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Volete un ecosistema di successo in Europa? Create un “Frankenstein”

Di
John Thornhill
24 Novembre 2023

Occorre combinare l’inventiva della Germania, la vitalità del Regno Unito negli investimenti iniziali e la forza delle istituzioni francesi nel finanziamento delle scaleup.

 

 

Se un investitore proveniente da Marte fosse arrivato sul nostro Pianeta all’inizio di questo secolo, avrebbe potuto scommettere pesantemente sul fatto che la Germania sarebbe emersa come uno dei vincitori della rivoluzione Internet. Ricca di ingegneri di altissimo livello, banchieri favorevoli a questo settore e imprenditori ambiziosi, il Paese sembrava ben posizionato per trasformare la sua bravura in campo hardware in soluzioni software. Ma non è andata così. Come chiariscono almeno due recenti rapporti, quando si tratta di convertire le idee brillanti delle startup in imprese digitali globali, alla Germania manca almeno un ingranaggio critico: il capitale di crescita. La Germania è significativamente indietro rispetto a Stati Uniti, Cina e Regno Unito nella creazione di “unicorni tech”, ovvero startup valutate più di un miliardo di dollari. Anche se il paese dispone di numerosi fondi pensione di grandi dimensioni, questi destinano solo una piccola frazione del loro capitale al venture capital, che fornisce la maggior parte del carburante per le startup. In tutta Europa, i fondi di venture capital hanno investito l’anno scorso 77 miliardi di euro, molto meno dei 188 miliardi di euro degli Stati Uniti. Ma anche all’interno dell’Europa, la Germania è in ritardo: gli investimenti di venture capital nel Paese in proporzione al Pil ammontavano solo allo 0,25%, rispetto allo 0,33% in dell’Europa e allo 0,78% degli Stati Uniti.

 

È importante tutto questo? Dopotutto la Germania è un’economia di successo con una solida base manifatturiera ed esportazioni dinamiche. Inoltre, l’abilità di creare unicorni tech in rapida crescita, spesso però non redditizi, potrebbe non essere il miglior metro di successo economico, per non parlare di quello sociale. Molti tedeschi potrebbero sostenere che imprese come Facebook, Airbnb e Uber esternalizzino i problemi, erodendo valori condivisi e diritti del lavoro. Tuttavia questo Paese potrebbe comunque creare e controllare un settore tecnologico molto più incisivo prendendo spunto dalle virtù finanziarie degli Stati Uniti senza copiarne i vizi. Per motivi di sovranità e prosperità, la Germania ha bisogno di mobilitare molto più capitale destinato alla crescita.

 

Secondo un rapporto dell’Associazione tedesca del private equity e del venture capital (BVK) e secondo alcune note della Fondazione dell’Internet Economy, il miracolo economico tedesco dagli anni ’50 agli anni ’70 è stato in gran parte alimentato da forti investimenti in nuove imprese e imprese di medie dimensioni, il famoso “Mittelstand”. In quegli anni, i prestiti bancari a questo tipo di imprese ammontavano al 4% del Pil, contro l’1% di oggi. La Germania sta ancora vivendo dei fasti del passato e non sta investendo abbastanza nelle meraviglie del domani. Ciò che risulta ancora più sconcertante è che gli investitori nordamericani, che sostengono sia i venture capitalist statunitensi sia quelli tedeschi, hanno sulle startup tedesche una esposizione maggiore rispetto a quella che hanno i fondi pensione tedeschi. Questo significa che il baricentro dell’economia tedesca potrebbe spostarsi sempre più verso l’Atlantico, compromettendo la sovranità tecnologica. «Se non sei rappresentato nelle fasi successive del ciclo di finanziamento, la governance viene esportata nei luoghi da dove proviene il denaro», afferma Klaus Hommels, presidente del fondo di venture capital Lakestar.

 

Prendiamo Flix, startup fondata a Monaco che gestisce una piattaforma di trasporto internazionale. Secondo un’analisi della società di venture capital Redstone, i fondi pensione statunitensi possiedono indirettamente circa il 12% di questa startup, mentre i fondi pensione tedeschi ne possiedono solo lo 0,3%. Redstone stima che i fondi pensione statunitensi possiedano in totale il 10% degli unicorni tech tedeschi, per un valore complessivo di 47 miliardi di euro, in confronto allo 0,2% detenuto dai fondi pensione tedeschi. «Fino a quando non avremo una base di capitale più forte, i frutti di queste imprese saranno distribuiti là e non qui», afferma Jeannette zu Fürstenberg, cofondatrice della società di venture capital La Famiglia. Come investitrice, zu Fürstenberg afferma di essere entusiasta di una nuova categoria di startup, come Celonis, Personio e Vay, che dimostrano che in Germania possono essere create aziende software di livello mondiale. Ma guarda con ammirazione oltreconfine, in Francia, dove il governo sta mobilitando con successo investimenti istituzionali per il settore tecnologico. Un’iniziativa chiamata Tibi ha contribuito a creare nuovi fondi di capitale di crescita. «La Francia sta facendo un lavoro incredibile, c’è davvero tanto che possiamo imparare da loro», dice.

 

Con il termine “frankensteinare” un problema, gli ingegneri software intendono “portare avanti un progetto unendo insieme diverse parti”. L’Europa ha la possibilità di “frankensteinare” il settore delle startup combinando l’inventiva della Germania (che vanta un terzo in più di domande di brevetto per persona rispetto agli Stati Uniti), la vitalità del Regno Unito nel finanziamento iniziale incentivato dal governo e la crescente forza delle istituzioni francesi nel finanziamento delle scaleup. L’unica differenza rispetto al mitico racconto di Mary Shelley è che questo “mostro” alla Frankenstein rafforzerebbe, piuttosto che distruggere, i suoi creatori.

 

 

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