Red Generic Brand Barbecue Grill in the backyard.

Regno Unito e Europa: una fiamma di troppo

Di
Redazione Millionaire
28 Luglio 2022

Europa e Regno Unito devastati dalle fiamme

Si è da poco superata la metà dell’anno e, complice il caldo record in tutto l’emisfero occidentale, si può affermare con certezza che la superficie di territorio divorata dagli incendi è già superiore a quella dell’intero 2021. In sintesi, questo 2022 ha buone probabilità di essere l’annus horribilis nella storia degli incendi in Europa: sono oltre 517.000 gli ettari bruciati nei Paesi dell’Unione Europea. E nel Regno Unito le cose non vanno certo meglio.

A cosa sono dovuti questi incendi? In breve: a siccità, policy governative poco lungimiranti e una buona dose di idiozia umana. Le tre cause sono concatenate. Ma, andiamo con ordine.

 

Precedente storico: la “Grande Siccità” del 1976

La siccità non è certo una novità, anzi: è la diretta conseguenza degli inarrestabili cambiamenti climatici innescati dall’attività umana. Ad esempio, in Inghilterra una siccità estrema e paragonabile a quella odierna si verificò nel 1976: allora, un’ondata di caldo simile a quelle che investono i Paesi mediterranei d’estate causò una prolungata assenza di precipitazioni e un progressivo inaridimento dei terreni.

Si parlò di Great Drought (“Grande Siccità”, ndr), un unicum dal 1717. Per tutelare la popolazione e salvaguardare le scorte di acqua disponibili, il Governo britannico impose un razionamento idrico rafforzato. Fu un periodo difficile, considerando che massicci incendi e roghi, causati da sigarette disperse nell’ambiente trovarono terreno fertile nella vegetazione secca, devastando gran parte della nazione.

 

50 anni dopo: tutte resta (quasi) lo stesso

Oggi, a quasi 50 anni dalla Grande Siccità, le cose non sono quasi per nulla cambiate: ora come allora le precipitazioni sono rade, molti terreni e gran parte della vegetazione sono secchi (a rischio incendi) e il comportamento irresponsabile di alcuni trova conferma nelle stime del WWF per il quale nel 97% dei casi un incendio ha origine umana.

Di questi tempi, infatti, a destare preoccupazione non sono più (solo) le sigarette di fumatori negligenti, ma anche gli aspiranti grillmaster ai propri barbecue. Abituate a estati con condizioni climatiche ben differenti dalle attuali, molte persone hanno approfittato del bel tempo prolungato per darsi a una delle più comuni attività all’aria aperta: la grigliata. Così, diversi incidenti hanno innescato roghi pericolosamente vicini alla capitale.

 

Roghi

I limiti dei policymaker

A questo punto, ci si potrebbe chiedere quanto stiano lavorando i Governi per prevenire (nella migliore delle ipotesi) o arginare (nella peggiore) i cataclismi naturali che, spesso e volentieri, elevano alla massima potenza i danni causati dall’irresponsabilità e dalla noncuranza di alcuni. La risposta è semplice: poco.

Per restare sul caso inglese, è bene dire che dalla Great Drought del 1976 non sono stati fatti grandi passi avanti nella realizzazione di infrastrutture per la raccolta e lo stoccaggio dell’acqua. Sebbene l’immagazzinamento di risorse idriche possa aiutare in periodi di siccità estrema, scongiurando di rimando anche il pericolo di grossi incendi, oggi il Governo inglese si trova in larga parte impreparato. Come 50 anni fa.

E non è tutto. Considerando che le catastrofi si verificano laddove regna il lassismo, forse sarebbe stato opportuno utilizzare gli strumenti legislativi di cui ogni Paese dispone, per creare o rinforzare disposizioni contro comportamenti potenzialmente pericolosi. Nulla di ciò è stato attuato né in Europa né nel Regno Unito.

Anzi, si è sempre permesso (e tollerato) che la libertà e le scelte individuali prevalessero, mentre la salute pubblica, il benessere e la sicurezza dell’intera collettività sono finite sempre e comunque in secondo piano. È vero, l’incuria di molti individui è un male, ma la cecità di tanti policymaker è forse anche peggio.

 

I numeri di un disastro annunciato

A questo punto vale la pena chiedersi quanto sia costata a molte persone, nel Regno Unito, la superficialità di poche altre. Qualche cifra. Enfield (a nord di Londra), Hayes (nei pressi di Heathrow), Thamesmeade e Wennington (a est), sono stati epicentro di roghi devastanti. Quello di Enfield, ad esempio, ha interessato un’area di 20 ettari ed è stato domato solo grazie all’aiuto di 100 uomini e 14 automezzi. Hayes, invece, ha richiesto il contributo di 40 pompieri e 6 automezzi. Thamesmeade e Wennington non sono da meno: 65 vigili del fuoco, 8 automezzi, una barca e 4 pompieri ricoverati per ustioni gravi. Ma sono stati talmente tanti i casi che, in poche settimane, il Regno Unito ha registrato un incremento dell’attività dei vigili del fuoco mai così alto dalla Seconda Guerra Mondiale!

Purtroppo, oltre alla frequenza e all’intensità, stanno aumentando anche le dimensioni dei mega roghi: quest’anno, in Italia sono stati distrutti dalle fiamme circa 170mila ettari, il 60% in più della media combinata per gli anni 1980-2018. Insomma, data la portata del fenomeno e le sue implicazioni naturali e umane, c’è già chi parla di “nuova generazione di incendi”, che mette a dura prova i mezzi a nostra disposizione per spegnere le fiamme.

La verità più dura da accettare però è un’altra: fatti salvi i cambiamenti climatici, la siccità, i disastri ambientali, gli oceani e le falde acquifere contaminate da microplastiche, la fine dell’umanità sembra distare solo una grigliata tra amici in più. Come recita il famoso detto: “Chi è causa dei suoi mali, pianga se stesso”.

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