Nasce con Facebook e muore su YouTube. Da raduno pazzo di chi si prende a cuscinate a strumento di marketing per imprenditori lungimiranti
Il tam tam parte da Internet. Sulle pagine di Facebook appare una data, un’ora, un posto in cui trovarsi. La voce si diffonde, e quel giorno, a un determinato segnale, le persone convocate dovranno fare qualcosa di molto speciale: scatenarsi al ritmo di musica, prendersi a cuscinate, camminare come degli zombie, irrigidirsi in una posa statuaria, baciarsi. Poi tutti a casa e amici come prima. È il flash mob, letteralmente un gruppo di persone (mob significa folla) che si riunisce in uno spazio pubblico per mettere in pratica un’azione estemporanea (flash) e insolita.
Un modo per rompere la quotidianità, un divertimento democratico, nato da un’idea pazza del senior editor di Harper’s Magazine, che nel 2003 organizzò uno scherzo collettivo in un grande magazzino di New York, e che dagli Stati Uniti si è propagato in tutto il mondo.
Un fenomeno in ascesa, che negli ultimi tempi ha subìto un cambiamento interessante. Sono sempre di più le aziende che lo utilizzano come strumento di promozione del proprio brand
spiega Giorgio Marandola, organizzatore di flash mob a Roma (www.romaflashmob.it) e autore del libro Flash mob: da fenomeno sociale a comunicazione non convenzionale (Edizioni della Sera, 12 euro).
«Mentre fino a qualche anno fa la notizia di un flash mob era comunicata a una cerchia ristretta di “eletti” tramite e-mail o sms, oggi è pubblicata sulle pagine di Facebook, e questo ha ampliato enormemente il numero di persone che possono essere contattate» continua Marandola.
In più, è inevitabile che uno spettacolo così improvviso e originale sia fotografato e filmato da chi si trova a passare da quelle parti, e successivamente condiviso su YouTube e altri social media. Perché allora non organizzare un evento ad hoc, filmato da operatori professionisti e dove in un modo o nell’altro compaia il brand che si vuole sponsorizzare?
All’estero lo hanno capito molto prima di noi, basta guardare i cliccatissimi video della T-mobile realizzati a Londra alla stazione di Liverpool Street o all’aeroporto di Heathrow. Ma anche l’Italia si sta dando da fare. Ma come si prepara un flash mob “aziendale”? «Le aziende ci contattano, elaboriamo una proposta scritta, con idea e preventivo. Il costo medio si aggira intorno a 5mila euro» spiega Marandola che, nel corso del 2010, ne ha organizzati cinque con clienti importanti: la battaglia di gavettoni per la compagnia aerea olandese Transavia, il “Trenino rosa” per Trenitalia, un balletto all’interno del negozio Pull&Bear (marchio del gruppo Zara) di Milano, la campagna “Internet for peace” di Wired e quella contro la povertà e per gli obiettivi del Millennio per l’Istituto europeo di Design a Roma.
Una volta deciso l’evento, lo pubblichiamo sulla nostra pagina di Facebook, che conta a oggi 6mila iscritti, lo inseriamo nei blog, facciamo in modo che compaia nelle prime righe dei risultati dei motori di ricerca. Contattiamo giornalisti e uffici stampa, cerchiamo di radunare più gente possibile in quel giorno a quell’ora. Poi organizziamo il flash mob vero e proprio: ci rivolgiamo a coreografi e ballerini se dobbiamo realizzare una coreografia, noleggiamo i service per la musica, chiediamo le autorizzazioni alla Questura per l’occupazione del suolo pubblico, contattiamo gli operatori per le riprese. Infine, dopo l’evento, ci preoccupiamo di far girare il video in Rete. Il nostro lavoro finisce quando presentiamo all’azienda un report con i risultati delle visualizzazioni su siti e social network.
Questa è la parte più delicata. «Lo scopo di un flash mob non è quello di incrementare le vendite di un prodotto o di un servizio, ma di farsi conoscere in Rete, migliorare la propria reputazione» spiega Andrea Prandi, direttore Comunicazioni esterne di Edison, che nel novembre scorso ha organizzato un flash mob a Roma dal titolo One Million Balls.
Per questo motivo abbiamo acquistato un software che consente di misurare il cosiddetto buzz, (letteralmente “brusio”), cioè tutto quello che si dice di un’azienda in Rete. Ci è servito per misurare i risultati del flash mob di Roma e abbiamo intenzione di usarlo anche in futuro.
Ma è uno strumento destinato a durare? La maggior parte dei nostri interlocutori sostiene di no, però non è questo il punto: il successo o l’insuccesso di un’azienda si giocano sulle nuove forme di comunicazione che nasceranno dopo di esso.
I vantaggi
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- Visibilità a costi bassi.
- Passaggi in televisione o sulle riviste senza aver acquistato gli spazi (anche il nostro articolo lo dimostra).
- Posizionamento all’interno di un target più giovane.
- Riposizionamento sul territorio: il flash mob viene organizzato in luoghi strategici.
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Per il “cazzeggio”
Ci vediamo in piazza, porta un cuscino
Nella sua accezione più “pura”, il flash mob è un gesto senza alcuna motivazione. E la battaglia di cuscini (pillow fight) è tra le follie collettive più diffuse e “antiche”. Le regole sono semplici: si porta un cuscino, meglio se di piume e senza bottoni o zip che possano ferire gli altri partecipanti, lo si tiene nascosto fino all’inizio dei combattimenti e a un determinato segnale… si scatena la guerra. Il Web è pieno di video che ritraggono le pillow fight di tutto il mondo. Il record di partecipanti spetta alla battaglia di San Francisco, che ha radunato, il giorno di San Valentino dell’anno scorso, 10mila persone. Ogni anno ad aprile si tiene anche un International Pillow Fight Day (www.pillowfightday.com), una battaglia che si svolge in contemporanea in tutto il mondo. Se nel 2008, le città partecipanti erano 25, nel 2010 erano salite a 147!
Per provocare
Quando il sesso vende
Diesel, azienda vicentina che dal 1974 produce jeans, ha scelto la formula del balletto classico ma con una forte dose di ironia e un particolare che non passa inosservato: i ballerini che si sono esibiti nel flash mob l’1 aprile dell’anno scorso in Piazza della Scala a Milano, presentavano organi sessuali sovradimensionati, sui quali le ballerine appoggiavano i piedi per volteggiare ancora più in alto. Il flash mob è parte integrante della campagna pubblicitaria Sex sells (“il sesso vende, noi sfortunatamente vendiamo jeans”) che ironizza sull’esibizione della sessualità come strumento di vendita.
INFO: www.diesel.com
Per esprimere un sentimento
Come dirsi I love you
Il concetto di flash mob si è evoluto e oggi comprende eventi che hanno alla base un messaggio sociale, politico, culturale. Sono i cosiddetti smart mob. Tra il 2009 e il 2010 queste nuove forme di comunicazione sono comparse un po’ in tutta Italia. Il Love Flash Mob di San Valentino, nel febbraio dell’anno scorso, può essere annoverato in questa categoria. «Dieci minuti di baci al proprio fidanzato o fidanzata in uno dei posti più romantici di Roma: la scalinata di Trinità dei Monti al tramonto. L’evento ha avuto un’incredibile risonanza mediatica. In pochi giorni eravamo riusciti a radunare 400 persone e tantissimi giornalisti» racconta Giorgio Marandola.
Per farsi conoscere
Niente è lasciato al caso
«Ho scelto di promuovere il mio marchio con un flash mob perché è innovativo come il nostro prodotto» spiega Sandro Marenco di Ideas, azienda che realizza borse in pvc da vecchi teloni pubblicitari riciclati. In ottobre a Milano, un centinaio di persone con una colorata borsa a tracolla si sono scatenati sulle note del Tuca Tuca.
Volevo che il flash mob raccontasse i valori dell’azienda, che sono l’ecologia e il riciclo. Tutto sembrava casuale, ma in realtà niente è stato lasciato al caso. Ho contattato Peter Larsen, un coreografo con scuola di danza ad Alessandria, al quale ho chiesto di mettere insieme un centinaio di persone e di farle ballare. Mi sono affidato a un dj per le musiche, a una società di produzione di video per le riprese, mi sono occupato in prima persona di caricare il video su YouTube e monitorare i social media. Risultato? Più di 10mila visualizzazioni in due mesi, oltre a un notevole incremento delle visite sul nostro sito.
INFO: www.1d3a5.it
Per promuovere un nuova iniziativa
Arriva il treno per le donne, tutti in parrucca
Anche Trenitalia si è affidata alla formula del flash mob e lo ha fatto il 30 settembre 2010 alla Stazione Termini di Roma, in occasione dell’inaugurazione del Freccia Rosa, un’iniziativa che offre sconti e viaggi gratis alle donne. Nel video una bella ragazza con una camicetta rosa si fa strada tra la folla, poi altre tre con parrucca e valigie rosa si avvicinano. Parte la musica e i protagonisti iniziano a ballare. La gente è stupita, fa foto e video con il telefonino. Infine vengono distribuite delle parrucche e il pubblico, ormai divertito, si mette in fila a formare un trenino sulle note di Waka Waka. «È stato il nostro flash mob più riuscito» commenta Giorgio Marandola, organizzatore dell’evento. «In sei giorni siamo riusciti a radunare più di 300 persone. Trenitalia ci ha lasciato carta bianca, è intervenuta in fase di postproduzione del video inserendo le immagini del marchio».
INFO: www.trenitalia.it
Per conquistare nuovi clienti
One million balls
Siamo il secondo operatore in Italia nel mercato dell’energia elettrica e del gas, dobbiamo lottare contro giganti quali Enel ed Eni, per noi è importante differenziarci anche nella strategia comunicativa. Abbiamo sperimentato la formula del flash mob per verificare quale fosse il suo potenziale in Rete
spiega Andrea Prandi, direttore comunicazioni esterne di Edison, che il 18 novembre scorso, nella galleria Alberto Sordi di Roma ha organizzato un flash mob dal titolo One Million Balls: alcune atlete della nazionale di ginnastica ritmica si sono esibite con palle e cerchi al suono di Freedom di Aretha Franklin per festeggiare il primo milione di clienti della Edison nel mercato residenziale.
È stato un grande successo: 150mila visualizzazioni su YouTube, due milioni di visitatori sul sito, e un gran passaparola in Rete. Anche i giornali e le televisioni ne hanno parlato.
INFO: www.edison.it
Tiziana Tripepi, Millionaire 2/2011