Dopo aver introdotto un nuovo modello di organizzazione del lavoro (super flessibile: i dipendenti possono scegliere se lavorare da casa, in ufficio o combinando le due modalità), Revolut estende i confini del remote working. La fintech inglese permetterà a tutti i suoi collaboratori di lavorare da un altro Paese fino a 60 giorni in un anno. Un’opzione interessante se si considera che l’azienda, che ha la sua sede principale a Londra, impiega persone di ogni provenienza. Lo stesso founder, Nik Storonsky, ha origini russe (qui la sua storia).
La nuova politica di lavoro temporaneo dall’estero è nata proprio per rispondere alle richieste dei dipendenti che vorrebbero trascorrere più tempo nel loro Paese, visitare le loro famiglie più spesso o per periodi più lunghi. L’azienda ha studiato la policy in base alle normative in materia di imposte per la società, imposte sul reddito, immigrazione e previdenza sociale.
«Quando i Paesi inizieranno a revocare le restrizioni locali e di viaggio, dopo un anno a porte chiuse, questa nuova policy sarà un enorme successo tra i dipendenti» ha commentato Jim MacDougall, VP of People di Revolut. «I lavoratori hanno chiesto flessibilità ed è quello che stiamo offrendo».
Lavoro ibrido e team senza confini
Dai sondaggi interni condotti da Revolut, tra i suoi oltre 2000 dipendenti, è emerso che il 56% del personale preferirebbe lavorare da casa tra le 4 e le 2 volte a settimana. Il 36% vorrebbe lavorare da remoto al 100%. Solo il 2% andrebbe tutti i giorni in ufficio. Quasi tutti (il 95%) sono convinti che il lavoro da casa dell’ultimo anno non abbia influito sulla produttività personale o sulle prestazioni del team (per l’89% degli intervistati).
Secondo l’azienda, il nuovo modello di lavoro ibrido e flessibile, anche in termini geografici, permetterà inoltre di «costruire team senza confini e di offrire opportunità di carriera a molte più persone di talento».