La storia, lontana nel tempo, di Madam C. J. Walker, tornata di attualità grazie alla miniserie Self Made su Netflix. Che ha molto da insegnarci anche oggi: «Non ho solo un sogno: ho anche un piano».
Una vita, tre svolte. Da figlia di schiavi, a lavandaia, cuoca e poi imprenditrice di successo. Sarah Breedlove, meglio nota come Madam C. J. Walker, secondo il Guinness dei Primati è la prima donna a essere diventata milionaria grazie ai suoi meriti. Nel 2002 è stata inserita nell’elenco dei 100 afroamericani più importanti della storia. Ha inventato un prodotto rivoluzionario, che soddisfaceva un bisogno molto sentito e consumato da centinaia di migliaia di clienti. La sua è stata una vita all’insegna della continua lotta per far valere i suoi diritti, di donna e donna di colore in particolare. Ha accumulato un patrimonio oggi quantificabile in circa 6 milioni di dollari e dato lavoro a decine di migliaia di donne. Ha inventato o applicato molte delle tecniche di marketing e vendita usate ancora oggi. Due terzi del suo patrimonio li ha lasciati in beneficenza. È entrata nella National Womens’ Hall of Fame.
Questa è una storia lontana nel tempo: Sarah è vissuta tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Ma è tornata di attualità grazie alla miniserie Self Made in onda su Netflix e interpretata da Octavia Spencer. Ma chi è Sarah e che cosa ha ancora da insegnarci oggi?
Da figlia di schiavi a lavandaia
Nasce nel 1867 in Louisiana, quinta di 6 figli e prima “libera”. Risale ad appena 4 anni prima, infatti, il proclama di emancipazione di Abramo Lincoln. I suoi genitori e i suoi fratelli maggiori restano come dipendenti di un grande possidente terriero di cui sono stati per anni schiavi, lavorando nelle sue piantagioni di cotone. Quando compie 6 anni, la locale scuola elementare chiude i battenti per mancanza di fondi: non avrà mai un’istruzione regolare.
Rimane orfana che è ancora bambina. Va a vivere a casa della sorella maggiore. A 14 anni, per sfuggire ai maltrattamenti del cognato, Sarah si sposa, 3 anni dopo ha la sua unica figlia Leila, a 20 anni rimane vedova. Raggiunge così i suoi fratelli che fanno i barbieri a St. Louis. Sono loro che trovano a lei un lavoro da lavandaia presso clienti bianchi ricchi e alla fi glia una scuola. Sarah si sposa una seconda volta, ma il marito, traditore e giocatore d’azzardo, le dà solo problemi.
La svolta: merito dei capelli
La vita di Sarah, come quella di tante donne di colore dell’epoca, è dura: tanto lavoro, condizioni igieniche pessime, case senza acqua, corrente elettrica e riscaldamento, alimentazione insufficiente e sbilanciata. Una delle conseguenza è la perdita dei capelli. «Avevo perso la speranza di poter avere un sogno. E lì ho iniziato a perdere anche i capelli». Finché in suo aiuto arriva Annie Malone, che ha inventato una lozione a base di zolfo. Nella serie, lei è la sua datrice di lavoro e fra le due avviene uno scambio: trattamento per i capelli in cambio di biancheria pulita. Finché Sarah non si sente in grado di vendere i prodotti. Sempre nella fiction, Annie la umilia dicendo che non ha il fisico adatto. Lì sarebbe nata una rivalità proseguita negli anni, con la Malone nella parte della “cattiva”.
Da venditrice a imprenditrice
In realtà, Sarah diventa una delle venditrici del nuovo prodotto di Annie. Quindi si trasferisce a Denver e, nel 1905, sposa il suo terzo marito, Charles Joseph Walker, impiegato nel mondo della pubblicità. Ha grandi sogni («I sogni sono il modo in cui Dio ci mostra i suoi piani») e grandi ambizioni. A Denver conosce Edmund L. Scholtz, imprenditore farmaceutico (forse è la sua cuoca per un periodo) che, insieme ai fratelli barbieri, la aiuta a realizzare la sua linea di prodotti per capelli. Così Sarah assume il nome di Madam C. J. Walker (da quello del marito), molla Annie Malone (che fa uscire inserzioni pubblicitarie che ammoniscono a “diffidare dalle imitazioni”) e si mette in proprio. All’epoca è difficile affermare la paternità di una linea di prodotti a base di zolfo (già conosciuti) e dell’uso del pettine a caldo (una sorta di piastra ante litteram).
Da qui in poi, le due donne proseguono i loro percorsi divise, ma in parallelo. La Malone dà lavoro a 75mila persone, diventa ricchissima, fa beneficenza e prospera fino al 1957, anno della sua morte. Ma se fino a noi è arrivata solo la storia di Sarah, è anche grazie alla biografia On her own ground, scritta da A’Leila Bundles, pronipote adottiva. Da leggere anche: Madam C. J. Walker & la formula della bellezza (Mondadori).
Sarah inizia a vendere i suoi prodotti nei mercati, usando storie di fantasia (afferma che il prodotto le è stato suggerito in sogno da un “grande uomo nero”) e puntando su se stessa come testimonial. «Racconto la mia storia, perché sono la dimostrazione che questo prodotto funziona. Aggiungo le testimonianze delle mie clienti soddisfatte. Do speranze, ma non false speranze». Il passo successivo è quello di crescere grazie alla vendita porta a porta, impiegando giovani donne di colore (hair culturist o walker agent) che sono formate sui principi di cosmesi, tricologia e vendita in un college creato ad hoc. A loro, arriva ad averne 20mila, insegna a rendersi indipendenti. «Non scommettere la tua vita su un uomo: guadagnati da vivere».
«Io voglio di più»
Madam C. J. Walker non è un tipo che si accontenta. Se un prodotto ha successo, vuole creare un’intera linea. Se la vendita porta a porta funziona, lei scommette su quella per corrispondenza (e a capo della divisione mette la figlia). Nel 1908 si trasferisce a Pittsburgh, nel 1910 a Indianapolis, dove costruisce una fabbrica in cui realizzare i suoi prodotti. Lo scoglio più arduo è l’ottenimento di credito, sia in senso di attenzione sia di finanziamenti. All’epoca, il posto delle donne viene considerato la cucina e quelle che fanno impresa sono viste con sospetto, a maggior ragione se sono di colore. Ma, grazie alla sua tenacia, alla fine viene accreditata nella comunità degli imprenditori di colore.
«Venivo dai campi di cotone del Sud. Sono stata promossa lavandaia. Poi sono stata promossa cuoca. Da lì mi sono promossa da sola nel mondo degli affari, ideando e realizzando prodotti per capelli» dirà, una volta ammessa sul podio dei relatori. Ma lei non si ferma davanti a nessun ostacolo: «Non ho solo un sogno: ho anche un piano. Quando metto i semi, non mi aspetto di vedere i germogli già il giorno dopo. Questo dico ai potenziali investitori». Madam C. J. Walker viaggia negli Usa e nei Caraibi, dove estende la vendita dei suoi prodotti. Si trasferisce nello Stato di New York, dove apre un salone di bellezza e acquista una villa faraonica, arredata in modo lussuoso. La sua sfrenata ambizione e il suo stakanovismo mettono in crisi il suo matrimonio. Il marito finirà per tradirla e sposarsi con una sua concorrente. Ma né il matrimonio né la nuova impresa avranno lunga vita.
«Voglio che i miei sogni non finiscano con me»
«Non posso decidere quando lasciare il mondo, ma posso decidere che cosa lasciare al mondo» afferma, quando sente di non avere più molto tempo da vivere. Importante il suo impegno in beneficenza (sotto forma soprattutto di borse di studio per i giovani di colore), in politica e a favore della collettività (finanzia la costruzione di un teatro di Indianapolis, realizzato nel 1927, designato poi monumento storico nazionale).
Quando muore nel 1919, a 51 anni, ha un patrimonio di 600mila dollari (l’equivalente di 6 milioni attuali) e ne lascia 2/3 in beneficenza. A capo dell’azienda resta il suo collaboratore più fidato, Freeman Ransom. Nel 2016 l’azienda Sundial Brands, in collaborazione con Sephora, ha lanciato la collezione di prodotti naturali per capelli intitolata a lei: Madam C. J. Walker Beauty Culture. A tenere vivo il suo spirito resta una fondazione che aiuta i giovani di colore a studiare, crescere e fare impresa (info: madamwalkerlegacycenter.com).
Tratto da Millionaire di luglio-agosto 2020.