Superare i limiti: intervista a Giuliano Pugolotti, runner del deserto

Di
13 Gennaio 2014

Ha iniziato a correre quando gli altri smettono. Oggi a 53 anni Giuliano Pugolotti, pubblicitario parmense, ha attraversato di corsa i deserti di Egitto, Giordania e Cina. Come riesce a farlo? Lo racconta lui stesso.

Come hai iniziato?

Mi è sempre piaciuto correre, ma le classiche maratone mi avevano stancato. Sul Web ho scoperto le corse nel deserto. Avevo 45 anni e mi sono iscritto per curiosità: è stato un salto nel buio. Non ero mentalmente preparato ad affrontare il “mostro” (come chiamo il deserto)».

Perché fai maratone di 250 km a 50 gradi?

Non c’è nessun motivo razionale, salvo la gioia del traguardo. Pensi a tutti i sacrifici che hai fatto per essere lì e sei felice. È una carica di autostima: se mi avessero detto a 32 anni che sarei arrivato a realizzare le imprese di oggi non ci avrei creduto. La vita è fatta di cose in cui credi. Non vinci sempre, ma vale la pena andare fino in fondo».

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Come ti alleni?

Mi sveglio alle 5 di mattina ogni giorno e percorro 160 km alla settima prima delle gare, 80 km abitualmente. Seguo un regime alimentare. E alleno la mente alla gara: visualizzo la lunga distanza, lo spazio e penso a come dovrò comportarmi, lì, nel deserto. In realtà, non mi alleno per vincere, ma per tornare a casa integro».

Come sopporti la fatica?

La fatica il più delle volte è una componente psicologica. Odiavo il caldo, oggi posso correre a 50°C. Il segreto è spostare l’attenzione e immaginare di essere in un posto freddo. Poi ascoltare il corpo, riconoscere i segnali che manda e sapersi fermare. Infine, mi lascio trasportare dal deserto: è l’unico modo per affrontarlo».

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Hai mai avuto paura?

Era notte nel deserto dei Gobi. Si è scaricata la batteria della mia lampadina e mi sono fermato in un buio pesto. Ho pensato a mia moglie e a mio figlio e cantavo per loro. Dopo quattro-cinque ore sono arrivati altri corridori e mi hanno salvato».

Cosa ti insegna il deserto?

Dominare una natura così violenta ti spinge a fare cose più grandi di te. E soprattutto, a riconoscere i veri valori della vita. I Tuareg mi hanno insegnato una frase: “Bella o brutta è sempre la tua vita, allora sorridi».

INFO: www.giulianopugolotti.com

Giancarlo Donadio

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