I programmi di accelerazione più importanti a livello mondiale si concentrano sempre più sulle iniziative a favore del clima.
Stanno contribuendo allo sviluppo della prossima generazione di imprese nel settore dell’energia pulita: sono i programmi di accelerazione e incubazione, vere e proprie “fucine di imprese”, organizzazioni a scopo di lucro che forniscono supporto alle startup, inclusi uffici, finanziamenti e assistenza legale, oltre a qualche “parola di incoraggiamento”. Nati perché gli imprenditori alla guida delle startup, cioè “imprese non ancora testate”, rappresentano investimenti estremamente rischiosi. Le startup, infatti, anche se con idee di business redditizie, falliscono proprio per la mancanza di coaching e la difficoltà nel raccogliere fondi. Secondo le statistiche più recenti del Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti, solo il 14% di esse sopravvive al primo anno di vita.
Negli ultimi anni, gli acceleratori e gli incubatori sono diventati driver cruciali dell’ecosistema di raccolta di fondi di venture capital. Alcuni dei loro attori più importanti hanno già iniziato a sostenere le aziende più conosciute. Per esempio, Sam Altman, amministratore delegato di OpenAI, l’azienda che sta dietro ChatGPT, prima era a capo di Y Combinator, uno dei più noti acceleratori della Silicon Valley, fondato nel 2005, che ha accelerato aziende come Airbnb, il marketplace di prenotazione di case per le vacanze, e Stripe, piattaforma di elaborazione dei pagamenti. Ma con il cleantech che sta diventando un’opportunità di investimento sempre più attraente, anche grazie ai sussidi governativi come il US Investment Reduction Act, gli acceleratori stanno cercando opportunità in questo settore.
Techstars, uno dei più grandi acceleratori al mondo per numero di imprese supportate, con sede in Colorado, ha investito in Zipline, azienda californiana di logistica con i droni, che sostiene che i sui velivoli completamente elettrici siano in grado di effettuare consegne con il 97% di emissioni di carbonio in meno rispetto ai servizi tradizionali. Nel 2021 Zipline ha raccolto 250 milioni di dollari e più che raddoppiato la sua valutazione a 2,75 miliardi di dollari. Y Combinator quest’anno ha aggiunto Elyos Energy al suo portafoglio. Si tratta di una startup con sede a Londra che aiuta le grandi imprese a ridurre contemporaneamente le emissioni di carbonio e le bollette elettriche. Collegandosi a termostati intelligenti, veicoli elettrici, sistemi di riscaldamento, ventilazione e aria condizionata, pannelli solari e batterie in grandi proprietà commerciali, è in grado di massimizzare il consumo e automatizzare la richiesta di energia in base all’andamento del mercato, evitando i picchi dei prezzi dell’elettricità. Sempre Y Combinator l’anno scorso ha sostenuto HyLight, un operatore di dirigibili utilizzati dalle aziende di servizi pubblici energetici per individuare dall’alto le perdite di metano.
«C’è sicuramente un lato negativo nel modello di finanziamento di acceleratori e incubatori», afferma Oliver Libby, co-fondatore di H/L Ventures, società che gestisce un insieme di aziende tra cui H/L Studios e CityRock Venture Partners. «E consiste nel fatto che essi offrono assistenza solo per pochi mesi, agiscono come sostenitori a breve termine delle startup. Poi a un certo punto si staccano. Il modello del venture studio, invece, mira a sostenere gli imprenditori per anni». In particolare H/L effettua un investimento in azioni ordinarie in circa cinque startup alla volta e le sostiene nel lungo termine. «Non si manda mai via un uccello dal nido», afferma Libby. Egli sostiene inoltre che il format del venture studio sia vantaggioso in particolare per le cleantech, che spesso richiedono costi di avviamento più elevati rispetto ad altre startup, come quelle del settore delle criptovalute o chi fa software as a service. Con questo tipo di startup, una volta scritto il codice, si acquisiscono clienti molto rapidamente. Ma le cleantech in genere fanno hardware, ciò di cui hanno bisogno è una profonda comprensione delle normative governative e buoni rapporti con le aziende di servizi pubblici.
«Il modello “studio” diventerà sempre più diffuso», prevede Libby, «anche perché le recenti implosioni di startup hanno bruciato i venture capitalist. Il settore del venture capital è stato colpito da una sorta di crollo silenzioso da quando i capitali sono affluiti sul mercato nel 2021. Libby afferma che l’industria del venture capital «accetta un tasso di fallimento sorprendentemente alto. Ogni grande startup nel futuro vedrà, seduto intorno al tavolo dei finanziatori, un venture capitalist proveniente dal modello “studio” o da un altro approccio altrettanto pratico». Nell’attuale boom degli investimenti sostenibili e di impatto, nascono nuovi acceleratori e incubatori dedicati esclusivamente a imprese cleantech. A giugno, Google ne ha lanciato uno in Medio Oriente e Nord Africa incentrato su soluzioni climatiche, tecnologie pulite ed energia verde. Amazon aveva lanciato il proprio acceleratore sull’energia pulita nel 2021. Il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti elenca allo stato attuale più di due dozzine di acceleratori e incubatori cleantech. Tra questi, il Greentown Labs, nel Massachusetts uno dei più grandi degli Stati Uniti per numero di aziende supportate: ospita oltre 200 startup, comprese alcune a Houston, che si dedicano alla risoluzione dei problemi legati ai cambiamenti climatici.
© The Financial Times Limited 2023.
Tutti i diritti riservati. Non può essere ridistribuito, copiato o modificato in alcun modo.
Il Financial Times non è responsabile dell’accuratezza e della qualità di questa traduzione.
Millionaire Magazine S.r.l. ha i diritti di ripubblicazione di alcuni articoli limitati del Financial Times. Questo non è un feed in tempo reale dei contenuti del Financial Times.