Non chiamatelo porno

Di
Redazione Millionaire
10 Agosto 2012

Negli Usa c’è una rivista erotica che fa il tutto esaurito. Partita nel 2009 con una vendita porta a porta, oggi stravende. Storia di Jacques. Ma l’editoria e il porno non erano morti?

È riuscito a conquistare lettori partendo da zero proprio quando tutti, a partire dal blasonato New York Times, perdono vendite e quote di mercato. Si è fatto strada nel mondo del porno, nel momento in cui il settore sta vivendo i suoi anni più terribili, perché il sesso si trova gratis, ovunque, sul Web. Si chiama Jacques, è un quadrimestrale pubblicato nella Grande Mela e definito luxury erotic, avviato nel 2009 da un fotografo, Jonathan Leder, 38 anni, e dalla moglie Danielle Luft, 24 anni, modella e caporedattrice della testata. Il segreto del suo successo? «La qualità. Il nostro obiettivo è stampare una rivista così bella da indurre la gente a collezionarla» spiega Leder a Millionaire.

Come avete trovato il coraggio di pubblicare una nuova rivista quando l’editoria macina perdite e conti in rosso?

«L’idea ci è venuta a fine 2008. Era un momento drammatico per l’economia internazionale, il punto più basso mai verificatosi da decenni: ho pensato che qualsiasi cosa avessimo fatto avrebbe solo potuto migliorare e avere fortuna. Ma c’è di più: con la crisi si creano tanti vuoti e molti sono disponibili a lavorare perché non hanno impiego: è più facile trovare collaboratori esperti che non si fanno strapagare».

Come è nata l’idea?

«Il mercato è dominato da due tipi di riviste: quelle di moda e quelle pornografiche. Nel mezzo non c’è nulla. Abbiamo pensato di colmare questa distanza con un prodotto diverso. Non ci occupiamo di abiti e i nostri servizi fotografici non sono rozzamente volgari come quelle di tante pagine pornografiche. Oggi su Internet si trova qualsiasi tipo di immagine a luci rosse con un semplice clic. L’effetto è di bassissimo livello. Noi ci ispiriamo a un altro tipo di erotismo».

Quale?

«Quello dei film retrò hollywoodiani degli anni 50 e 60. Anche per questo motivo io evito la macchina fotografica digitale e uso quelle analogiche, senza l’ausilio di luci particolari. Il nostro obiettivo è proporre foto che abbiano un sapore più elegante e sofisticato. Per intenderci: a Firenze i musei sono pieni di quadri che ritraggono donne nude, ma in quelle immagini non c’è nulla di volgare o degradante. Questo è anche il nostro intento: mostrare il corpo senza bassezze, in modo che definisco quasi romantico, mantenendo la sessualità entro un certo limite».

Quali le altre carte vincenti di Jacques?

«Innanzitutto il prezzo. All’inizio Jacques costava 9 dollari (6,33 euro), ora abbiamo alzato a 12 (8,44 euro). Sempre meno dei nostri competitor (vedi box a pag. 122), per cui bisogna sborsare da 19,95 dollari (14 euro) in su: costi che mi sembrano assurdi, davvero non capisco perché una rivista debba costare così tanto. Inoltre stampiamo in formato A4 (21 x 29,7 cm), cioè una misura adatta a far risaltare al meglio le foto».

La rivista si trova anche online?

«No. E anche questo è in netta controtendenza nel settore. Pubblichiamo solo la versione cartacea, perché puntiamo a produrre ogni volta un bell’oggetto, che sia piacevole da toccare e tenere sul tavolo. Abbiamo fiducia nella carta: la gente avrà sempre voglia di comprare qualcosa di tangibile, se bello».

Come scegliete i contenuti?

«Questo è il bello di fare una rivista: esprimere la propria creatività e condividerla con la redazione. Non abbiamo pressioni di nessun genere e facciamo quello che ci piace. Per esempio: vogliamo pubblicare un reportage di 10 pagine su una colonia di nudisti? Lo facciamo! Il giudizio di mia moglie ha un certo peso nella scelta. Il primo numero era molto povero di contenuti e anche più piccolo nel formato, oggi ci affidiamo a due autori e a parecchi collaboratori e il livello è decisamente migliorato. In genere pubblichiamo numeri monografici: abbiamo già parlato di sport, motocicletta, Asia…».

Quale il target dei lettori?

«Uomini e donne, professionisti e persone della strada… Gli uomini sono l’85% del nostro pubblico, ma ci comprano anche madri di famiglia che poi passano la rivista ai figli».

Quanti numeri all’anno pubblicate?

«Tre. Già così è un sacco di lavoro: curiamo circa 100 pagine a numero. In redazione siamo cinque-sei, oltre a me e a mia moglie ci sono gli autori e Svenja Knoedler, che fa da art director, illustratrice, impaginatrice, segretaria di redazione…».

L’investimento iniziale?

«Sui 10mila dollari (7.037 euro circa). Avevamo già esperienze di settore, sapevamo come evitare sprechi, dove e cosa cercare… Infatti sono stati sufficienti quattro-cinque mesi di lavoro per concretizzare il nostro progetto».

La diffusione della rivista?

«Stampiamo 10mila copie e le vendiamo tutte. Potremmo stamparne 50mila e so che anche così faremmo il tutto esaurito, ma in quel caso ci sarebbero economie di scala diverse e non so se riusciremmo a starci dentro con i costi. Questo perché per ora abbiamo circa una dozzina di clienti pubblicitari. Potremmo averne di più, a patto però di svendere una pagina pubblicitaria a 500 dollari (350 euro): mi oppongo con fermezza a queste proposte».

Dove si acquista Jacques?

«In Internet, ma inviamo solo negli Stati Uniti: le spese di spedizione extracontinentali sono proibitive. Riceviamo richieste da Germania, Australia, Italia, Russia… Però siamo obbligati a declinarle anche per le restrizioni di contenuto imposte dai trasportatori. Negli Stati Uniti siamo presenti in molte librerie di buon livello. Purtroppo la distribuzione è uno dei problemi della rivista: il nostro distributore lavora solo nei canali tradizionali e io non riesco a fargli capire che Jacques avrebbe ottime possibilità di vendita anche altrove. Per esempio nelle boutique di grandi alberghi, oppure in librerie di nicchia, o ancora in negozi di fascia medio-alta…».

Quali le difficoltà?

«Distribuzione a parte, ora avremmo bisogno di un manager per organizzare tutto. Anche perché, oltre alla rivista, produciamo un calendario e stiamo progettando un film e un libro… Anche trovare fotografi disposti a scattare con le vecchie pellicole fotografiche anziché in digitale è complicato».

Come vi siete fatti conoscere?

«Per il primo numero abbiamo fatto quasi una vendita porta a porta! È stata dura, spiegare e presentare a tutti una pubblicazione nuova e diversa: all’inizio sembrava che la gente non ci capisse. Poi il passaparola ci ha aiutato moltissimo. Grazie all’attenzione dei media, infine, siamo decollati. Abbiamo scelto Jacques, un nome di persona per differenziarci. Ricorda un playboy francese, è curioso e facile da ricordare».

La vostra storia insegna che c’è ancora spazio per l’editoria di nicchia?

«Direi di sì. Ma, più che di nicchia, parlerei di qualità. Noi non cerchiamo di fare concorrenza agli altri, piuttosto proponiamo uno stile diverso. Ecco perché non pubblichiamo recensioni degli ultimi modelli di cellulare o dell’ultimo film di un regista famoso: non ci interessa essere aggiornati. Siamo differenti dagli altri perché ricerchiamo una mentalità pre-Internet, quando nessuno era troppo distratto dal suo Blackberry e si occupava di troppe cose tutte insieme. E soprattutto vogliamo distanziarci da quelle pubblicazioni che sembrano interessate solo a riempire gli spazi tra una pubblicità e l’altra. Siamo convinti che la gente sia stufa di una bassa qualità in quello che compra. E cerchiamo, a ogni edizione, di mantenerla alta e migliorare quello che facciamo».

INFO: www.jacquesmag.com

La formula del successo

Ragazze al naturale, niente Photoshop, aria di vacanza

Le modelle di Jacques hanno attirato l’attenzione dei media. Si tratta di ragazze con curve più morbide rispetto alle mannequin delle riviste di moda. Come avviene il casting? «Innanzitutto le vogliamo americane» risponde Leder. «Proponiamo un ideale di bellezza raggiungibile, realistico, lontano dalla falsità patinata ormai così comune nell’editoria globale». Le bellissime immortalate hanno riscosso successo anche per la loro autenticità: scartati seni e labbra siliconati, banditi i ritocchi col bisturi, impensabili le correzioni fotografiche fatte ad arte con Photoshop. «Preferiamo ragazze normali alle modelle. È mia moglie a dire l’ultima parola: se una ragazza non le piace, difficilmente sarà pubblicata. Al di là dell’aspetto fisico, scegliamo persone che ci piacciono, con cui amiamo parlare e anche lavorare» spiega Leder. «Nei nostri servizi fotografici cerchiamo di mantenere uno spirito leggero, simile a quello di una giornata di vacanza. Ecco perché non usiamo New York come set fotografico». Quale copertina ha venduto di più? Difficile dirlo: quasi da subito abbiamo registrato il tutto esaurito» commenta Leder. «Vero però che l’edizione dedicata all’Asia è sparita subito: quella ragazza era proprio notevole».

I competitor

Playboy, celeberrima pubblicazione a luci rosse che in Italia è ritornata in edicola dal gennaio 2009, negli Stati Uniti vende 1,6 milioni di copie al mese: nel 1972 ne vendeva oltre 7 milioni. Per chi si abbona annualmente, un prezzaccio: 12 dollari (8,44 euro) più 4 per la spedizione, rispetto ai 71,88 dollari (50,58 euro) totali dell’acquisto in edicola.

INFO: www.playboy.com

Richardson, semestrale americano in formato A4, diretto dallo stylist Andrew Richardson, non disdegna la presenza di pornodive tra le sue pagine e affronta in modo diretto tematiche poco ortodosse come il sesso di gruppo e il sadomasochismo. In vendita dal 2010. Prezzo: 28 dollari per oltre 150 pagine.

INFO: www.richardsonmag.com

S Magazine, reinterpreta i temi redazionali, dalla moda all’arte, in chiave erotica e fetish, con servizi fotografici patinatissimi. Oltre 200 pagine, in edicola dal 2004 a 4 euro. INFO: www.smagazine.com

Il francese Purple, noto per le provocazioni dirette soprattutto al mondo della moda, fa di ogni numero un’edizione speciale firmata da un artista diverso, da Helmut Lang a Terry Richardson. Trimestrale, è in edicola con una nuova versione dal 2004. Prezzo: solo in edizione digitale, 9,50 euro a copia. INFO: www.purple.fr

Edwarda, bimestrale francese in vendita in sceltissime librerie parigine (e in poche altre città: Londra, Bruxelles, Austin), ha un prezzo di copertina di 16 euro. Propone edizioni monografiche (acchiappasogni, ebbrezza, maschera…) in cui l’erotismo è sempre abbinato allo chic e ispirato a opere cinematografiche e letterarie.

INFO: www.edwarda.fr

 

Maria Spezia, Millionaire 6/2011

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