Brasile, il nuovo ombelico del mondo

Di
Redazione Millionaire
20 Agosto 2012

L’economia galoppa, cresce il benessere, diminuisce la disoccupazione. 200 milioni di persone iniziano a consumare di tutto. E qui, tra San Paolo e Rio de Janeiro, nascono mode, imprese e idee. Destinate a invadere il mondo

San Paolo è la città più cool del Brasile. Metropoli da 20 milioni di abitanti, ci sono più elicotteri qui che a New York. 30mila persone guadagnano più di un milione di dollari al mese, spopolano le vendite di Ferrari, yacht di lusso e Montblanc. È San Paolo il simbolo del nuovo Brasile. Un Paese in cui l’età media è 28 anni (in Italia 44). Negli ultimi 10 anni, 35 milioni di persone hanno visto aumentare il loro reddito e sono entrate nella classe media. In pieno boom economico, possono permettersi di comprare il loro primo frigorifero, la prima tv, la prima automobile. Aggiungete a questo scenario un clima mite tutto l’anno, una natura lussureggiante, un carattere cordiale che accoglie le diverse culture. «Ciò che sta succedendo qui è paragonabile a quello che è avvenuto in Italia all’inizio degli anni 60, quando il nostro Paese è passato rapidamente da una società preindustriale a una postindustriale» esordisce Carlo Calabrò, 30 anni, a San Paolo da tre, manager del Banco Votorantim, la quinta banca privata del Brasile e autore insieme al padre Antonio del libro Bandeirantes.

Il Pil brasiliano ha superato quello dell’Italia

La crescita economica si legge nei numeri: il Pil nel 2010 è aumentato del 7,6%, superando quello dell’Italia. Ed è ulteriormente accelerata dal fatto di avvenire in un’epoca in cui sono presenti le nuove tecnologie. La gente non compra soltanto frigoriferi, ma anche iPhone e iPad, utilizza il Wi-Fi nelle grandi città e consuma su Internet. Il Brasile è la settima economia del mondo e sarà la quinta nel 2015. «Sta crescendo in un modo più razionale rispetto agli altri Paesi del Brics (acronimo per le economie emergenti: oltre al Brasile anche Russia, India, Cina e Sudafrica, ndr), perché il suo sviluppo è basato su un vantaggio unico: è tra i primi 10 produttori al mondo di tutto ciò che si possa immaginare» spiega a Millionaire Axel Dieudonnè, belga, 47 anni di cui 25 trascorsi in Brasile, consulente nel mercato dell’alimentazione e dell’agricoltura. Caffè, cotone, canna da zucchero, soia, allevamenti di bestiame (un terzo di tutta la carne consumata sul Pianeta proviene dal Brasile), minerali quali ferro (primo produttore al mondo), bauxite (sesto produttore di alluminio) fino al petrolio, con la recente scoperta dei nuovi giacimenti pré-sal nella baia di Santos, che faranno del Brasile il quinto produttore petrolifero del mondo: l’elenco delle ricchezze naturali del Brasile è lunghissimo e pieno di primati.

L’uso intelligente delle risorse

Ma avere le risorse non basta, bisogna farne un uso intelligente. E il Brasile non si è limitato a esportare le sue materie prime, le ha anche trasformate. «Ciò ha portato valore all’interno del Paese e ha attratto investimenti internazionali, tecnologia, ricerca e innovazione» spiega Antonio Calabrò, giornalista e direttore della Fondazione Pirelli. «Non solo. Ha sviluppato il mercato interno, attraverso politiche di sostenibilità sociale: lotta alla povertà, risanamento delle favelas, finanziamento dei redditi più bassi. Grazie a queste azioni, ben 28 milioni di persone sono uscite dalla povertà». Un lavoro cominciato nel 1994 da Fernando Henrique Cardoso, con la lotta all’inflazione, l’introduzione di una nuova valuta (il real) e la sistemazione dei conti pubblici, continuato con le politiche di crescita economica e sostegno dei redditi di Lula e che prosegue nel segno della continuità con l’attuale presidente Dilma Rousseff, eletta nel novembre 2010.

Il Brasile di oggi è un paese più ricco e la sua ricchezza è più distribuita. Un’enorme massa di persone oggi si riversa nelle strade e compra di tutto. «Vivo a Santos, da 18 anni. È il più grande porto dell’America Latina, da qui si movimenta il 50% delle merci in arrivo e in partenza dal Brasile. E da qui partono anche le navi da crociera: mai come di questi tempi le ho viste così cariche di gente» ci racconta Gianluca Magliulo, 45 anni, di Milano, assicuratore. E così i brasiliani, un popolo informale (tutti si danno del tu) e allegro, è diventato il più ottimista del mondo. Un ottimismo che si può toccare con mano, soprattutto nelle grandi città, e che contagia anche le espressioni artistiche e culturali. Francesco Morace, sociologo e direttore di Future Concept Lab, a gennaio del 2011 ha aperto la prima sede straniera della sua società proprio a San Paolo.

Abbiamo scelto il Brasile perché è il laboratorio del futuro, qui c’è una concentrazione di idee ed energie che sta invadendo tutto il mondo. C’è una grande capacità creativa, che è partita dalla moda e si sta spostando nel design e nel retail

spiega Morace. Due segnali: in Brasile ci sono ben due settimane dedicate alla moda (nel resto del mondo ce n’è una). E l’ultima Biennale di San Paolo ospitava artisti innovativi che reggevano il passo con le migliori espressioni dell’arte di Londra e New York.

Dove intraprendere

In Brasile c’è spazio per intraprendere e crescere. Non solo per chi c’è già, ben insediato. Ma per tutti coloro che sono in grado di fare industria e proporre servizi competitivi. Con grande serietà. I brasiliani sono affascinati dall’Italia e dal nostro stile di vita. «Se hai un prodotto alimentare di alta qualità per un mercato di nicchia, il Brasile è il posto giusto dove lanciarlo» interviene Axel Dieudonné. Un altro settore in cui c’è possibilità di intraprendere è quello delle macchine industriali, vista l’enorme crescita del settore manifatturiero. «Le nostre macchine sono molto più sofisticate dal punto di vista della progettazione e della produzione» aggiunge Calabrò. «Alcune imprese, grandi e piccole si stanno già organizzando, come l’occhialeria di Belluno, le imprese di confezionamento di Bologna e le macchine per la produzione di legno di Pesaro. Tantissimi anche gli imprenditori italiani che producono direttamente in Brasile, per ragioni di ordine fiscale: tasse del 25% per la produzione locale, dell’80% invece sulle importazioni, come per tutti i beni di consumo» dice Calabrò. Numerosi i supporti delle istituzioni di sostegno al business, le strutture commerciali dell’Ambasciata d’Italia, l’Ice, la Sace. Tuttavia fare impresa in Brasile non è così facile. Occorre un forte radicamento sul territorio e farsi conoscere. La burocrazia è molto complessa. «Ma un fatto è certo: in Brasile, l’Italia è di moda e l’Italia sta finalmente prendendo coscienza che in Brasile ci si può sentire a casa» conclude Calabrò.

9 visioni Made in Brazil invaderanno il mondo

 

  1. Ricerca di un’armonia con la natura. In Brasile la natura diventa fonte di ispirazione di progetti estetici, come il caso del ristorante Kaa a San Paolo (www.kaarestaurante.com.br), un’oasi all’interno della città. È un locale di 800 mq, stretto e lungo, con un tetto trasparente che accoglie i clienti con la presenza dell’acqua e una parete verde composta da 7mila piante.
  2. Recupero della cultura locale. I fratelli Fernando e Humberto Campana (www.campanas.com.br), oggi riconosciuti a livello internazionale, hanno cominciato la loro carriera di designer nel 1983, lavorando i materiali più poveri perché non avevano soldi per comprare quelli più costosi. In seguito la loro è diventata una scelta ambientalista. Hanno recuperato e nobilitato l’artigianalità delle comunità più povere creando un ponte con l’industria del design.
  3. Sostenibilità. Oskar Metsavaht, 50 anni, ex medico sportivo e titolare del marchio di abbigliamento Osklen (www.osklen.com), ricerca materiali innovativi ed ecocompatibili, come cotoni organici, pelli di pesce riciclate, lattice dell’Amazzonia, e si impegna per la riduzione dell’impatto socio-ambientale del suo ciclo di produzione. È fondatore di Instituto e (www.institutoe.org.br), un’associazione non profit che mira a promuovere il Brasile come “Paese sostenibile”.
  4. Quando il design sposa la moda. Melissa (www.melissa.com.br) è primo brand brasiliano a usare esponenti del design internazionale per progettare modelli di scarpe (in plastica ecosostenibile e impermeabile). L’idea è quella di fornire un’opera d’arte a un prezzo accessibile.
  5. Ricerca salute-bellezza. L’ospedale di San Paolo Sìrio-Libanês è uno dei più rinomati del Pianeta. I ricercatori brasiliani sono bravissimi. Biolab (www.biolabfarma.com.br) è l’unica impresa al mondo ad aver sviluppato un concorrente efficace del Botox e un filtro solare di protezione 100. Natura (www.natura.net), la più grande impresa di cosmetica brasiliana, usa pigmenti vegetali e non petrolchimici per tutti i prodotti di make-up, e un anno fa ha sostituito il Pet tradizionale con la plastica verde per tutti i suoi contenitori.
  6. Creatività. Il Brasile è stata la prima nazione ospite al Pitti Guest Nation, il progetto di Pitti Uomo, perché è considerata la più stimolante dai creativi di tutto il mondo.
  7. La meglio gioventù. Il Brasile è un Paese giovane, con una classe dirigente sotto i 30 anni. I banchieri di San Paolo sono tra i più preparati del mondo. E c’è chi dice che la crisi dei mutui subprime non ci sarebbe stata se si fosse verificata in Brasile. Dalla finanza alla musica. Maria Gadù, 24 anni, è la nuova musa della musica popolare brasiliana, il genere che fonde samba, suoni afro da Bahia e funk dagli slum di Rio. A giugno è uscito in Italia il suo album omonimo.
  8. Biodiversità. L’Amazzonia brasiliana è l’ecosistema più ricco di biodiversità al mondo: ospita circa 60mila specie di piante, 1.000 specie di uccelli e 300  mammiferi (dati Greenpeace). Tra il 2000 e il 2007 è stata deforestata a un tasso medio di 19 kmq all’anno, e la causa principale è stata l’allevamento bovino. Le emissioni di CO2 che ne derivano contribuiscono per il 10% a tutte le emissioni mondiali. Dall’altra parte, tanti sono i progetti nel campo dell’agricoltura, allevamento e trasformazione che dimostrano che si può fare business senza distruggere gli ecosistemi.
  9. Democraticità: Havaianas, l’infradito che ha sedotto il mondo. Sono realizzate con una formula i cui ingredienti sono segreti. Tutto quello che si sa è che dentro c’è la gomma (non la plastica). Sono indistruttibili, non fanno sudare il piede e non si arroventano se lasciate al sole. Nel 2010 ne sono state vendute 200 milioni di paia in tutto il mondo, 180 milioni sono state comprate da brasiliani, il che significa che 9 brasiliani su 10 ne posseggono almeno un paio. Rappresentano una commodity, tanto da essere state incluse nel paniere dei prezzi. Sono nate da un progetto sociale. «Era il 1962, e il Brasile era un paese poverissimo» spiega Michele Pittureri, 45 anni, country manager Italia di Havaianas. «L’indigenza causava malattie, e molte di esse derivavano dal fatto che la popolazione andava in giro scalza. Il governo decide di chiedere alle aziende manifatturiere di progettare una calzatura che proteggesse la pianta del piede e allo stesso tempo fosse accessibile a tutti. A “vincere” questa sorta di concorso è Alpargatas, un’azienda che lavorava la gomma naturale, che crea un’infradito chiamata “havaianas” perché a quei tempi le Hawaii rappresentavano una meta da sogno». Per 20 anni le ciabattine sono indossate dalle popolazioni più povere, quelle delle favelas, poi anche i brasiliani più abbienti ne cominciano a valutare la comodità. Nascono così vari modelli e colori, infine dagli anni 90 inizia l’espansione internazionale. «È stato un processo quasi naturale» continua Pittureri. «Chiunque andasse in Brasile tornava a casa con un paio di havaianas come souvenir. È un prodotto che si identifica con l’idea del Brasile: relax, gioia di vivere, colore». Oggi Alpargatas è la più grande società di footwear dell’America Latina e fattura un miliardo di euro, di cui più del 50% è dovuto a Havaianas.
    Havaianas a Roma. Intanto, nel giugno 2011 è stato aperto a Roma il primo negozio italiano di proprietà, ma il marchio è destinato a svilupparsi anche in franchising. «Prevediamo di aprire due o tre negozi entro il 2012. Le caratteristiche richieste? Almeno 30 mq di spazio per circa 30mila euro di investimento. Se nella location giusta, i tempi di ritorno sono velocissimi» conclude Pittureri. INFO: www.havaianas.com

Tiziana Tripepi, Millionaire 9/2011

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