Questo cuoco è un’industria

Di
Redazione Millionaire
10 Agosto 2012

Jamie Oliver, 36 anni, è uno degli uomini più ricchi d’Inghilterra. Chef, scrittore, conduttore televisivo, editore, produttore di forni a legna. Partito da zero, si è trasformato in un uomo d’impresa che ha esteso il suo business in tutto il mondo del cibo

Ha guadagnato 73 milioni di euro in 12 anni, semplicemente cucinando. È dislessico, non hai mai letto un libro ma ne ha scritti quasi 20 che gli hanno fatto piovere addosso 112 milioni di euro e lo hanno reso il secondo autore più venduto dopo l’autrice di Harry Potter. Jamie Oliver, 36 anni, cuoco e conduttore tv inglese, oggi siede su un impero di una catena di ristoranti e innumerevoli serie tv che incollano allo schermo milioni di spettatori. Non solo. Ha fondato una rivista di ricette, un sito per la vendita di casalinghi online e una casa di produzione tv. Ha costruito la sua fortuna bruciando le tappe e partendo senza capitali da un paesino della campagna inglese, 70 km a nord di Londra. Qual è il suo segreto? «Sono cresciuto circondato dal cibo e dalla cucina del pub dei miei genitori, in cui la ristorazione è il cuore del business. Per tutta la vita ho visto mio padre alzarsi all’alba per preparare il pane fresco» ha raccontato Oliver a Millionaire. «A sette anni, gli ho chiesto la prima paghetta. La sua risposta è stata una lezione di vita. “No, non te la do. Però te la puoi guadagnare”. Così ho iniziato a lavorare in cucina: in principio davo una mano con i compiti più semplici come pulire le verdure. Ma in breve mi appassionai: amavo cucinare, preparare i cibi e tutto ciò che capitava intorno ai fornelli. A 11 anni ero in grado di arrostire un pollo».

A 13 anni Oliver molla la scuola

La dislessia non gli permette grandi progressi, a 13 anni il suo posto nell’azienda familiare tra padelle e mestoli è già assicurato. Il padre lo mette alla prova, urlandogli ogni mattina “giù dalle brande!”. Per un breve periodo lo manda a lavorare nella cucina di un ristorante di un Paese vicino. Oliver dimostra di essere in grado di rimpiazzare un cuoco che ha il doppio della sua età. A 16 anni, nella scuola superiore di ristorazione a Londra, si distingue per essere tra i più veloci a tagliare i cibi. E nella capitale britannica fa i primi incontri importanti: come quello con uno chef amalfitano che gli trasmette l’amore per la cucina mediterranea e gli insegna tutto su pane e pasta freschi. «Avrei dovuto nascere italiano, perché ogni volta che visito il vostro Paese ne traggo ispirazione» confida Oliver. La svolta però arriva con il primo lavoro, ottenuto grazie a un’instancabile insistenza presso uno dei suoi ristoranti preferiti: il River Café (www.rivercafe.co.uk), vincitore di una stella Michelin. La cucina stagionale del locale aveva già guadagnato la luce dei riflettori mediatici con la produzione di una serie televisiva dedicata al mangiare bene. È proprio nella puntata speciale per le ricette di Natale del 1997 che il giovane Oliver buca il teleschermo per la prima volta e, mentre frigge funghi, ipnotizza l’attenzione con la disinvoltura e la freschezza con cui spiega ai telespettatori come preparare un piatto semplice.

Dai fornelli alla tv

Il giorno dopo, 15 diverse proposte di lavoro per il piccolo schermo bussano alla sua porta con proposte così allettanti da polverizzare la più che ragguardevole retribuzione del River Café, paragonabile a 50mila euro l’anno di oggi. Il boom arriva subito: nel giro di sei mesi, Oliver attrae sei milioni di spettatori a settimana e in breve il suo programma viene trasmesso in 12 Paesi – tra cui Italia e Francia. Intitolata The Naked Chef (cioè Lo chef nudo, con riferimento alla semplicità delle ricette), la serie conquista audience e diventa famosa come formula di cucina facile, accessibile, economica ma piena di glamour. Ripreso tra le pareti di casa, Oliver è irresistibile. «Non so quanto abbia contribuito la mia immagine al successo: non ho un consulente che mi consiglia quali vestiti indossare o come tagliarmi i capelli. Semplicemente, indosso quello che mi va» sdrammatizza lui. Però è seguito dalla stessa agenzia di pr di vip del calibro di Naomi Campbell e Paul McCartney.

I segreti dei suoi bestseller

Il passo è brevissimo per doppiare l’esempio del River Café e pubblicare un libro che subito viene tradotto in 16 lingue: a 23 anni, Oliver scala le classifiche dei bestseller per sei mesi e scopre il business dell’editoria culinaria. «Nei miei libri metto tutto me stesso: scelgo le foto, il tipo di carta, provo tutte le ricette almeno tre volte o anche più per assicurarmi che funzionino» spiega Oliver. Il mix azzeccatissimo di una grafica pulita e colorata, immagini accattivanti, semplicità di spiegazioni e ingredienti, nel 2001 gli vale un altro colpaccio economico: diventare testimonial della catena di supermercati inglesi Sainsbury’s, un affare che in termini economici attuali si potrebbe tradurre in 500mila euro di compenso. E a pioggia arrivano altri successi come l’organizzazione di catering per star hollywoodiane. La creazione di una casa di produzione propria fa poi brillare la sua stella a 360 gradi: spettacoli teatrali culinari dal vivo replicati in Gran Bretagna e Australia, compilation musicali con canzoni da ascoltare mentre si cucina… Un turbine che, nel 2002, si trasforma in un tornado di critiche dovute in parte alla sovraesposizione mediatica, in parte all’invidia verso un giovane che a 26 anni aveva già venduto cinque milioni di libri e a cui erano stati offerti milioni di euro per rinnovare il contratto pubblicitario con Sainsbury’s. Ma del resto, la catena di supermercati, grazie a lui, aveva visto le vendite dei prodotti segnalati nei suoi spot triplicare nel giro di pochi mesi. Il rovescio di fortuna dura poco: dopo l’iniziativa benefica del ristorante Fifteen (vedi box a pag. 126), Oliver riacquista l’amore del pubblico lanciandosi in una campagna per l’eliminazione del cibo poco salubre nelle mense scolastiche britanniche. «Per me è stato un vero punto di svolta. Questa iniziativa ha avuto un riflesso politico sulla mia persona, ha cambiato la politica governativa britannica e fatto gestire in modo diverso milioni di euro destinati agli investimenti per il cibo scolastico» dichiara Oliver. Negli ultimi anni il suo business ha incluso la vendita di forni a legna, vino e App per chi ama la buona cucina. «Non ho una giornata tipo. Mi alzo presto perché ho quattro figli a cui preparo la colazione, poi vado al lavoro: a volte ci sono delle riunioni, altre lunghissime ore ai fornelli per creare piatti nuovi nei miei ristoranti o per i libri o ancora per le foto del Jamie Magazine. Come costruiamo il nostro business? Ci guardiamo intorno e diciamo “ok, possiamo farlo meglio e a un prezzo più basso”. Penso sempre che i clienti siano il mio capo e mi dicano subito quando sbaglio. Il segreto del mio successo è nell’ascolto del pubblico: non lo sottovaluto mai» conclude Oliver.

INFO: www.jamieoliver.com

«sei disoccupato? vieni a lavorare da me»

Si chiama Fifteen (cioè 15), dal numero di apprendisti a cui, ogni 12 mesi, offre lavoro, formazione e un biglietto da visita più che prestigioso per le loro future carriere: il ristorante aperto da Oliver nel 2002 apre le porte delle cucine solo a giovani disoccupati con la passione per la cucina in cerca di una chance. «Dieci anni fa lavoravo al mio terzo libro e a una serie tv. Ero felice, ma mi sentivo in debito nei confronti dell’industria della ristorazione, da cui avevo ricevuto molto. Ecco perché ho avviato il Fifteen. Per aprirlo ho dovuto chiedere un prestito: in caso di fallimento avrei dovuto cedere la mia casa alla banca. Per fortuna è andato tutto bene: oggi il ristorante va a gonfie vele, continua a fare formazione ed è una delle cose di cui vado più fiero» racconta Oliver, che nel 2004 ha aperto un’altra sede ad Amsterdam e nel 2006 una in Cornovaglia. Al Fifteen i colloqui di selezione coinvolgono anche i genitori dei candidati.

INFO: www.fifteen.net

Parla il cuoco italiano

«Oliver dimostra che la professione ha molte chance»

«Jamie Oliver è uno chef con un grande talento da showman, capace di passare con agilità dalla routine della vita in cucina ai riflettori della tv. E il suo impegno nel volontariato è ammirevole» commenta Davide Oldani, cuoco, vincitore di una stella Michelin con il suo ristorante D’O di Cornaredo (Mi). «In Italia un suo alter ego potrebbe essere Alessandro Borghese» prosegue Oldani, riferendosi ai numerosi programmi per il piccolo schermo condotti dal figlio di Barbara Bouchet che, dallo scorso aprile, sul canale satellitare Real Time, presenta Cucina con Ale. «Tutti e due dimostrano che la nostra professione dà ancora tante chance: a patto però di partire con lo studio – almeno cinque anni – e poi proseguire con la gavetta. Solo così è possibile farsi ammettere nella cucina dei ristoranti più prestigiosi: per esempio al D’O i candidati devono superare una decina di colloqui, documentare un ottimo curriculum scolastico e dimostrare di aver letto i più importanti libri di settore» conclude Oldani. Aspirante chef avvisato…

Maria Spezia, Millionaire 7-8/2011

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