Non ha il fisico della saltatrice ed è stata perseguitata dagli infortuni. Ma la sua carriera è piena di trionfi. Faccia a faccia con Antonietta Di Martino
A inizio carriera gareggiavi nel lancio del giavellotto e nell’eptathlon. Come sei arrivata al salto in alto?
«A 23 anni ho migliorato il mio record personale da 1,93 a 1,98 m. A quel punto ho capito che la mia strada era il salto in alto. è stata una scelta fatta a malincuore».
È molto penalizzante per una saltatrice non essere di statura altissima?
«A me non ha mai pesato. Certo, con tre-quattro cm in più avrei potuto saltare ancora più in alto, ma sono soddisfatta. Anzi, così c’è più gusto: una piccoletta che salta due metri fa più scena!».
Come hai trovato ogni volta la forza di reagire dopo gli infortuni?
«Non è stato facile. Diverse volte ho pensato di smettere, anche perché dopo un infortunio non si ha mai la certezza di tornare a buoni livelli. Una volta, dopo un problema alla schiena, ho anche mollato tutto. Ma l’attaccamento allo sport ha prevalso: sono tornata sui miei passi e ho ricominciato».
La gioia più grande della tua carriera?
«Non una medaglia d’oro o un record, ma un “normale” salto a 1,90 m, otto mesi dopo l’operazione alla caviglia. Il 6 settembre 2004 mi avevano messo due chiodi di titanio nella caviglia di stacco e sostituito un legamento. In genere ci vogliono due anni perché l’articolazione si “risvegli”. Quando, otto mesi dopo, saltai a 1,90 con la caviglia che ancora non rispondeva, capii che potevo arrivare ad alti livelli. Così due anni dopo ho fatto i miei salti migliori: 2,00 m indoor e 2,03 m all’aperto. Per questo amo vedere il film Flashdance».
Perché?
«Quel film dimostra che nella vita si può anche cadere, ma l’importante è rialzarsi. L’amica della protagonista pattinando cade e rinuncia. La protagonista cade ma continua a ballare e supera il provino. È una lezione importante. Ci sta che all’inizio le cose non vadano per il meglio. Bisogna insistere. E alla fine sono proprio le difficoltà a spingerti dove gli altri si fermano».
Nello sport, quanto conta il talento, quanto l’allenamento e quanto l’atteggiamento mentale?
«Ci vuole talento e bisogna allenarsi duramente, ma la differenza la fa il carattere. Bisogna saper aspettare, perché ci sono dei periodi in cui non va, e non c’è niente da fare. Contando anche l’allenatore giusto e il suo staff, che non ti devono solo spremere…
Hai 31 anni, come sarà la tua vita quando smetterai?
«Di stimoli ne ho più ora che 10 anni fa: come si dice, la voglia di salti vien saltando. Il dopo non mi preoccupa: non ho mai vissuto di sola atletica…».
Identikit
Antonietta Di Martino, 31 anni, è nata a Cava de’ Tirreni (Sa). Alta 1,69 m, è stata cinque volte campionessa italiana di salto in alto, medaglia d’argento ai Mondiali di atletica e agli Europei indoor, entrambi nel 2007. Quest’anno è stata medaglia d’oro ai Giochi del Mediterraneo di Pescara e al Golden Gala di Roma ha vinto battendo la croata Blanka Vlašic. Con i suoi 2,00 (indoor) e 2,03 m (outdoor) detiene il primato italiano ed è la prima donna italiana dopo Sara Simeoni ad aver saltato oltre i due metri.
Giuliano Pavone, Millionaire 9/2010