioni dell’aria (mio figlio ha varie allergie) e possono essere condivise in Rete. Potrà servire anche per individuare fughe di gas e avvertire i pompieri».

Come si diventa inventori?

«Non c’è una laurea specifica. Ognuno ha il suo cammino di studi ed esperienze. Ma bisogna saper riconoscere quando un’idea è disruptive e risolve un problema comune in maniera nuova».

Quali sono i passi del cammino di un inventore?

  1. Lasciarsi andare con la creatività. Non bloccarsi, cercare soluzioni in testa.
  2. Studiare, cercare documentazione su come fare, informarsi sui brevetti, riconoscere se l’idea è brevettabile.
  3. Collaborare con esperti. Spesso l’invenzione è frutto di un team.

Come trovano lavoro gli inventori?

«Le strade sono due. Ci sono ragazzi e ragazze che si scoprono inventori attraverso il valore innovativo delle loro tesi. E pensano a una startup. Altri invece cominciano a lavorare con grandi aziende italiane, di respiro internazionale. Per mettersi in proprio servono particolari attitudini. Io non ho le caratteristiche dell’imprenditrice e sono innamorata dell’azienda per cui lavoro da 27 anni. Per partire, si può anche partecipare a un bando per idee innovative, molte regioni li lanciano».

Consiglio?

«Nihil difficile volenti, niente è difficile per chi vuole ottenere qualcosa. Bisogna credere in sé, non abbattersi, avere il coraggio di tentare. Nessuna scusa, mai passi indietro. Non ero convinta del mio primo brevetto. Ma vedevo che colleghi maschi non si facevano problemi. Dobbiamo essere più sicure e puntare su noi stesse».

Tratto dall’articolo “Professione inventore” pubblicato su Millionaire di febbraio 2022.

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