Pixar

Pixar, storia dell’azienda più creativa del mondo

Di
Redazione Millionaire
10 Aprile 2017

Un’impresa da sogno, che sforna sogni. Storia della Pixar, la major cinematografica per cartoon, e le sue lezioni di business. «Fate in modo che i vostri sogni infantili si avverino e abbiate il coraggio di correre dei rischi»

Uffici come sale giochi, via libera alla creatività, gare di scooter in orario di lavoro, ambienti personalizzati, un calcio alla gerarchia e, alla fine di ogni progetto, un bel party per festeggiare tutti insieme. Benvenuti alla Pixar, la casa cinematografica di film come Nemo e Ratatouille, inserita qualche anno da Fortune nell’elenco delle aziende in cui si lavora meglio. Qui non ci sono dress code e orari da rispettare, ognuno è libero di esprimere le proprie opinioni e far circolare le idee. Negli Usa, lavori così vengono definiti dream jobs, lavori da sogno. E infatti ogni anno qui arrivano circa 30mila candidature di aspiranti collaboratori. Selezione durissima, eppure anche qualche italiano ce l’ha fatta. Come Enrico Casarosa, illustratore e storyboard artist, che ha lavorato a Ratatouille e Up. O Guido Quaroni, programmatore e mago del 3D (si deve a lui la “peluria” di Monster&Co). Per provare a emularli, ci si può collegare al sito ufficiale (www.pixar.com) e dare un’occhiata alla sezione Pixar job-Career opportunity (al momento in cui scriviamo le posizioni aperte sono 21).

Come comincia l’avventura della Pixar

George Lucas, produttore, sceneggiatore e regista (fra gli altri, ha diretto Guerre stellari) nei primi anni 80 strutturò all’interno della sua casa di produzione cinematografica, la LucasFilm,  una divisione dedicata alla grafica digitale. Nel 1984, mentre ne erano a capo, Ed Catmull e Alvy Ray Smith fecero un’assunzione chiave: John Lasseter, classe 1957 (all’epoca aveva 27 anni, oggi ne ha 54). Sin da bambino, amava follemente i cartoni animati. Da ragazzo, frequentò una scuola d’arte e cominciò a disegnare. A un certo punto, inviò i suoi disegni a Disney Studios, ricevendo complimenti e un invito a un corso di animazione. Lasseter fu ammesso al corso e poi assunto da Disney, dove cominciò a lavorare su nuovi progetti di animazione. Fu tra i primi a intuire le enormi potenzialità del computer nella realizzazione dei film: «Ci siamo. Questa è la prossima vetta. Questo è il futuro». Fino al momento in cui gli venne detto che sviluppare la nuova tecnologia era inutile, a meno che questo non permettesse di accelerare i tempi o ridurre i costi. Dopo cinque anni, la Disney licenziò Lasseter, che passa a Lucas film, dove inizia una brillante carriera di animatore, sceneggiatore e regista di film importanti (Toy story, Cars).

Che cosa c’entra Steve Jobs

Forse non tutti sanno che il patron di Apple, a metà anni 80, per contrasti interni abbandonò il board societario della società di Cupertino e fondò la NeXT computer. Sarebbe poi tornato in Apple per portare la “mela” ai successi attuali. Nello stesso periodo, Jobs rilevò da Lucas per 10 milioni di dollari il reparto di animazione computerizzato della Lucas Film e la fece diventare una società indipendente. La Pixar, appunto. Il 1991 fu un anno di svolta. Venne firmato il primo di una lunga serie di accordi tra Walt Disney Pictures e Pixar. La partnership tra i due colossi era nell’aria e anche nella natura delle cose. Se Walt Disney aveva inventato il cinema di animazione, Ed Catmull si apprestava a scriverne un nuovo importante capitolo grazie all’uso del computer e dell’animazione digitale. Le due società si accordarono per produrre insieme film di animazione che poi sarebbero stati distribuiti dalla Walt Disney.

Profitto e creatività

Nel 1995 uscì il primo lungometraggio interamente generato tramite computer: Toy story. Un successo senza precedenti: 360 milioni di dollari incassati in tutto il mondo. «Realizzarlo fu un po’ come tornare a scuola, una scuola in cui stavamo creando il film che volevamo vedere e far vedere ai nostri amici» spiegò Pete Docter, sceneggiatore del film.

A quel punto, Steve Jobs decise che quotare la Pixar in Borsa fosse la soluzione migliore per tutelare gli interessi di lungo periodo della società. Il timore di John Lasseter era però che la mentalità di Wall Street improntata al profitto a breve termine avrebbe cambiato la cultura innovativa dell’azienda. «Se dovesse succedere questo, me ne andrei subito» disse Lasseter a Jobs. «Non ti chiederò mai di farlo. Continua a realizzare i film divertendoti e non preoccuparti del corso azionario» gli rispose Jobs.

Pixar e Disney: matrimonio d’amore?

Il contratto siglato con Disney prevedeva una durata di 10 anni, cinque film prodotti, la divisione di costi e profitti. L’accordo giovò a tutti: i primi cinque lungometraggi incassarono 2,5 miliardi di dollari, rendendo la Pixar la casa di produzione di maggior successo di tutti i tempi. Ma nel 1999 Steve Jobs e il Ceo di Disney entrarono in contrasto su alcuni termini dell’accordo. Nel 2004 ci fu un nuovo tentativo. Forte dei suoi risultati, la Pixar si offrì di pagare Disney solo per la distribuzione, e non la divisione dei profitti e dei diritti commerciali, il 12,5% dei diritti dei film (merchandising compreso). La Disney rifiutò e, detenendo i diritti dei personaggi Pixar, mise in piedi uno studio di animazione ad hoc (Circle 7 Animation), con l’intento di produrre sequel e serie tv con i personaggi Pixar a costi più contenuti.

Alla fine di quell’anno, lo studio contava di assumere 170 persone e di mettere in pista Toy story 3 e i sequel di Monsters & Co. e Alla ricerca di Nemo. Nel 2005, la Disney aveva anche iniziato a produrre in proprio film in computer grafica, ma con successi molto modesti.

I negoziati si conclusero nel 2006, quando Steve Jobs decide di cedere la Pixar alla Disney per 7,4 miliardi di dollari (contro i 10 milioni pagati 20 anni prima). A quel punto la Pixar diventò il più grande studio d’animazione del mondo. Steve Jobs entrò nel consiglio di amministrazione della Disney e ne è attualmente il più grande azionista individuale. Dal 2005 John Lasseter è diventato il direttore creativo della Pixar e dei Walt Di-sney Studios.

Anche in questi anni travagliati, i film Pixar avevano continuato a uscire

I primi film erano stati grandissimi successi. Dopo il 2003, però, il successo commerciale cominciò a declinare. Tutti i film usciti in seguito hanno guadagnato meno. Con un budget quasi uguale al film sul pesce pagliaccio, Gli incredibili ha incassato il 25% in meno, Wall-e ha fruttato solo il triplo del suo investimento (quello di Toy story era stato 10 volte tanto). Ma tutti ebbero un grande successo di critica. Come disse Bob Iger, presidente di Disney:

Il nostro primo obiettivo è realizzare film meravigliosi. Se il film dà vita a un marchio di successo, siamo i primi a far leva su di esso. Da un approccio meccanico alla creatività, con ogni probabilità, scaturiscono monotonia e insuccesso.

lezioni di business da Pixar

  • Guarda il mondo con gli occhi di un bambino. «Chi si occupa di animazione rimane bambino e conserva la meraviglia infantile e l’osservazione delle piccole cose che succedono nel mondo» ha detto Lasseter.
  • Fai le cose in modo diverso. L’idea alla base del film Gli incredibili erano buone, ma la realizzazione tecnica si presentava molto problematica. A Lasseter fu detto che ci sarebbero voluti 10 anni e un budget da kolossal per portare a termine il film. Il regista Brad Bird disse: «Dateci le pecore nere. Voglio artisti frustrati, quelli che fanno le cose in modo diverso e non vengono ascoltati da nessuno». Il film fu un enorme successo e vinse l’Oscar.
  • Lavora divertendoti. «La quantità di divertimento vissuto dalla troupe durante la realizzazione del film si traduce nella quantità di divertimento che esso suscita negli spettatori. Ecco perché, nel nostro lavoro, il gioco è fondamentale» ha detto Lasseter.
  • Valorizza gli uffici. Steve Jobs ha progettato i luoghi della Pixar con un preciso disegno. Ha creato un open space in cui ha situato la sala riunioni, il bar e i bagni. L’obiettivo era far interagire le persone, perché gli incontri informali favoriscono divertimento, armonia, produttività.
  • Coccola i dipendenti. Orari elastici, piscine olimpioniche, campi da basket, calcio e pallavolo, piste da skate, un cinema da 230 posti con proiezioni a ciclo continuo, free drink e snack, ottimi ristoranti (sempre gratis) al posto della mensa. Aree relax e sale giochi in cui divertirsi e far fiorire la creatività. Scooter elettrici a disposizione per spostarsi da un punto all’altro del campus. E poi c’è la Pixar University, aperta anche fuori dall’orario di lavoro, che mette a disposizioni gratis corsi professionali.
  • Punta sul team. In Pixar più dell’idea conta il team. Che senso avrebbe affidare un’ottima idea a un pessimo team? E poi i manager sanno che non c’è nulla di sbagliato (anzi) nell’assumere qualcuno più brillante! E la vera sfida è far lavorare tutti in armonia a un progetto comune. In Pixar la chiave del successo è quella di unire le due anime dell’azienda: artisti e smanettoni.
  • Non copiare, innova! Correre rischi è un anello fondamentale della catena dei valori più importanti. Spiega il presidente Ed Catmull: «Noi dirigenti dobbiamo resistere alla tentazione innata a evitare o minimizzare i rischi. Questo istinto porta a scegliere di copiare i successi invece di provare a creare qualcosa di nuovo. Ecco perché si vedono così tanti film che si assomigliano. Se vuoi essere originale, devi accettare l’incertezza, anche quando crea disagio. E devi avere la capacità di riprenderti quando la tua organizzazione corre un grosso rischio o fa un buco nell’acqua».
  • Verifica. Alla fine di ogni progetto, in Pixar usano una tecnica soprannominata post mortem, che consiste nell’individuare cinque cose che si farebbero in maniera diversa e cinque che invece si ripeterebbero. Questo aiuta a far il punto sul lavoro fatto, migliorare le procedure, aumentare coesione e trasparenza.
  • E ora… party! In Pixar ogni occasione è buona per far festa. Alla fine della lavorazione di ogni film c’è un party celebrativo.

 di Lucia Ingrosso

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