“Smart working” un termine anglosassone che definisce un modo nuovo di intendere il lavoro, al passo con i tempi.
Come è un lavoratore “smart”? Ha orari di lavoro flessibili, non è tenuto a recarsi ogni giorno in azienda (può scegliere gli spazi in cui lavorare) e, soprattutto, è più soddisfatto e produttivo.
Lo rivela la Ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, che misura lo stato di salute dell’innovazione sul luogo di lavoro nel nostro Paese.
L’Italia è ancora ferma al palo sull’argomento tanto che nella classifica dell’Osservatorio si posiziona al 25° posto su 27 Paesi Europei:
Alla base del gap italiano rispetto agli altri Paesi europei c’è una visione miope e rigida nelle relazioni industriali e una cultura del lavoro pesantemente gerarchica. Inoltre, nel percorso d’innovazione organizzativa, l’Italia sembra frenata dalla grande presenza di imprese medio-piccole con modelli di lavoro ancora molto tradizionali» spiega Mariano Corso, responsabile dell’Osservatorio.
Ma c’è di che sperare: nel 2013, infatti, la percentuale di telelavoratori nel nostro Paese, almeno occasionali, è comunque aumentata dell’8%, passando dal 17% del 2012 al 25% nel 2013.
La verità è che lo smart working porterebbe benefici non solo ai lavoratori, ma soprattutto al mondo imprenditoriale nel suo complesso che così avrebbe 27 miliardi in più di produttività e 10 miliardi in meno di costi fissi.
Per non parlare dei benefici ambientali: meno lavoratori che si spostano ogni giorno per andare sul luogo di lavoro significherebbe una riduzione di emissioni di CO2 pari a circa 1,5 milioni di tonnellate l’anno.
Insomma, lavorare in modo smart converrebbe a tutti.
INFO: http://www.osservatori.net/smart_working
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Redazione