Steve Jobs, storia del visionario che a 21 anni fondò Apple

Di
Redazione Millionaire
5 Ottobre 2021

Il genio visionario della Apple morì il 5 ottobre 2011. A 10 anni esatti dalla sua scomparsa, ecco la storia di Steve Jobs, che, tra clamorosi successi e cocenti flop, ha ancora tanto da insegnare.

I saliscendi della carriera di Steve Jobs sono incredibili: dalle stalle alle stelle e ritorno. Grandi successi, sonori fallimenti e straordinarie resurrezioni. Un’infanzia da bambino adottato, una giovinezza turbolenta da hippie, una carriera (non sempre facile) da visionario e innovatore. Poi la scomparsa, il 5 ottobre 2011, a 56 anni, per un tumore al pancreas.

Dall’adozione al college

Jobs nasce a San Francisco il 24 febbraio 1955. La madre, Joanne Carole Schieble, giovane studentessa universitaria, decide di darlo in adozione, chiedendo però ai servizi sociali che sia accolto da una coppia di laureati. Ma, come ha raccontato lo stesso Jobs nel suo famoso discorso all’Università di Stanford del 2005, la coppia di professionisti che avrebbe dovuto adottarlo all’ultimo momento si tira indietro. Si fanno avanti due persone non laureate (lei contabile, lui meccanico), che promettono però di mandare Steve al college. «E 17 anni dopo ci andai» raccontò Jobs.

Steve si iscrive al Reed College di Portland, nell’Oregon. «Ingenuamente ne scelsi uno costoso, e tutti i risparmi dei miei genitori furono investiti per pagarmi le rette. Dopo sei mesi non riuscivo a trovare il reale valore di tutto ciò. Non sapevo minimamente ciò che avrei voluto fare della mia vita e non immaginavo come il college potesse aiutarmi a capirlo. Intanto stavo contribuendo a dilapidare i soldi che i miei genitori avevano messo da parte lavorando per tutta una vita. Così decisi di mollare e di continuare ad avere fiducia: in ogni caso tutto sarebbe andato per il meglio».

Abbandonati gli studi, Jobs vive un periodo scapestrato fra viaggi in India alla ricerca di se stesso e la condizione di giovane senza un dollaro costretto a dormire sul pavimento delle camere dei suoi amici. Raccontò che, per raggranellare qualcosa, riportava al venditore le bottiglie di Coca-Cola vuote per avere i cinque centesimi di deposito e, una volta la settimana, la domenica sera, camminava per sette miglia attraverso la città per avere un buon pasto al tempio degli Hare Krishna. Nonostante le difficoltà, Steve ricorderà quegli anni come i più importanti per la sua carriera.

Al Reed College frequenta il corso di calligrafia e impara tutto sui caratteri tipografici. Grazie a questa esperienza, dieci anni dopo, il Macintosh sarà il primo computer dotato di capacità tipografiche evolute.

L’incontro con Steve Wozniak e la nascita di Apple

È l’incontro con Steve Wozniak a risultare determinante nella carriera di Jobs. Se lui era il visionario e il business man, “Woz” era la mente tecnologica. Si conoscono all’Homebrew Computer Club dove appassionati, studenti e hobbisti realizzano i primi strumenti elettronici programmabili dando l’avvio alla rivoluzione informatica di massa. Il primo software (Blue Box) che sviluppano è illegale e consente di effettuare telefonate gratis in tutto il mondo.

Agli inizi del ’74 Jobs lavora come disegnatore di videogame alla Atari, azienda pioniera nella creazione di giochi, mentre Wozniak è alla Hewlett Packard. Con un capitale di partenza di 1.300 dollari, che ricavano dalla vendita di tutti i loro averi (da un pullmino Volkswagen a una calcolatrice scientifica Hp), insieme realizzano il primo prototipo di computer, l’Apple I. E il 1° aprile 1976 fondano Apple.

«Sono stato fortunato: ho scoperto presto cosa fare nella vita. Woz e io abbiamo fondato Apple nel garage della casa dei miei genitori quando avevo 20 anni. Abbiamo lavorato duramente e in dieci anni Apple è passata a essere una compagnia da 2 miliardi di dollari con più di 4.000 dipendenti».

Jobs vede oltre. Vuole portare il computer al di fuori del pubblico degli hobbisti e metterlo in mano alla gente comune. Nasce così il prodotto che segna il primo grande salto, l’Apple II, grazie anche ai soldi di un investitore, Mike Markkula, che crede in loro. Una scatola di plastica con tastiera e monitor con un occhio al design, capace di visualizzare immagini a colori. L’attenzione all’estetica sarà poi un elemento distintivo di tutti i suoi prodotti.

Il successo di quel computer è incredibile e consente a Apple di quotarsi in Borsa nel 1980. A 25 anni, Jobs diventa il milionario più giovane d’America con una fortuna stimata in 200 milioni di dollari.

Poco prima, nel 1979, visitando la Xerox e il laboratorio del Palo Alto Research Center (PARC), Jobs concepisce l’idea di un nuovo computer ancora più friendly: tutta la grafica è controllata da un mouse che muove un cursore su uno schermo ad alta definizione. È il computer a icone e tendine come lo conosciamo oggi. Ne deriva prima un prototipo chiamato Lisa e poi, nel 1984, il Macintosh, che segna un nuovo standard per il settore. Una macchina completamente diversa da tutto ciò che fino ad allora si era visto in circolazione, a misura d’uomo e non di programmatore.

Un flop di nome Lisa

Il progetto Lisa si rivela un flop, mettendo in seria difficoltà la Apple. Il prodotto è troppo costoso (18 milioni di lire dell’epoca). Il vento cambia. Nel 1981 Wozniak ha un incidente aereo dal quale si salva ma che lo convince qualche anno dopo a lasciare la Apple. Intanto Jobs, conscio dei suoi limiti di manager, invita il presidente della Pepsi Cola John Sculley, a entrare in società con il ruolo di amministratore delegato. «Vuoi passare il resto della tua vita a vendere acqua zuccherata o vuoi un’occasione per poter cambiare il mondo?» sono le parole di Jobs per convincerlo.

Lo stesso Sculley nel 1985 silurerà Jobs, guidando la rivolta del consiglio di amministrazione contro il fondatore. Jobs è accusato di non saper gestire l’azienda ed è inviso alla maggior parte dei dipendenti e dirigenti che non sopportano più le richieste di un capo troppo esigente e perfezionista.

Licenziato da Apple

«A 30 anni ero fuori. E in modo plateale. Quello che era stato l’obiettivo principale della mia vita era andato perduto e io ero distrutto. Per alcuni mesi non sapevo davvero che fare. Sentivo di aver tradito la generazione di imprenditori prima di me; come se avessi perso la fiaccola che mi era stata passata» ricordò Jobs.

«Ma qualcosa cominciò a sorgere lentamente in me, amavo ancora le cose che avevo fatto… E per questo decisi di ricominciare. Non me ne resi conto, ma il fatto di essere stato licenziato da Apple era stata la cosa migliore che mi potesse accadere.

Jobs riparte fondando NeXT, con investimenti faraonici. La società non decolla (appena 50mila computer venduti in 8 anni), ma si rivelerà fondamentale per il ritorno del suo fondatore in Apple. In quel periodo Steve diventa anche azionista della Pixar: il regista e produttore George Lucas gli cede la sua quota per 10 milioni di dollari. Per alcuni anni la Pixar sembra un pozzo senza fondo, poi arriva la svolta. Toy Story, il primo film d’animazione realizzato interamente al computer, è un successo travolgente. Anche la Pixar sbarca in Borsa, prima di essere ceduta alla Walt Disney.

Il ritorno alla Apple e la nascita di un mito

Nel 1996 si realizzano le condizioni affinché Jobs rientri nella sua Apple, ormai vicina al fallimento. L’azienda acquista il sistema operativo di NeXT. Jobs assume ad interim la carica di amministratore, dandosi un compenso simbolico di un dollaro l’anno (giusto per ottenere l’assistenza sanitaria) e trasforma l’azienda che aveva fondato. Il resto è una storia che conosciamo: iTunes, iPod, iPhone… Una serie di clamorosi successi commerciali. Dove si intravede il genio di Steve Jobs e il suo approccio:

«L’unico modo per fare un ottimo lavoro è amare quello che facciamo. Se non lo avete ancora trovato, continuate a cercare. Non accontentatevi» dirà agli studenti di Stanford.

«Steve ha dato tanto a me e a tutti noi. Oggi il suo spirito è nel Dna di Apple» ha detto Tim Cook, nel 2017, inaugurando lo Steve Jobs Theater di Cupertino. Più volte, l’attuale Ceo, che ha preso il posto di Jobs nel 2011, ha ricordato e elogiato il fondatore dell’azienda.

«Steve voleva dare la possibilità ai folli — agli anticonformisti, ai ribelli, ai piantagrane, a tutti coloro che vedono le cose in modo diverso — di fare al meglio il proprio lavoro. Pensava che così avremmo potuto davvero cambiare il mondo. Prima di lui non avevo mai conosciuto un leader con quella stessa passione» ha raccontato Cook ai laureati del Mit.

Oggi Apple è considerata l’azienda più innovativa del mondo (in cima alla classifica 2021 di Boston Consulting Group). Ha oltre 147mila dipendenti e un fatturato di 274,5 miliardi di dollari.

 

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